Squid Age. Sulla produzione seriale di paradossi.

miliardari scherzano con il fuoco dell'IA: "bastardi senza gloria"

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di R. Norvegicus

Ora, lontano da Babilonia e dai suoi costumi che amo, penso con qualche stupore alla lotteria, e alle congetture blasfeme che mormorano nel crepuscolo gli uomini velati.

Jorge Luis Borgesi

Dopo essere rimasto catturato, insieme a diversi milioni di connazionali e a ben centoundici milioni di persone nel mondo, dalla visione della serie Squid Game di Netflix, riporto di seguito qualche considerazione occasionale e del tutto libera.

La teoria dei giochi, da oltre mezzo secolo, è collocata al centro del pensiero economico dominante. Il rapporto tra gioco ed economia emerge in modo inconfondibile già nel titolo del celebre articolo di Von Neumann e Morgenstern TheTheory of Games and Economic Behavior (1944)ii. Un titolo che rende evidente la prossimità tra l’analisi dei giochi e la previsione scientifica del comportamento umano. Il premio Nobel per la chimica Manfred Eigen scriveva nel 1975 che la teoria dei giochi sarebbe divenuta il fondamento della futurologiaiii. Quantomeno, è sufficiente riflettere un istante sul ruolo centrale che Morgenstern e, soprattutto, Von Neumann, hanno avuto nella realizzazione del calcolatore, per rendersi conto che l’epoca digitale in cui viviamo costituisce il trionfo della teoria dei giochi e della sua rappresentazione della realtà, del suo “modello”. E tuttavia, sebbene fin dai primi episodi della serie Netflix si avverta un clima da vaticinio fantascientifico incastonato in etiche da illuminismo neroiv, si tratta di una sensazione destinata a rimanere tale: Squid Game mostra soltanto una crudele gara messa in piedi per soddisfare le frenesie di una manciata di VIP del capitalismo finanziario amanti delle scommesse. Non ci sono margini per teoria delle decisioni e interazioni strategiche, non c’è illuminismo nero. Le corse dei cavalli sono il paragone utilizzato con più frequenza nel film. Gli oltre quattrocento giocatori che accettano di partecipare alle prove, gente reclutata tra disoccupati, ludopati, migranti, pregiudicati e persone pesantemente indebitate, sono soltanto i “cavalli da corsa” di un crudele survival game, un gioco di sopravvivenza che prevede un lauto premio in denaro per i vincitori e che si svolge in gran segreto su un’isola disabitata. Quanti non abbiano visto la serie coreana, ma ricordino Giochi senza frontiere, possono immaginare uno scenario simile. Con la differenza, non di poco conto, che in Squid Game i “perdenti” vengono eliminati con una raffica di mitra in pieno volto. Continue reading

Desiderio, godimento e capitalismo tra gli autori de L’anti-Edipo e Jacques Lacan

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di A. Marin

Tra gli anni sessanta e settanta del ‘900, la dimensione del desiderio, comincia a diventare sempre più centrale tanto per il meccanismo di riproduzione del Capitale, quanto per le strategie da mettere in campo per opporsi ad esso. La nuova configurazione che il capitalismo sta assumendo nella sua fase post-industriale, infatti, lo porta in misura sempre maggiore a esercitare il suo potere non più in modo disciplinare e repressivo, come nella precedente fase industriale, ma piuttosto, seduttivo. Sedurre, sollecitare e blandire il desiderio, mettendolo al lavoro, per intensificare ed espandere il ciclo di produzione e consumo, diventano gli strumenti più efficaci a disposizione del capitalismo per perpetuare se stesso. Viceversa, sul fronte antagonista, il desiderio sembra poter assumere il ruolo di una forza in grado di portare avanti quel programma politico rivoluzionario, che il movimento del Sessantotto aveva avviato. Continue reading

Fuori dal capitalocene.

Dall’uomo indebitato all’uomo frugale

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di V. Pellegrino

Noi non difendiamo la natura,
noi siamo la natura che si difende”

Youna Marette – Ecoattivista

Questa frase, pronunciata da un’attivista per l’ambiente di 17 anni nel corso di un convegno organizzato da Women 4 climate”, non è un gioco di parole né un semplice slogan. Essa indica invece l’indispensabile, radicale cambio di prospettiva con cui guardare in avanti. Essa ci rammenta come l’umanità sia parte integrante dell’ecosistema planetario che chiamiamo natura, che ci comprende e dal quale dipende la nostra stessa esistenza così come quella di tutte le altre forme di vita. E come parte della natura, una porzione sempre più cospicua dell’umanità, in particolare le nuove generazioni, reagisce in forma difensiva – autodifensiva alle devastazioni che il Capitalismo predatorio che domina il nostro tempo sta producendo. In questa svolta, in questo cambio di prospettiva, emerge in tutta la sua paradossalità il nucleo dell’ideologia liberista che vede il Capitalismo come uno stato-di-natura, una dimensione naturale (non costruita) in cui l’uomo, l’homo oeconomicus per la precisione, può muoversi con spontaneità seguendo la propria connaturata propensione all’utile individuale, senza alcuna necessità di costituire istituzioni di espressione e attuazione della volontà collettiva. In questa ottica, lo Stato stesso diviene pressoché superfluo: la sua utilità si riduce all’organizzazione della macchina repressiva (polizia, tribunali e carceri) e all’imposizione e alla gestione, per conto del grande capitale tecno-finanziario, delle continue emergenze attraverso le quali si producono rendite e profitti senza nessun beneficio per la società, anzi a suo danno, ad iniziare dalle guerre dilaganti. Questa visione “naturalistica” del Capitalismo (alla cui magistrale confutazione è dedicata l’intera opera dello storico dell’economia, sociologo e antropologo Karl Polanyi) si rovescia, attraverso il cambio di prospettiva prospettato dalla citazione, nella presa d’atto che ci troviamo a sopravvivere tra le spire soffocanti e in fine mortali del Capitalocene0. Continue reading

Da Marx e Keynes una soluzione per sconfiggere il neoliberismo

sirena in stile pittorico di klimt

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di M. Parretti

1- La crisi internazionale delle sinistre

Da molti anni c’è un costante declino della prospettiva progressista nella società, che riguarda, tanto la sinistra alternativa al capitalismo, quanto quella riformista. Entrambe hanno il medesimo problema, che è quello di non essere riuscite a formulare una teoria economica alternativa all’economia neoclassica marginalista e quindi di non essere in grado di proporre una politica economica alternativa al neoliberismo.

La sinistra riformista cerca di riaffermare i principi etici della solidarietà e dei diritti sociali, che si sono realizzati con lo stato sociale keynesiano, ma non è riuscita a capire perché la spesa pubblica, negli anni ’70, abbia smesso di trainare l’economia ed abbia cominciato a produrre una stagnazione, accompagnata da inflazione, la cd stagflazione, che impedì la continuazione delle politiche keynesiane e provocò l’affermazione del neoliberismo.
Pertanto la spesa pubblica è limitata dalle entrate fiscali e l’obiettivo anche solo di difendere i diritti sociali acquisiti si scontra con la mancanza di risorse e la sinistra riformista non riesce a proporre una politica economica capace di sviluppare i diritti sociali. Anche la sinistra alternativa, aldilà di una critica più radicale del capitalismo, non è riuscita a formulare una teoria economica marxiana scientifica e non è in grado di proporre una politica economica capace di realizzare gli obiettivi, idealmente posti, di difesa dei salari e delle pensioni. Eclatante esempio di questa impotenza delle sinistre, in Italia, fu il “pacchetto Treu” del 1997, votato da tutto il centrosinistra, che contribuì a rendere precario e ricattabile il lavoro e rivelò la subalternità alle tesi liberiste, secondo cui i bassi salari fanno crescere l’occupazione. 
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La finanza è guerra

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di S. Cacciari

Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo l’introduzione di La finanza è guerra di SIlvano Cacciari, La casa Usher, Firenze, 2023 un viaggio vertiginoso verso l’universo che si apre a partire dall’osservazione antropologica dei conflitti connessi alla moneta e ai suoi derivati”

Introduzione

Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, la superficie della globalizzazione è stata incrinata da due fenomeni: il ritorno della guerra, dal sanguinoso conflitto interjugoslavo a quello russo-ucraino, e l’esplosione di crisi finanziarie anticipate negli USA degli anni ‘80 e proseguite a livello planetario dai ‘90. Dopo aver combattuto due guerre mondiali, il pianeta che veniva consegnato alle generazioni successive, nonostante la guerra fredda, sembrava così pronto ad contenere questi fenomeni. E’ poi accaduto , a quarant’anni dalla nascita delle Nazioni Unite e da Bretton Woods, che i presupposti degli accordi per la prevenzione delle guerre e per la limitazione della circolazione dei capitali, ritenuta la causa della crisi del ’29, nel corso degli anni hanno cominciato a scricchiolare per venire definitivamente meno tra il crollo di Wall Street (1987) e la caduta del Muro (1989). Poiché la storia non si ripete mai allo stesso modo, all’alba degli anni ’90, la guerra e le crisi finanziarie si presentavano in modo diverso da inizio secolo: invece di enormi eserciti combattenti in campo aperto, le guerre si facevano locali o spazialmente delimitate con effetti globali, mentre le crisi finanziarie esplodevano attraverso dispositivi tecnologici in rete ben più potenti e invasivi del telegrafo, protagonista del contagio della crisi del ‘29. Da allora, si è registrato un insieme di forti criticità finanziarie su scala planetaria – l’attacco speculativo a lira e sterlina del 1992, la crisi finanziaria globale del 1998, il crollo dei titoli tecnologici di inizio secolo, la grande crisi del settembre 2008 seguita al fallimento della banca d’affari Lehman Brothers, fino al crollo del mercato legato alla pandemia da Covid del 2020 e all’esplosione dei prezzi delle materie prime che ha accompagnato lo scoppio della guerra russo-ucraina – mentre le guerre locali non hanno mai smesso di accendersi e riprodursi, per quanto in forme e dimensioni diverse, e differenti effetti globali, dalla Jugoslavia all’Irak, dall’Afghanistan all’Ucraina. Continue reading

call for paper rivista Rizomatica – filosofia – psicologia – tecnologia – Political and Social Sciences

Cerchiamo contributi (2-15 cartelle) per il settimo numero di febbraio 2024.

La rete è oggi l’infrastruttura che impatta maggiormente sulla formattazione dei nostri desideri eterodiretti e sull’illusorio esercizio di libertà che proviamo nel poter navigare liberamente, avendo qualunque cosa desideriamo a portata di click. Ben sappiamo come quello che ci viene dato è molto meno di quanto diamo in cambio: la nostra attenzione e il tempo della nostra vita. La rete dovrebbe essere quindi uno dei più importanti beni comuni da tutelare, in opposizione all’attuale privatizzazione e governance da parte delle note multinazionali Big tech, in quanto ecosfera digitale che accoglie e forma identità, relazioni, affetti, consumi, desideri e iniziative sociali e politiche. La rete è uno dei più remunerativi luoghi di estrazione di plusvalore diretto e indiretto, un media reticolare eslège in cui proliferano comunicazioni multidirezionali su molteplici livelli, comprese stanze chiuse e dark web. La rete, come la società, della quale è il prolungamento e con la quale instaura feedback circolari, è un simulacro di democrazia, nel quale vige la legge del più forte. Continue reading

Pensiero e umanità.

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di M. Parretti

A metà del 1800, Marx ritenne che fossero maturi i tempi per sostituire la filosofia con la scienza, anche nella conoscenza del pensiero umano giungendo alla geniale formulazione del paradigma del materialismo storico. Al tempo stesso formulò il criterio per distinguere la filosofia da quella che d’ora in avanti sarebbe stata la scienza, e lo identificò con la capacità di cambiare consapevolmente la realtà. Continue reading

Rizomatica 2202-2022

Infosfera, 22/02/2022

Per questa quinta uscita sul blog rizomatica, a distanza di un anno dall’ultima, abbiamo scelto di riflettere sui temi del lavoro e della crisi del capitalismo, intervenuta per la diffusione dell’automazione, dell’informatica e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, oltre che, probabilmente, per la dimensione globale ormai assunta dal mercato.

Qui di seguito il link da cui scaricare il documento completo in PDF e EPUB.

https://rizomatica.org/rizomatica22022022.pdf

 

https://rizomatica.org/rizomatica22022022.epub

 

Indice:

Le tre anime del lavoro  di M. Minetti

La Transizione digitale come biforcazione storica  di S. Bellucci

15 risposte sul lavoro   di M. Parretti e T. Cumbo

Piattaforme di lavoro e algoritmi di sfruttamento   di T. Numerico

Big-data, reti semantiche e IA in una prospettiva politica   intervista a G. Vetere

Affinità e divergenze fra i gig-workers e noi   di F. Sganga

Ripartire dalle basi: la riduzione dell’orario di lavoro    recensione di F. Barbetta

Cronache della mutazione   di P. Carvalho

 

Copertina di M.Kep e diorama

https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/

 

 

Gli stessi articoli saranno pubblicati sul blog in date consecutive e rilanciati sul fediverso dall’apposito robottino @rizomatica

contatto:  rizoma (at) tuta (dot) io

15 risposte sul lavoro

di M. Parretti e T. Cumbo

Tommaso Cumbo

Esperto di politiche e servizi per il lavoro, lavora da più di 20 anni presso l’agenzia nazionale del Ministero del lavoro. Si è occupato in particolare di immigrazione e di politiche della transizione dall’istruzione al mondo del lavoro, pubblicando anche articoli su questi temi in libri e riviste specializzate. Dal 2012 è membro di A.Re.La (Associazione per la redistribuzione del lavoro).

Mauro Parretti

Attualmente pensionato – ingegnere elettronico – specialista in teoria dei sistemi – dirigente industriale, settori “marketing”, “ricerca e sviluppo”, “vendita internazionale” – dal 1986 studia economia politica – membro dell’A.Re.La.

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Domanda1 – Quando parliamo di disoccupazione e di difficoltà a trovare lavoro ci riferiamo soprattutto, o quasi esclusivamente, a forme di lavoro dipendente quindi salariato. Quali sono le caratteristiche di questa forma del lavoro e perchè è in crisi? Continue reading

Alla ricerca di nuove forme di aggregazione

di M. Carbone

Nell’intervista concessa alla rivista “Zeit-Online” dalla sociologa Maja Göpel, [1] si sostiene che nuove forme di aggregazione possono essere possibili. La pandemia potrebbe spingerci a nuovi modelli basati sulla solidarietà e su nuovi modelli economici. Pur non condividendo del tutto l’approccio armonizzante, malgrado la sua critica alla società capitalistica, si ritiene che valga la pena confrontarsi con nuove forme di partecipazione civica alla politica anche se potrebbero non sempre risultare veramente democratiche e attuate dalla base. La sociologa parte da tre profonde questioni, che già nel periodo precedente la pandemia erano sorte nel mezzo della società tedesca, chiedendosi se siamo in grado di confrontarci con esse seriamente e, in caso negativo, cosa potrebbe accadere. Le questioni riguardano aspetti innanzitutto economici “Avremo abbastanza per noi?” “Abbiamo abbastanza da suddividere?” e “Chi siamo in verità questo “noi”?”. Continue reading

L’illusione della Società dei Servizi

Pubblicato in origine su L’anatra di Vaucanson     di  Robert Kurz

Sesto capitolo della sezione VIII dello Schwarzbuch Kapitalismus (“Il libro nero del capitalismo”) di Robert Kurz.

Da Schwarzbuch Kapitalismus  Sezione VIII. La storia della terza rivoluzione industriale

• Visioni dell’automazione

• La razionalizzazione elimina l’uomo

• L’abdicazione dello Stato

• L’ultima crociata del liberalismo

• La nuova povertà di massa

• L’illusione della società dei servizi

• Capitalismo da casinò: il denaro perde il lavoro

• La fine dell’economia nazionale

• Il risveglio dei demoni

L’illusione della società dei servizi

Naturalmente le elite funzionali del capitalismo si rendono conto, o quanto meno hanno sentore del fatto che, prima o poi, si arriverà alla fine della corsa. Se non si verificherà al più presto una nuova avanzata della crescita e dell’occupazione su scala globale accadrà ciò che sembrava già incombere drammaticamente, su di uno stadio di sviluppo assai inferiore, durante la prima parte del XIX secolo: lo sgretolamento della società capitalistica, ostinatamente attaccata alla sua forma, nelle guerre civili e negli stati di assedio permanenti, nel terrore e nella follia. Il discorso della «tolleranza zero» è già un sintomo della crescente paura da parte delle elite, che potrebbero perdere completamente il controllo della situazione. Ma poiché, com’è logico, la violenza in uniforme, nuovi campi di correzione e di lavoro non possono generare da soli una nuova accumulazione di capitale, bisogna comunque insistere con la claudicante promessa di un miglioramento economico, anche se quest’ultima sembra essere ormai del tutto insussistente. Continue reading

Le vicende del lavoro? Non farsi ingannare dalla memoria.

di G. Mazzetti

In molti lamentano oggi una debolezza dei lavoratori, anche se ben pochi si arrovellano sulle condizioni per rovesciare gli attuali rapporti di forza tra le classi. Ma per non tornare a ripetere gli errori passati è indispensabile non riferirsi alle vicende storiche in forma mitica. Provo a ricostruire le vicende che ci hanno condotto alla situazione attuale per come le ho vissute. Continue reading

L’irrealismo capitalista dell’individuo senza società.

di V. Siracusano Raffa

A guardare superficialmente l’evoluzione dei rapporti tra individuo e società si potrebbe pensare che l’individualismo potrebbe aver vinto su tutta la linea. Il sistema capitalistico infatti accentua proprio quest’ultimo e non è un caso: già i massimi teorici del liberalismo classico, Adam Smith e David Ricardo, affermavano che la società è solo la somma degli individui. Nella seconda metà dell’Ottocento è il contributo dei neoclassici a spostare il focus dalle classi ai singoli attraverso l’individualismo metodologico. Questi economisti sono chiamati anche marginalisti perché hanno stravolto le basi dell’economia classica attraverso il principio dell’utilità marginale, cioè l’incremento di utilità che si ottiene con una piccola variazione nella quantità consumata di un bene. Ciò che è importante di questo approccio è proprio lo slittamento dell’analisi a livello microeconomico, perché ponendo al centro il singolo consumatore si dà un’incredibile spinta verso l’individualismo. Continue reading

Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto.

Panorama SolarPunk – di ImperialBoy

di S. Robutti


Letture propedeutiche:

The Californian Ideology

Contro l’hackerismo


Questo articolo presenterà un’analisi utile a comprendere la nuova ondata di organizzazioni, scioperi e proteste che attraversa il settore dell’Information Technology(IT), in particolare in USA e Nord Europa, scritta dal punto di vista di un Tech Worker. La speranza è quella di dare trasparenza a questi fenomeni e permettere di comprenderne più a fondo le peculiarità, le similarità con strutture e processi passati e presenti ma anche le profonde differenze sia sul piano della prassi che sul piano dell’identità. Continue reading

“Verso un’economia di merda”| In ricordo di David Graeber –

Pubblicato in origine il 5-09-2020 su Effimera                                di F. Berardi (Bifo)

Conobbi David a Sapporo, nell’anno 2008 nella palestra dove si teneva la riunione iniziale delle giornate di contro-summit, mentre il G8 si riuniva in qualche luogo iper-protetto della città capitale dell’Hokkaido. Eravamo arrivati da poche ore, io e Claudia dall’Italia, David da Londra, e avevamo un sonno bestiale. Mentre i compagni giapponesi facevano i discorsini introduttivi al contro-summit, David si stese per terra e si addormentò per un po’. Continue reading

Rizomatica 0505-2020

Infosfera, 05/05/2020

Per questa seconda uscita sul blog rizomatica abbiamo scelto di riflettere sul tema della cittadinanza digitale, territoriale e al contempo dematerializzata.

Qui di seguito il link da cui scaricare il documento completo in PDF.

https://rizomatica.org/rizomatica05052020.pdf

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Indice:

Telepolis 2020 di M. Kep
Territori laboratorio per una economia politica “ipermaterialista” 
intervista di S. Simoncini a B. Stiegler
Algoritma. Analisi incompleta sul data feminism nelle città intelligenti
di V. Bazzarin
Self-branding. La retorica del successo contemporaneo
di G. D’Alia
Apocalipse Now  di M. Civino
I signori delle post-metropoli  di M. Minetti
Accelerare in retromarcia di F. Sganga
Ricollocare lo spazio  di A. Cava
L’assenza di costrizioni naturali di M. Parretti
Se le macchine di Marx siamo noi   di V. Pellegrino
Il Techbro Prodigo  di M. Farrell
Il mio corona virus di F. Fassio
Amplesso telefonico  di F. Cozzaglio

La copertina è di diorama
https://mastodon.bida.im/@dioram
La copertina #1 si basa su “Gay Freedom San Francisco”, 1980, dominio
pubblico.
Programmi usati: Photomosh, GIMP, Inkscape su sistema GNU/Linux.

Gli stessi articoli saranno pubblicati sul blog in date consecutive e rilanciati sul fediverso dall’apposito robottino @rizomatica
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Territori laboratorio per una economia politica “ipermaterialista”

Strategie post-pandemiche contro il neuropotere delle piattaforme

Intervista “pre COVID-19” di S. Simoncini a B. Stiegler

«Il periodo moderno è l’età dello sfruttamento organizzato conseguente e illimitato: dello sfruttamento delle risorse naturali, dello sfruttamento dei cosiddetti popoli primitivi assoggettati, e infine dello sfruttamento sistematico del cittadino», Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica

Questa è una breve premessa che non si propone come una introduzione alla figura e al pensiero di Stiegler. Troppo ardua l’impresa per un non filosofo come me, perché troppo stratificata e ramificata la sua biografia intellettuale, il suo profilo umano e filosofico. Provo soltanto a tracciare l’incipit di alcune possibili piste che facilitino un’esplorazione del paesaggio mentale che si squaderna in questa intervista. Perché diciamolo, è un’intervista a tutto tondo. E diciamo anzitutto, come prima pista possibile, che una caratteristica saliente del suo paesaggio filosofico è la centralità dell’imperativo marxiano, quello delle “Tesi su Feuerbach” secondo cui i filosofi dopo aver “variamente interpretato il mondo” sono chiamati a “trasformarlo”.

L’idea di realizzare questa intervista nasce dopo aver assistito a tre sue recenti conferenze romane, tenute in successione all’Accademia di Francia, al Macro e all’università Roma Tre, le ultime due per iniziativa del collettivo “Red Mirror”. Potrebbe essere una circostanza casuale ma non lo è. Le tre classiche istituzioni culturali dell’Occidente, accademia, museo e università, costituiscono effettivamente la sfera pubblica in cui si dispiega prioritariamente il pensiero di Stiegler. Questa notazione di contesto non è secondaria, e va tenuta presente insieme alla vocazione marxiana alla praxis trasformatrice, e mette in luce una contraddizione su cui varrà la pena soffermarsi. Continue reading

Accelerare in retromarcia: la città-azienda dei neoreazionari

di F. Sganga

Piccolo disclaimer: tutte le traduzioni dagli originali sono state fatte da me in modo decisamente artigianale. Leggo l’inglese ma non sono un traduttore e per alcuni termini mi sono servito dei vari dizionari online. Per un’idea il più possibile precisa del contenuto dei testi invito il lettore a seguire i link.

Nel mio stato neocameralista ideale non vi è libertà politica perché non vi è politica. Forse il governo avrà una scatola dei commenti in cui si potrà lasciare la propria opinione. Forse farà dei sondaggi di opinione e perfino delle votazioni. Ma non ci sarà organizzazione e nessuna ragione per organizzarsi perché nessuna coalizione dei residenti potrà influenzare la politica governativa tramite coercizione”

(Mencious Moldburg, Against political freedom)

Il meta-neocameralismo non decide che il governo dovrebbe diventare un’azienda. Riconosce che il governo è diventato un’azienda. Comunque, diversamente dalle aziende private che dissipano l’entropia tramite bancarotte e ristrutturazioni, i governi sono regolarmente le aziende peggio gestite nelle rispettive società, funzionalmente paralizzati da modelli organizzativi difettosi e strutturalmente disonesti, esemplificati perfettamente dal principio democratico: il governo è un’azienda che deve essere guidata dai suoi clienti.”

(Nick Land, Meta-neocameralism)

Nel variegato universo dell’accelerazionismo, ben descritto nell’agile volume di Tiziano Cancelli, non mancano riferimenti al tema della città. Fin dai tempi della theory-fiction del CCRU, infatti, le descrizioni della metropoli dei romanzi di Dick o Gibson e di film come Metropolis, Terminator o Blade Runner erano parte integrante di un immaginario che proclamava il superamento della modernità passando attraverso: tecnologie futuribili, ibridi uomo-macchina, intersezioni fra spazio fisico e virtuale. Non è un caso che una delle principali case editrici nate da quel milieu si chiami Urbanomic. Continue reading

L’assenza di costrizioni naturali: l’umanità di fronte alla nuova grande contraddizione

di M. Parretti

Introduzione

Quando gli ominidi assunsero una posizione eretta stabile ed usarono gli arti superiori, ormai liberati dall’attività di deambulazione, per sostenere e proteggere i cuccioli, provocarono un paradosso nella selezione naturale, che favorì la sopravvivenza dei soggetti con uno sviluppo più lento, rispetto ai soggetto con sviluppo precoce.

Infatti, “paradossalmente”, cominciò a sopravvivere più facilmente il cucciolo dallo sviluppo più ritardato perché, restando più a lungo con i genitori, era comunque protetto ed apprendeva non solo dall’apparato istintuale e sensoriale, trasmesso geneticamente, ma anche dalla esplicita “trasmissione intergenerazionale dell’esperienza e dei comportamenti”.

La selezione naturale in un ambiente sociale determinò la sostituzione degli istinti con le pulsioni, la formazione dei meccanismi psichici del pensiero inconscio e della struttura cognitiva. Continue reading

Questione di classe. Le classi sociali nella modernità liquida.

    

di M. Sgobio

Bauman sembra attribuire la “liquefazione” della società a un cambiamento nella mentalità dei capitalisti, mentre, nella sua analisi, la classe sociale di coloro che per vivere vendono la propria forza lavoro sembra sciogliersi. Però, se si cambia il punto di osservazione, si possono scorgere le radici materiali del cambio di mentalità che descrive. Da questa visuale, le gocce, i singoli individui, assumo nuovamente l’aspetto di un fiume: un corso d’acqua che potrebbe modellare la società in forme del tutto nuove.

Negli ultimi quarant’anni diverse teorie hanno cercato di descrivere la società contemporanea e i fenomeni che l’hanno modellata, dando vita a interpretazioni che, anche se accolte in modo critico, lasciano la consapevolezza di un mutamento, a volte radicale, rispetto al recente passato.

Un nuovo inizio

Nell’esperienza della società attuale, scrive Krishan Kumar, vi è qualcosa “che insistentemente suscita non solo «il presentimento di una fine» ma anche quello di nuovi inizi”i.

Siamo nel 1995, e l’autore traccia una rassegna critica di quelle che chiama “le nuove teorie del mondo contemporaneo”. Teorie accomunate, anche quando divergono, dal prefisso post, che antepongono, di volta in volta, ad aggettivi come industriale, fordista o moderna, riferiti alla società che descrivono.

Tutte le tesi illustrate indicano un mutamento strutturale, un “funzionamento” della società diverso rispetto al passato, ma, allo stesso tempo, a tutte non riesce una descrizione in positivo del mondo contemporaneo, basata su elementi che lo caratterizzano.

Tutte descrivono una società “indefinita”, venuta dopo un’altra che, al contrario, era perfettamente definibile.

Kumar si sofferma soprattutto sulla teoria della post-modernità, che considera “la più ampia e stimolante”, in grado di sovrapporsi alle altre, spesso includendole, seppur in modo criticoii.

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Nel 2020 e oltre, la battaglia per salvare la persona e la democrazia richiede una radicale revisione della tecnologia convenzionale

Aral Balkan

di Aral Balkan, trad. it a cura di diorama

1 gennaio 2020

Mentre entriamo in un nuovo decennio, l’umanità si trova ad affrontare diverse emergenze esistenziali:

  1. L’emergenza climatica [1]

  2. L’emergenza democrazia

  3. L’emergenza della persona [NdT: “personhood emergecy” nell’originale]

In gran parte grazie a Greta Thunberg, stiamo decisamente discutendo della prima. Ovvio, c’è molto da discutere sul se stiamo effettivamente facendo qualcosa a riguardo. [2]

Allo stesso modo, grazie all’ascesa dell’estrema destra in tutto il mondo sotto forma di (tra gli altri) Trump negli Stati Uniti, Johnson nel Regno Unito, Bolsonaro in Brasile, Orban in Ungheria ed Erdoğan in Turchia [NdT: e Salvini in Italia], stiamo parlando anche della seconda, compreso il ruolo della propaganda (le cosiddette “fake news”) e dei social media nel perpetuarlo.

Quello di cui sembriamo del tutto sprovveduti e incerti è il terzo, anche se tutti gli altri ne derivano e ne sono sintomi. È l’emergenza senza nome. Beh, almeno fin d’ora.

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