Il mio corona virus

img – Elisatron

di F. Fassio

Nella evoluzione si passa per migliaia di fasi improbabili. Tra determinismo e caso c’è un off the line. I finali sono sempre diversi… “ (Stephen Jay Gould, La vita meravigliosa)

Dal complotto al soluzionismo. Come esaminare senza pregiudizi le cause naturali o artificiali che producono i virus

Il complotto e le fake news:

Ho iniziato ad interessarmi al virus guardando alcuni video che suggerivano come un complotto avesse prodotto la pandemia. Avrei subito scartato un approccio con linguaggio grezzo e senza documentazione a supporto. Ma non era così. Non ho avuto l’ impressione di un provocatore che mi parlava in un video.

Questo signore ha presentato 4 documenti:

  • Rapporto corposo con analisi spettrografiche di un gruppo di scienziati di New Delhi che affermava che il virus era costruito in laboratorio. Nome report: “Uncanny similarity of unique inserts in the 2019-nCoV spike protein to HIV-1” (Uncanny sta per sconcertante). gp120 and Gag Prashant Pradhan 1,2, Ashutosh Kumar Pandey 1, Akhilesh Mishra 1, Parul Gupta1 , Praveen Kumar Tripathi1 , Manoj Balakrishnan Menon1 , James Gomes1 , Perumal Vivekanandan*1 and Bishwajit Kundu*1 1Kusuma School of biological sciences, Indian institute of technology, New Delhi-110016, India. 2Acharya Narendra Dev College, University of Delhi, New Delhi-110019, India.

 

Questi non li chiamerei complottisti da strapazzo, ma “classe dirigente scientifica”.

  • Report di 80 pagine della Johns Hopkins Center for Health Security del 18 Settembre 2019: “Preparedness for a High-Impact Respiratory Pathogen Pandemic” sulla Impreparazione ad affrontare una pandemia respiratoria presumibilmente derivata da un virus naturale o costruito
  • Una “scommessa”, put options future, da 1.5 miliardi di dollari a Ottobre 2019 su Marzo 2020 da parte della Bridgewater Associates, una finanziaria USA che ha confermato. (fonte )
  • La informazione che si era svolto un evento di sport militare mondiale a Wuhan in Settembre 2019.

Erano ipotesi da verificare, non da scartare a priori. Fondate su documenti.

I documenti non erano stati divulgati da ciarlatani, ma da istituzioni e organizzazioni riconoscibili e accreditate Come al solito una correlazione tra eventi non determina una tesi univoca. Va indagata assieme ad altre ipotesi.

Questa ipotesi è stata poi superata da altre ricerche che hanno smentito la costruzione e diffusione artificiale del virus.

Molte comunicazioni scientifiche sul virus si sono poi dimostrate manipolate. Soprattutto dalla realpolitik piuttosto che dagli scienziati e da alcuni scienziati di regime (vedi approccio gestionale della Lombardia) piuttosto che dal chiacchiericcio televisivo. Insomma le fake news sono sempre state principalmente uno straordinario strumento politico.

Le domande

  1. Virus. E’ il primo punto oscuro: cosa è un virus e quale è lo stato dell’arte nell’analisi storico-scientifica delle pandemie virali e batteriche oltre alle cause riscontrate che le hanno provocate.

  2. Numeri. Sono colpito dalla genericità, disomogeneità ed non rappresentatività dei numeri che ci hanno fornito i responsabili nazionali (usando come metafora, foglia di fico, l’Iceberg).

B1) I casi generali di positività. Sono sottodimensionati rispetto ai casi veri non essendo stati eseguiti tamponi che permettessero di valutare quantitativamente l’ intera popolazione. Si parla di 10/20 volte di più di quelli rilevati.

B2) I casi dei dimessi. Dimessi perché guariti + dimessi perché positivi, ma sfebbrati e messi in quarantena in casa.

B3) I deceduti. Per Covid 19 e quelli con Covid 19 perché affetti da altre patologie.

B4) Al crescere dei tamponi realizzati, adesso 55.000 rispetto ai 5000 della prima ora, crescono i positivi. Coloro che avevano sintomi minori, tipo febbre a 37,5, non venivano fatti tamponi, né ricoveri. Eppure molti di essi si sono riconosciuti positivi avendo fatto personalmente il test di immunizzazione.

Ho ascoltato coloro che si stanno adoperando per trovare soluzioni. Organizzative, metodologiche e tecnologiche. Un soluzionismo un po’ sterile di cui ha scritto bene Morozov sul numero di internazionale del 3 Aprile scorso.

Che però lascia sullo sfondo una analisi sulle forme sociali su cui agire. Mi sono domandato come si possa affrontare una ricerca senza partire dai consueti “user requirements” (requisiti degli utenti finali).

  1. Multinazionali. Come mai da Google (Global Virus Forecasting Initiative) a Gates, Video Ted del 2015, molte potenti organizzazioni si stanno occupando da anni dei virus finanziando ricerche e costruendo modelli su queste pandemie senza che se ne sia diffusa informazione ed alimentato dibattito pubblico.

Noi e il virus

Non penso che il virus sia solo un aggressore cieco con un algoritmo incorporato.

Il virus è un vecchietto di oltre 3 miliardi di anni che ha avviato la vita biologica sulla terra.

Porta con se DNA o RNA che sono mattoni della vita sulla terra assieme ai batteri.

Vive in enorme numero, in comunità, dentro di noi assieme a bacilli e miceti.

Preserva l’omeostasi della nostra vita biologica interna.

In generale è passivo, ma se si attiva può raggiungere qualsiasi microrganismo al solo scopo di riprodursi.

In cosa è differente da noi per le funzioni base della sopravvivenza ?

Mangiare, riprodursi, fuggire. Sono una triade originaria degli organismi viventi.

E’ vero e sono d’accordo con tutte le conclusioni che traiamo sulla nostra superiore complessità e sulla evoluzione delle nostre conoscenze scientifiche.

Ma sarei attento a non considerare che un pezzo di noi sono loro, i virus.

E che la nostra complessità si poggia sulla molteplicità dei nostri pezzi costituenti, anche biologici, con cui siamo costruiti di cui fanno parte anche i virus.

Sono un ponte tra noi e il cosmo. Una bretella che ci connette all’ambiente circostante. Con cui dobbiamo fare i conti come li dovremmo fare con gli animali e le piante.

Abbiamo limitato tanto lo spazio per le piante, le foreste, gli animali è ineludibile che sulla superficie del pianeta si presentino degli effetti, non solo di climate change.

Retroazioni microbiologiche sono e saranno sempre più accese. E’ inevitabile. In cento anni, una quisquillia temporale, gli abitanti del pianeta sono passati da 1 a 7,5 miliardi, con concentrazioni di 20 milioni di persone nelle megalopoli. Perché un microrganismo che vuole replicarsi dovrebbe perdere l’occasione ? Abbiamo un corpo con già all’ interno i suoi simili, con temperatura costante, umidità costante, zuccheri….

L’animale svolge la sua funzione come noi la nostra. Mangiare e riprodursi, nel caso fuggire.

E se l’attuale conflitto non sia solo l’inizio di una riconversione biologica del pianeta in perfetta sintonia per un necessario riequilibrio ?

E’ vero sembra una visione materiale che tralascia la nostra storia, la nostra scienza, intelligenza, volontà di crescere e possedere nuove risorse. Ma il vecchio virus ha elaborato il suo algoritmo con un test durato 3,5 miliardi di anni contro i nostri 200.000 anni di apparizione e i nostri algoritmi espressi negli ultimi 200 anni.

Possiamo perdere. Sta a noi studiare una organizzazione planetaria più efficace. Mettere in campo un solo algoritmo: filosofia, politica, stile di vita ?. Considerare tutte le principali variabili del nostro cosmo sapendo che caso e necessità sono parte del grande gioco.

Origini, Evoluzione, caos, prevedibilità, rischio.

Nel nostro sistema produttivo vi sono troppe variabili casuali che non controlliamo.

Né i complotti né il determinismo scientifico troveranno soluzioni efficaci, anche se temporanee al problema. Se esaminiamo la natura, e quindi il nostro ambiente planetario, in questo contesto valuteremo quale nuovo ruolo possiamo avere dopo le ingenti modificazioni che abbiamo portato negli ultimi 100 anni.

Se l’uomo è stato bravo ad adattarsi, ed è questa la sua virtù storica, necessita di una comprensione non delegata solo alla fede e alla scienza per renderlo edotto di un bisogno urgente per un nuovo adattamento. A meno di questa nuova coscienza la nostra virtù si trasformerà in colpa. Come il principe in rospo. E speriamo sia solo questo e non l’estinzione.

Ritorno alle variabili casuali che giocano nella natura e che non controlliamo. Affrontiamo il problema della non eticità della natura e dei principi che segue nelle sue evoluzioni accidentali.

L’accidentalità non è un fenomeno solo umano, ma è la base principale del funzionamento naturale. Di come la natura procede. In bilico tra caos e strategie di sopravvivenza; appunto un edge quasi off the line. 

L’ accidentalità è all’interno di un sistema coerente e complesso che funziona a meraviglia. 

Si riproduce e si aggiusta utilizzando il caso come timone per una sua evoluzione. 

Il virus sembra il soggetto ideale di questa casualità e ne è il meccanismo necessario perchè la natura si diversifichi. 

Come un rizoma nel processo evolutivo. 

Evoluzione che può essere, per noi, anche cieca, nel senso che può fare a meno di noi e cancellarci, ma si orienta verso una crescente complessità sistemica, coerente, di volta in volta, nelle varie fasi epocali. E di difficile se non impossibile prevedibilità. Tra parentesi: non sembra più il tempo di previsioni di lungo periodo come si faceva negli anni 60 e 70 pur possedendo potenti mezzi di calcolo. Bisognerebbe interrogarci su questa carenza di risorse per costruire modelli complessivi e di istituzioni mondiali che li gestiscano per l’intero pianeta.

Scenari, crimini e castighi – Spillover e Zoonosi

Definire lo scenario, o gli scenari, è infatti il punto più delicato. Comporta sia affrontare il breve periodo stimabile a un anno o due, ma vedere oltre, ai prossimi 10-20 anni e quindi alla vivibilità sul pianeta delle prossime generazioni.

Una analisi che dipende anche dalle numerosissime variabili che hanno determinato il virus non come un incidente isolato di zoonosi, ma come processo che può replicarsi e di cui i testi sulle epidemie riportano cause, meccanica, evoluzione e sistematicità.

Da Spillover e da un testo simile di Donald S. Burke ho imparato che è principalmente il nostro apparato produttivo globale a portare uno stravolgimento delle condizioni non solo climatiche del pianeta, che ne sono uno degli effetti, ma di quelle chimiche, fisiche e soprattutto biologiche e microbiologiche.

Questi non sono incidenti, ma conseguenze delle nostre azioni individuali (consumi) e collettive (politiche industriali ed economiche).

Alcuni esempi:

  • Le malattie zoonotiche sono in aumento

  • I virus a RNA sono pericolosi specie quando hanno come serbatoio un primate

  • I corona virus hanno un alta capacità evolutiva e di contagiare animali (sulla base di ciò avevano previsto la SARS)

  • Sono in corso ricerche in zone tropicali di Africa ed Asia prelevando strisci di sangue a cacciatori ed abitanti per controllare gli spillover

  • Uccidiamo e mangiamo animali, usiamo l’allevamento intensivo.

  • Eliminiamo le specie autoctone. Commerciamo pelli, animali da laboratorio, da compagnia e da spettacolo, carne e piante.

  • Dormiamo in alberghi senza sapere se chi vi è stato prima era malato o ha vomitato e se è stato disinfettato il condizionatore (malattia del legionario).

  • Si studiano e identificano ancora scarsamente nei dipartimenti pubblici i segmenti di genoma amplificati mediante spettrometria di massa. Mentre sono finanziate abbondantemente dalla Synthego della Founders Fund di Peter Thiel società come Space X per ricerche, come quella chiamata CRISPR, per strumenti di ingegneria genetica per nuove armi batteriologiche ad uso militare

  • Questa emergenza era ampiamente attesa (vedi il report della Johns Hopkins Center for Health Security del 18 Settembre 2019: “Preparedness for a High-Impact Respiratory Pathogen Pandemic”) e la reazione dipendeva dalla trasmissione delle informazioni dalla scienza alla politica e da questa a noi. Ciò non è stato.

  • Ultima considerazione presa dal sociologo tedesco Byung-Chul-Han: “Siamo diventati, nel nostro attuale comportamento, simili ai virus. Teniamo ad una sovra-prestazione, una sovra-produzione e una sovra-comunicazione. La persistenza della salute è il nostro valore assoluto e non il piacere di vivere bene. Quindi vivere ha come obiettivo assoluto il replicarsi anche a danno dei diritti e della qualità della vita”.

Scenari, crimini e castighi

Concordo poi sulle deduzioni finali di un Ángel Luis Lara, sceneggiatore e studioso messicano di cinema  che qui riporto:

Nel pieno della pandemia ci sarà sicuramente chi si affannerà nella ricerca di un colpevole, si tratti di un capro espiatorio o di un furfante. Si tratta di certo di un gesto inconscio per mettersi in salvo: trovare qualcuno a cui attribuire la colpa tranquillizza perché depista sulle responsabilità.

Tuttavia più che impegnarsi nello smascherare un soggetto solo, è più opportuno identificare una forma di soggettivizzazione, ossia interrogarsi su uno stile di vita capace di scatenare devastazioni così drammatiche come quelle che oggi investono le nostre esistenze.

Si tratta senza dubbio di una domanda che non ci salva né ci conforta e meno ancora ci offre una via d’uscita. Sostanzialmente perché questo stile di vita è il nostro.

Un giornalista si è avventurato qualche giorno fa ad offrire una risposta sull’origine del Covid-19: “Il coronavirus è una vendetta della natura”. Al fondo non gli manca una ragione. Nel 1981 Margaret Thatcher depose una frase per i posteri che rivelava il senso del progetto cui lei partecipava: “L’economia è il metodo, l’obiettivo è cambiare l’anima”.

La prima ministra non ingannava nessuno. Da tempo la ragione neoliberista ha convertito ai nostri occhi il capitalismo in uno stato di natura. L’azione di un essere microscopico, tuttavia, non solo sta riuscendo di arrivare anche alla nostra anima, ma ha spalancato una finestra grazie alla quale respiriamo l’evidenza di quel che non volevamo vedere.

Ad ogni corpo che tocca e fa ammalare, il virus reclama che tracciamo la linea di continuità tra la sua origine e la qualità di un modo di vita incompatibile con la vita stessa. In questo senso, per paradossale che sembri, affrontiamo un patogeno dolorosamente virtuoso.

La sua mobilità aerea sta mettendo allo scoperto tutte le violenze strutturali e le catastrofi quotidiane là dove si producono, ossia ovunque.

Nell’immaginario collettivo comincia a diffondersi una razionalità di ordine bellico: siamo in guerra contro un coronavirus. Eppure sarebbe forse più esatto pensare che è una formazione sociale catastrofica quella che è in guerra contro di noi già da molto tempo.

Nel corso della pandemia, le autorità politiche e scientifiche dicono che sono le persone gli agenti più decisivi per arginare il contagio.

Il nostro confinamento è inteso in questi giorni come il più vitale esercizio di cittadinanza. Tuttavia, abbiamo bisogno di essere capaci di portarlo più lontano.

Se la clausura ha congelato la normalità delle nostre inerzie e dei nostri automatismi, approfittiamo del tempo sospeso per interrogarci su inerzie e automatismi.

Non c’è normalità alla quale ritornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo.

Il problema che affrontiamo non è solo il capitalismo in sé, ma anche il capitalismo in me. Chissà che il desiderio di vivere non ci renda capaci della creatività e della determinazione per costruire collettivamente l’esorcismo di cui abbiamo bisogno.

Questo, inevitabilmente, tocca a noi persone comuni.

Grazie alla storia sappiamo che i governanti e i potenti si affanneranno a fare il contrario.

Non permettiamo che ci combattano, dividano o mettano gli uni contro gli altri.

Non permettiamo che, travolti una volta ancora dal linguaggio della crisi, ci impongano la restaurazione intatta della struttura stessa della catastrofe.

Benché apparentemente il confinamento ci abbia isolato gli uni dagli altri, tutto questo lo stiamo vivendo insieme.

Anche in questo il virus appare paradossale: si mette in una condizione di relativa eguaglianza. In qualche modo riscatta dalla nostra amnesia il concetto di genere umano e la nozione di bene comune. Forse i fili etici più efficaci da cui cominciare a tessere un modo di vita diverso a un’altra sensibilità.”