Squid Age. Sulla produzione seriale di paradossi.

miliardari scherzano con il fuoco dell'IA: "bastardi senza gloria"

img- generata da IA dominio pubblico

di R. Norvegicus

Ora, lontano da Babilonia e dai suoi costumi che amo, penso con qualche stupore alla lotteria, e alle congetture blasfeme che mormorano nel crepuscolo gli uomini velati.

Jorge Luis Borgesi

Dopo essere rimasto catturato, insieme a diversi milioni di connazionali e a ben centoundici milioni di persone nel mondo, dalla visione della serie Squid Game di Netflix, riporto di seguito qualche considerazione occasionale e del tutto libera.

La teoria dei giochi, da oltre mezzo secolo, è collocata al centro del pensiero economico dominante. Il rapporto tra gioco ed economia emerge in modo inconfondibile già nel titolo del celebre articolo di Von Neumann e Morgenstern TheTheory of Games and Economic Behavior (1944)ii. Un titolo che rende evidente la prossimità tra l’analisi dei giochi e la previsione scientifica del comportamento umano. Il premio Nobel per la chimica Manfred Eigen scriveva nel 1975 che la teoria dei giochi sarebbe divenuta il fondamento della futurologiaiii. Quantomeno, è sufficiente riflettere un istante sul ruolo centrale che Morgenstern e, soprattutto, Von Neumann, hanno avuto nella realizzazione del calcolatore, per rendersi conto che l’epoca digitale in cui viviamo costituisce il trionfo della teoria dei giochi e della sua rappresentazione della realtà, del suo “modello”. E tuttavia, sebbene fin dai primi episodi della serie Netflix si avverta un clima da vaticinio fantascientifico incastonato in etiche da illuminismo neroiv, si tratta di una sensazione destinata a rimanere tale: Squid Game mostra soltanto una crudele gara messa in piedi per soddisfare le frenesie di una manciata di VIP del capitalismo finanziario amanti delle scommesse. Non ci sono margini per teoria delle decisioni e interazioni strategiche, non c’è illuminismo nero. Le corse dei cavalli sono il paragone utilizzato con più frequenza nel film. Gli oltre quattrocento giocatori che accettano di partecipare alle prove, gente reclutata tra disoccupati, ludopati, migranti, pregiudicati e persone pesantemente indebitate, sono soltanto i “cavalli da corsa” di un crudele survival game, un gioco di sopravvivenza che prevede un lauto premio in denaro per i vincitori e che si svolge in gran segreto su un’isola disabitata. Quanti non abbiano visto la serie coreana, ma ricordino Giochi senza frontiere, possono immaginare uno scenario simile. Con la differenza, non di poco conto, che in Squid Game i “perdenti” vengono eliminati con una raffica di mitra in pieno volto. Continue reading