Il falso mito del merito e il rifiuto del fallimento: il linguaggio al cuore di una società divisa.

di: R. Laghi

Un approccio linguistico-etimologico

Competenze, scrive Boarelli in Contro l’ideologia del merito, è “una delle parole chiave del lessico costruito intorno al merito” (Boarelli 2019, pp. 218-219). Da dove nasce questo concetto? Lo stesso Boarelli ne ricostruisce l’origine e la diffusione, a partire dal libro bianco dell’Unione Europea Crescita, competitività, occupazione, presentato nel 1993 e tappa chiave di un percorso di adesione dell’UE a una visione neoliberale della società (il principio fondante del testo è la “valorizzazione del capitale umano”). Ma che cosa è la competenza? Continue reading

Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto.

Panorama SolarPunk – di ImperialBoy

di S. Robutti


Letture propedeutiche:

The Californian Ideology

Contro l’hackerismo


Questo articolo presenterà un’analisi utile a comprendere la nuova ondata di organizzazioni, scioperi e proteste che attraversa il settore dell’Information Technology(IT), in particolare in USA e Nord Europa, scritta dal punto di vista di un Tech Worker. La speranza è quella di dare trasparenza a questi fenomeni e permettere di comprenderne più a fondo le peculiarità, le similarità con strutture e processi passati e presenti ma anche le profonde differenze sia sul piano della prassi che sul piano dell’identità. Continue reading

Rizomatica 0505-2020

Infosfera, 05/05/2020

Per questa seconda uscita sul blog rizomatica abbiamo scelto di riflettere sul tema della cittadinanza digitale, territoriale e al contempo dematerializzata.

Qui di seguito il link da cui scaricare il documento completo in PDF.

https://rizomatica.org/rizomatica05052020.pdf

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Indice:

Telepolis 2020 di M. Kep
Territori laboratorio per una economia politica “ipermaterialista” 
intervista di S. Simoncini a B. Stiegler
Algoritma. Analisi incompleta sul data feminism nelle città intelligenti
di V. Bazzarin
Self-branding. La retorica del successo contemporaneo
di G. D’Alia
Apocalipse Now  di M. Civino
I signori delle post-metropoli  di M. Minetti
Accelerare in retromarcia di F. Sganga
Ricollocare lo spazio  di A. Cava
L’assenza di costrizioni naturali di M. Parretti
Se le macchine di Marx siamo noi   di V. Pellegrino
Il Techbro Prodigo  di M. Farrell
Il mio corona virus di F. Fassio
Amplesso telefonico  di F. Cozzaglio

La copertina è di diorama
https://mastodon.bida.im/@dioram
La copertina #1 si basa su “Gay Freedom San Francisco”, 1980, dominio
pubblico.
Programmi usati: Photomosh, GIMP, Inkscape su sistema GNU/Linux.

Gli stessi articoli saranno pubblicati sul blog in date consecutive e rilanciati sul fediverso dall’apposito robottino @rizomatica
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Telepolis 2020

di M. Kep

“L’enorme complessità della nuova città in quanto forma di organizzazione sociale e la sua considerevole entropia in quanto sistema si fondano su una base economica che genera consumi, ricchezza e posti di lavoro attraverso l’industrializzazione delle piazze e, soprattutto, dell’ambito domestico. Ecco la chiave dell’economia di Telepolis.” (Echeverria 1995, p.19)

Nel 1994 Javier Echeverrìa pubblicava il suo Telepolis. Parlava di un presente come se fosse un futuro. Oggi quella trasposizione del planisfero politico nell’infosfera ci risulta un familiare passato, superato da un presente distopico. Quella chè è cambiata nel frattempo è la nostra percezione di noi stessi nella Telepolis. Se circa trenta anni fa, agli albori di internet, tutto era possibilità, apertura, scoperta, oggi che quelle autostrade informatiche si sono ipersaturate, che quella possibilità quasi infinita di scelte si è stabilizzata su pochi monopoli di gate-keepers (Echeverria 1995, p.31) da miliardi di utenti, ci sentiamo di nuovo negli stretti limiti di un villaggio globale che è una diffusa provincia conformista. Continue reading

Territori laboratorio per una economia politica “ipermaterialista”

Strategie post-pandemiche contro il neuropotere delle piattaforme

Intervista “pre COVID-19” di S. Simoncini a B. Stiegler

«Il periodo moderno è l’età dello sfruttamento organizzato conseguente e illimitato: dello sfruttamento delle risorse naturali, dello sfruttamento dei cosiddetti popoli primitivi assoggettati, e infine dello sfruttamento sistematico del cittadino», Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica

Questa è una breve premessa che non si propone come una introduzione alla figura e al pensiero di Stiegler. Troppo ardua l’impresa per un non filosofo come me, perché troppo stratificata e ramificata la sua biografia intellettuale, il suo profilo umano e filosofico. Provo soltanto a tracciare l’incipit di alcune possibili piste che facilitino un’esplorazione del paesaggio mentale che si squaderna in questa intervista. Perché diciamolo, è un’intervista a tutto tondo. E diciamo anzitutto, come prima pista possibile, che una caratteristica saliente del suo paesaggio filosofico è la centralità dell’imperativo marxiano, quello delle “Tesi su Feuerbach” secondo cui i filosofi dopo aver “variamente interpretato il mondo” sono chiamati a “trasformarlo”.

L’idea di realizzare questa intervista nasce dopo aver assistito a tre sue recenti conferenze romane, tenute in successione all’Accademia di Francia, al Macro e all’università Roma Tre, le ultime due per iniziativa del collettivo “Red Mirror”. Potrebbe essere una circostanza casuale ma non lo è. Le tre classiche istituzioni culturali dell’Occidente, accademia, museo e università, costituiscono effettivamente la sfera pubblica in cui si dispiega prioritariamente il pensiero di Stiegler. Questa notazione di contesto non è secondaria, e va tenuta presente insieme alla vocazione marxiana alla praxis trasformatrice, e mette in luce una contraddizione su cui varrà la pena soffermarsi. Continue reading

Algoritma. Analisi incompleta sul data feminism nelle città intelligenti

img – Elisatron

di V. Bazzarin

 

Ogni sapere è particolare, ogni verità è parziale […] Nessuna verità può rendere non vera un’altra verità. Ogni conoscenza è parte della conoscenza totale. […] Una volta che hai visto lo schema più ampio, non puoi tornare a vedere la parte come il tutto.“ — Ursula K. Le Guin, La mano sinistra delle tenebre, p. 159

Forse, come dice Ursula K. Le Guin, ogni sapere è particolare e ogni verità è parziale, ma sul tema del diritto digitale alla città c’è un sapere che appartiene al genere e ci sono tracce digitali lasciate dalle persone che gli algoritmi non considerano rilevanti e che quindi discriminano la metà dei cittadini dalla sfera dei servizi e spesso anche da quella dei diritti. Parliamo di gender data, dei dati con una componente di genere e del movimento che in vari paesi sta tentando di introdurre il tema in ambito accademico, nello sviluppo delle tecnologie e delle infrastrutture che operano in sistema o in rete nelle cosiddette città intelligenti.

Non ci calcolano proprio! Potrebbe dire almeno la metà del genere umano. Tranne quando siamo target commerciale. Allora in quel caso ci calcolano e ci profilano per bene. (1) Continue reading

Apocalipse now.

di M. Civino

Il passato recente

Gli uomini non sempre muoiono in silenzio”,scrisse Keynes in Le conseguenze economiche della pace. Nella loro angoscia possono seppellire un’intera civiltà.

Era la fine della Grande Guerra e per Keynes quel passaggio segnava la fine di un’epoca e di un ordine sociale oramai in declino. La guerra aveva “scosso al tal punto il sistema da mettere in pericolo la vita dell’Europa” (Keynes 1920, p. 701), scriveva Keynes nel suo famoso saggio.

Nel Trattato di Versailles, le potenze vittoriose e le loro classi dominanti si apprestavano a delineare per il mondo un ordine che continuava a poggiare su fondamenta superate, instabili ed anacronistiche.

Per Keynes, infatti, quel modello economico e finanziario non poteva durare a lungo perché era basato su uno sviluppo fatto di debiti e di risarcimenti tra nazioni che sarebbe stato una fonte costante di instabilità internazionale. Keynes aveva visto giusto. Le conseguenze di quel trattato portarono l’economia mondiale nella Grande Depressione degli anni ’30 e contribuì direttamente all’ascesa dei fascismi nel mondo.

Oggi, per fortuna, non dobbiamo fare i conti con le tragiche devastazioni di una guerra di quella portata storica e tragica. Ma le conseguenze del letargo sociale nel quale stiamo progressivamente sprofondando a causa di questo invisibile nemico, la pandemia da coronavirus, richiedono senza dubbio un impegno immediato che sia fuori dell’ordinario. Continue reading

I signori delle post-metropoli

Come la governance si fa militare e non può più dirsi capitalista.     di M. Minetti

Le metropoli e l’Urbe.

Per immaginare le città del futuro forse Roma potrebbe non sembrare un punto di osservazione privilegiato. La stratificazione sociale sedimentata durante lo stato pontificio, la condizione di capitale del regno sabaudo, le aspirazioni imperiali del fascismo e il massiccio inurbamento dell’ultimo dopoguerra, ci consegna una città in cui la separazione fra patrizi e plebei è ancora ben definita, poco scalfita dalla individuazione capitalista.

Roma è stata la prima metropoli della storia. Multietnica e centro di servizi, piuttosto che della produzione, già due millenni orsono. Forse per questa ragione la crisi del modello di produzione fordista l’ha toccata senza stravolgerla. Se andiamo ad elencare le caratteristiche che con ogni probabilità avranno le post-metropoli del futuro, è possibile che la nostra Città Eterna non si discosti poi molto dalle linee di sviluppo che caratterizzano altre città meno periferiche dell’Impero contemporaneo. Non uso a caso questa metafora dell’Impero (Hardt – Negri 2001, Kahnna 2009), in quanto mi risulta la più attinente, anche se ovviamente insufficiente per descrivere il governo sovranazionale dell’universalismo culturale, militare, tecnologico, linguistico, economico, frutto della globalizzazione. Continue reading

Accelerare in retromarcia: la città-azienda dei neoreazionari

di F. Sganga

Piccolo disclaimer: tutte le traduzioni dagli originali sono state fatte da me in modo decisamente artigianale. Leggo l’inglese ma non sono un traduttore e per alcuni termini mi sono servito dei vari dizionari online. Per un’idea il più possibile precisa del contenuto dei testi invito il lettore a seguire i link.

Nel mio stato neocameralista ideale non vi è libertà politica perché non vi è politica. Forse il governo avrà una scatola dei commenti in cui si potrà lasciare la propria opinione. Forse farà dei sondaggi di opinione e perfino delle votazioni. Ma non ci sarà organizzazione e nessuna ragione per organizzarsi perché nessuna coalizione dei residenti potrà influenzare la politica governativa tramite coercizione”

(Mencious Moldburg, Against political freedom)

Il meta-neocameralismo non decide che il governo dovrebbe diventare un’azienda. Riconosce che il governo è diventato un’azienda. Comunque, diversamente dalle aziende private che dissipano l’entropia tramite bancarotte e ristrutturazioni, i governi sono regolarmente le aziende peggio gestite nelle rispettive società, funzionalmente paralizzati da modelli organizzativi difettosi e strutturalmente disonesti, esemplificati perfettamente dal principio democratico: il governo è un’azienda che deve essere guidata dai suoi clienti.”

(Nick Land, Meta-neocameralism)

Nel variegato universo dell’accelerazionismo, ben descritto nell’agile volume di Tiziano Cancelli, non mancano riferimenti al tema della città. Fin dai tempi della theory-fiction del CCRU, infatti, le descrizioni della metropoli dei romanzi di Dick o Gibson e di film come Metropolis, Terminator o Blade Runner erano parte integrante di un immaginario che proclamava il superamento della modernità passando attraverso: tecnologie futuribili, ibridi uomo-macchina, intersezioni fra spazio fisico e virtuale. Non è un caso che una delle principali case editrici nate da quel milieu si chiami Urbanomic. Continue reading

L’assenza di costrizioni naturali: l’umanità di fronte alla nuova grande contraddizione

di M. Parretti

Introduzione

Quando gli ominidi assunsero una posizione eretta stabile ed usarono gli arti superiori, ormai liberati dall’attività di deambulazione, per sostenere e proteggere i cuccioli, provocarono un paradosso nella selezione naturale, che favorì la sopravvivenza dei soggetti con uno sviluppo più lento, rispetto ai soggetto con sviluppo precoce.

Infatti, “paradossalmente”, cominciò a sopravvivere più facilmente il cucciolo dallo sviluppo più ritardato perché, restando più a lungo con i genitori, era comunque protetto ed apprendeva non solo dall’apparato istintuale e sensoriale, trasmesso geneticamente, ma anche dalla esplicita “trasmissione intergenerazionale dell’esperienza e dei comportamenti”.

La selezione naturale in un ambiente sociale determinò la sostituzione degli istinti con le pulsioni, la formazione dei meccanismi psichici del pensiero inconscio e della struttura cognitiva. Continue reading

Se le macchine di Marx siamo noi

Siamo alla fine del capitalismo o ad una sua ennesima trasformazione?

di V. Pellegrino

Questo numero di Rizoma è dedicato alle città in quanto luoghi privilegiati di sperimentazione e accoglimento delle trasformazioni, dei cambiamenti, delle rivoluzioni tecnologiche, sociali e politiche. Ancora una volta, come nei vari processi di inurbamento succedutisi nella storia dell’umanità, sono le città l’epicentro e l’incubatoio dei grandi cambiamenti che le nuove tecnologie rendono possibili, con la nascita di nuovi comportamenti, stili di vita, relazioni sociali. Continue reading

Rizomatica 0202-2020

Infosfera, 02/02/2020

Per questa prima uscita sul blog rizomatica abbiamo scelto di riflettere sul concetto di rizoma e sulle implicazioni, in senso molto ampio, che apre questo dispositivo.
I contributi si vanno a configurare come linee di sviluppo piuttosto autonome sui temi della trasformazione sociale e delle relazioni politiche presenti e future.

 

Qui di seguito il link da cui scaricare il documento completo in PDF.

 

https://rizomatica.org/rizomatica02022020.pdf

Indice:

 
La copertina è di diorama
https://mastodon.bida.im/@diorama
La copertina #0 si basa su una foto di serigrafia all’OFFDEM 2019:
https://ps.zoethical.org/c/cooperation/offdem/
Programmi usati: Photomosh, GIMP, Inkscape su sistema GNU/Linux.

Gli stessi articoli saranno pubblicati sul blog in date consecutive e rilanciati sul fediverso dall’apposito robottino @rizomatica
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rizoma (at) tuta (dot) io

Il neuropotere macchinico. Stiegler contro la data-economy

Anticipazione di un’intervista realizzata da S. Simoncini

Bernard Stiegler è probabilmente il filosofo contemporaneo che ha spinto più a fondo la riflessione sul rapporto sempre più complesso e controverso tra tecnologie, individuo e organizzazione sociale, a partire da un ripensamento radicale della tradizione filosofica occidentale da Platone a Deleuze, passando per Kant e Marx. La sua idea è che non esista una essenza dell’umano che trascenda il rapporto con la tecnica, in quanto questa fin dall’alba dell’umanità costituisce un fattore originario di individuazione psichica e collettiva. Per questo motivo le recenti accelerazioni tecnologiche sono da interpretare come fattori di mutamenti strutturali dal punto di vista psico-cognitivo, sociale e politico, di cui Stiegler sta tentando di ricostruire una fenomenologia. La sua visione sulle forme attuali del rapporto uomo-macchina è profondamente negativa, incentrata sulla visione di un accentramento senza precedenti di “neuropotere” macchinico, ma non è deterministica. Sta all’uomo, e soprattutto al politico, riprogrammare le valenze possibili, cognitive e sociali, di questo rapporto. La domanda che resta in sospeso è: quale soggetto politico, e con quale processualità?

Abbiamo conversato a lungo con Stiegler su questi temi decisivi e stiamo predisponendo il testo dell’intervista per pubblicarlo nel prossimo numero di “Rizomatica”. Pubblichiamo ora una piccola anticipazione sul senso del “neuropotere”.

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Questione di classe. Le classi sociali nella modernità liquida.

    

di M. Sgobio

Bauman sembra attribuire la “liquefazione” della società a un cambiamento nella mentalità dei capitalisti, mentre, nella sua analisi, la classe sociale di coloro che per vivere vendono la propria forza lavoro sembra sciogliersi. Però, se si cambia il punto di osservazione, si possono scorgere le radici materiali del cambio di mentalità che descrive. Da questa visuale, le gocce, i singoli individui, assumo nuovamente l’aspetto di un fiume: un corso d’acqua che potrebbe modellare la società in forme del tutto nuove.

Negli ultimi quarant’anni diverse teorie hanno cercato di descrivere la società contemporanea e i fenomeni che l’hanno modellata, dando vita a interpretazioni che, anche se accolte in modo critico, lasciano la consapevolezza di un mutamento, a volte radicale, rispetto al recente passato.

Un nuovo inizio

Nell’esperienza della società attuale, scrive Krishan Kumar, vi è qualcosa “che insistentemente suscita non solo «il presentimento di una fine» ma anche quello di nuovi inizi”i.

Siamo nel 1995, e l’autore traccia una rassegna critica di quelle che chiama “le nuove teorie del mondo contemporaneo”. Teorie accomunate, anche quando divergono, dal prefisso post, che antepongono, di volta in volta, ad aggettivi come industriale, fordista o moderna, riferiti alla società che descrivono.

Tutte le tesi illustrate indicano un mutamento strutturale, un “funzionamento” della società diverso rispetto al passato, ma, allo stesso tempo, a tutte non riesce una descrizione in positivo del mondo contemporaneo, basata su elementi che lo caratterizzano.

Tutte descrivono una società “indefinita”, venuta dopo un’altra che, al contrario, era perfettamente definibile.

Kumar si sofferma soprattutto sulla teoria della post-modernità, che considera “la più ampia e stimolante”, in grado di sovrapporsi alle altre, spesso includendole, seppur in modo criticoii.

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Dovremmo fare Rizoma (Inc.)

di M. Binotto

Pubblicato in origine l’8 Aprile del 2002 su Rekombinant.org (ora chiuso).

Il movimento non può continuare ad essere attività del tempo libero. Il movimento non può continuare a finanziare il nemico. Serve una nuova interfaccia lavoro-consumo. Hate the corporation, become corporation.

Rizoma potrebbe non essere solo un concetto reticolare di D&G, né solo la forma biologica della radice della fragola. Rizome potrebbe essere il virus per invadere il mercato globale.

In un suo vecchio romanzo Isole nella Rete Bruce Sterling ipotizzava varie possibili vie di fuga dalla dittatura della Capitale Globale, della Babilonia multinazionale e multilaterale. Se vi è capitato di perdervi quel magnifico libro: una era quella delle isole della rete, spazi autonomi, illegali, nascosti. Utopie pirata. Unaltra era quella della Rizome incorporated. Una multinazionale. Una gigantesca impresa, globale ma reticolare, unitaria ma decentrata, etica ma redditizia. Il principio informatore era la “democrazia economica”, non vi erano lavori ma attività, capi ma soci, fratelli, non c’era gerarchia ma senso comunitario Continue reading

Nel 2020 e oltre, la battaglia per salvare la persona e la democrazia richiede una radicale revisione della tecnologia convenzionale

Aral Balkan

di Aral Balkan, trad. it a cura di diorama

1 gennaio 2020

Mentre entriamo in un nuovo decennio, l’umanità si trova ad affrontare diverse emergenze esistenziali:

  1. L’emergenza climatica [1]

  2. L’emergenza democrazia

  3. L’emergenza della persona [NdT: “personhood emergecy” nell’originale]

In gran parte grazie a Greta Thunberg, stiamo decisamente discutendo della prima. Ovvio, c’è molto da discutere sul se stiamo effettivamente facendo qualcosa a riguardo. [2]

Allo stesso modo, grazie all’ascesa dell’estrema destra in tutto il mondo sotto forma di (tra gli altri) Trump negli Stati Uniti, Johnson nel Regno Unito, Bolsonaro in Brasile, Orban in Ungheria ed Erdoğan in Turchia [NdT: e Salvini in Italia], stiamo parlando anche della seconda, compreso il ruolo della propaganda (le cosiddette “fake news”) e dei social media nel perpetuarlo.

Quello di cui sembriamo del tutto sprovveduti e incerti è il terzo, anche se tutti gli altri ne derivano e ne sono sintomi. È l’emergenza senza nome. Beh, almeno fin d’ora.

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