La costruzione del movimento dei Tech Worker

di B. Tarnoff  trad. it. di F. Sganga

Questo testo è una riduzione di un articolo pubblicato da Logic. La traduzione e l’adattamento molto amatoriali sono di Filo Sganga. Il testo originale può essere letto qui.

Il 1° novembre 2018, più di ventimila dipendenti e consulenti esterni di Google hanno lasciato i loro uffici. [1] Hanno scioperato in cinquanta città di tutto il mondo: nella Silicon Valley e a Sydney, a Dublino e a San Paolo. Erano furiosi per un articolo sul New York Times in cui si raccontava che Andy Rubin, creatore di Android, era stato protetto dalla direzione di Google e aveva ricevuto una buonuscita di 90 milioni di dollari nonostante le accuse di molestie sessuali che la direzione stessa aveva ritenuto attendibili. Sette giorni dopo la pubblicazione dell’articolo, hanno portato a termine una delle più grandi azioni sindacali internazionali nella storia contemporanea. Si sono riuniti nei parchi e nelle piazze, hanno cantato, marciato e condiviso storie. Stavano protestando non solo per l’insabbiamento del caso Rubin ma per quella che gli organizzatori chiamavano una “cultura tossica del lavoro” caratterizzata da molestie, discriminazione, razzismo e abusi di potere. Durante la giornata, i partecipanti hanno parlato la lingua del lavoro. Uno slogan popolare era “i diritti delle donne sono diritti dei lavoratori”. Molte persone portavano cartelli con lo stesso messaggio. A San Francisco, centinaia si sono riuniti presso l’Harry Bridges Plaza, che prende il nome del leggendario leader sindacale americano. Amr Gaber, uno degli organizzatori , ha parlato alla folla del significato di quel luogo: “Harry Bridges Plaza è un luogo davvero simbolico per questa azione… Harry Bridges ha contribuito a lanciare lo sciopero dei portuali di ottantatré giorni che è poi esploso nei quattro giorni di sciopero generale di San Francisco del 1934. Ciò ha portato i lavoratori neri e i lavoratori bianchi a lottare insieme, in solidarietà. Uno degli scioperi più efficaci nella storia americana”. In un comunicato stampa, gli organizzatori hanno anche evocato le lotte sindacali contemporanee. Affermavano che lo sciopero apparteneva a un “movimento in crescita” di “insegnanti, lavoratori dei fast food e di altri che stanno usando la forza del loro numero per creare un vero cambiamento”. Hanno sottolineato il potere della solidarietà, soprattutto tra i diversi tipi di lavoratori e nelle loro dichiarazioni pubbliche hanno evidenziato le disuguaglianze di trattamento fra impiegati assunti direttamente e consulenti esterni: “Se vogliamo un vero cambiamento”, hanno scritto, “dobbiamo agire insieme”.A prima vista questo linguaggio potrebbe sembrare sorprendente. L’industria tecnologica è stata a lungo ostile non solo all’organizzazione dei lavoratori, ma anche all’idea stessa di lavoratore. I dipendenti delle principali aziende come Google si sono tradizionalmente considerati professionisti, creativi o imprenditori anziché lavoratori: un’identità sostenuta da un mix di fattori, che vanno dagli stipendi relativamente alti agli assunti neoliberisti dell’ideologia californiana. Eppure quegli stessi dipendenti usavano ora la tattica più antica del movimento operaio, rifiutando collettivamente di prestare il loro lavoro per spingere la direzione ad accettare le loro richieste. [2] Un movimento di lavoratori tecnologici sta prendendo forma. Questo movimento è uno sviluppo immensamente significativo per la sinistra. Il settore tecnologico è il gioiello della corona del capitalismo americano. Le prime cinque società quotate in borsa al mondo per capitalizzazione di mercato sono società tecnologiche americane e sono molto redditizie: l’economista Michael Roberts osserva che dal 2010 la crescita dei profitti si è arrestata ovunque tranne che negli Stati Uniti, grazie agli enormi guadagni dei giganti della tecnologia. La tecnologia è un’oasi di redditività in un’epoca di stagnazione. Ma la centralità del settore tecnologico non è l’unico motivo per prestare molta attenzione al nuovo movimento dei lavoratori tech. Esso offre anche abbondante materiale per riflettere su una difficoltà fondamentale del pensiero marxista: la classe. Come nota Cinzia Arruzza, il concetto di classe è un paradosso per i marxisti. Da un lato, l’analisi di classe e la lotta di classe sono categorie marxiste centrali. Eppure, come scrive Arruzza, “che cosa sia esattamente una classe è forse la questione più controversa e ambigua” nella tradizione marxista. Soprattutto se si considera la posizione di classe di coloro che cadono al di fuori della divisione binaria fra proletariato e borghesia. Marx predisse che il capitalismo avrebbe semplificato la sua struttura di classe man mano che si sviluppava, invece è successo il contrario. Le società capitaliste avanzate hanno generato strutture di classe più eterogenee, con un numero crescente di persone occupate in lavori impiegatizi, tecnici, di supervisione o come professionisti che non sono né borghesi né proletari.Il socialismo è un progetto della classe operaia, ma i socialisti non hanno mai avuto il lusso di organizzarsi in società che sono nettamente divise in una classe operaia e una classe capitalista. Ci sono sempre altre classi. La questione è se e come possono essere portate in un blocco socialista, come nuovi partner di un movimento di lavoratori. I membri degli strati intermedi abitano ciò che Erik Olin Wright chiamava “luoghi di classe contraddittori”. La loro condizione di classe è una combinazione di elementi borghesi e proletari, il che significa che sono trascinati in due direzioni. Possono concentrarsi sulla loro parte borghese e identificarsi con la classe capitalista; oppure possono concentrarsi sulla loro parte proletaria e stringere alleanze con la classe operaia.Il movimento dei lavoratori della tecnologia offre un’affascinante illustrazione di quest’ultimo fenomeno. Coinvolge molti membri degli strati intermedi che arrivano a vedersi come lavoratori. Questa nuova identità, a sua volta, ha consentito a quegli individui di agire collettivamente come lavoratori: di usare la loro influenza negli spazi in cui si ricava profitto al fine di richiedere un maggiore controllo sul proprio lavoro e sui luoghi in cui si svolge. Maneggiano le armi della lotta di classe mentre ne parlano la lingua. Soprattutto, stanno costruendo rapporti di solidarietà con i loro colleghi della classe operaia nell’industria tecnologica e coordinando gli sforzi per portare avanti insieme le campagne. Questo processo è costellato di contraddizioni, ovviamente, e soffre di inevitabili limiti. Tuttavia, l’importanza della retorica di classe e dell’accostarsi all’azione collettiva sono innegabili. Sul New York Times, Noam Scheiber ha osservato che “l’aspetto più straordinario” dello sciopero di Google “è stato il modo in cui gli organizzatori hanno identificato la loro azione con una più ampia lotta dei lavoratori, usando un linguaggio quasi mai sentito tra i benestanti impiegati tecnologici”.

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Chiunque provi a raccontare la storia del movimento dei lavoratori tecnologici potrebbe avere il problema di sapere da dove iniziare. È utile un po’ di tassonomia. Generalmente le lotte dei lavoratori tecnologici rientrano in tre categorie. La prima riguarda quelle che potrebbero essere considerate questioni basilari: salario, benefit e condizioni di lavoro. La seconda è incentrata sulla richiesta di luoghi di lavoro sicuri, liberi da sessismo, razzismo e altri tipi di oppressione: lo sciopero di Google è un buon esempio. La terza è motivata dalle preoccupazioni per i danni alla società inflitti da particolari prodotti, contratti o tecnologie. A rischio di diventare troppo schematici, potremmo anche classificare i lavoratori che prendono parte a queste lotte in tre categorie. La prima sono i lavoratori dei servizi subappaltati: coloro che offrono manodopera per un’azienda tecnologica senza essere impiegati direttamente da quella società. Include guardie di sicurezza, custodi, cuochi e altro personale di supporto, in gran parte concentrati nei grandi campus della Silicon Valley. [3] La seconda categoria è quella degli impiegati in subappalto. Hanno lo stesso status lavorativo dei custodi ma si siedono a una scrivania e spostano simboli sullo schermo. Fanno diversi tipi di lavoro: moderazione dei contenuti ed etichettatura dei dati nei livelli inferiore, progettazione di prodotti e sviluppo del software in quelli superiori.Infine, gli impiegati a tempo pieno assunti direttamente da un’azienda tecnologica. Ricoprono una serie di ruoli, dalle comunicazioni alle vendite alle risorse umane. Nel settore tecnologico gli impieghi tecnici come lo sviluppo del software sono spesso considerati i più essenziali per l’azienda e tecnici tendono perciò a essere il tipo di impiegato a tempo pieno meglio pagato e più numeroso. [4] Queste tre categorie compongono una gerarchia. I lavoratori dei servizi subappaltati occupano il gradino più basso e più inequivocabilmente proletario. Non a caso è qui che è iniziato il movimento dei lavoratori tecnologici.

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Fin dagli inizi l’industria tecnologica è stata profondamente antisindacale. Robert Noyce, fra i fondatori di Intel e figura chiave nella creazione della Silicon Valley, ha dichiarato nel 1963 che “rimanere non sindacalizzati è essenziale per la sopravvivenza della maggior parte delle nostre aziende”, sottolineando la necessità di “mantenere la flessibilità” ed evitare “divisioni profonde tra lavoratori e management”. Nel corso degli anni i dirigenti hanno perseguito questi obiettivi mettendo in atto una serie di tecniche manageriali progettate per minimizzare la gerarchia e promuovere l’unità. Forse la più rilevante è l’adozione di una struttura interna più orizzontale, organizzata attorno a “gruppi di lavoro” semi-autonomi; un’altra è l‘utilizzo di concetti come “missione” e “cultura” aziendale per incoraggiare un forte senso di identificazione emotiva tra dipendente e azienda. Negli anni ’90, tuttavia, il lavoro organizzato iniziò a fare reali progressi nella Silicon Valley adottando metodi diversi e più dirompenti: il Service Employees International Union (SEIU), nell’ambito della campagna Justice for Janitors, prese di mira le aziende in cui lavoravano i custodi in subappalto anziché i loro datori di lavoro diretti. Un grande riconoscimento di questa strategia arrivò nel 1992 quando, dopo una lotta lunga un anno e mezzo che vide i membri della SEIU protestare contro le assemblee degli azionisti Apple, boicottarne i prodotti e persino condurre uno sciopero della fame fuori dagli uffici dell’azienda, più di 130 addetti alle pulizie di un subappaltatore Apple firmarono il loro primo contratto sindacale, entrando a far parte della sezione SEIU 1877. [5] Il fattore chiave del boom sindacale negli anni Dieci – dal 2014 al 2017, cinquemila lavoratori dei servizi in subappalto nella Silicon Valley si sono sindacalizzati – è stata la crescente difficoltà a sostenere il costo della vita nella Bay Area. [6] I lavoratori dei servizi in subappalto guadagnano salari molto bassi nonostante siano impiegati in uno dei settori più redditizi del mondo e vivano in una delle regioni più costose del paese. Con la sindacalizzazione, i lavoratori dei servizi subappaltati si sono assicurati un certo miglioramento, ottenendo salari più alti e benefit come l’assistenza sanitaria a prezzi accessibili. E hanno anche lasciato un’impressione duratura su molti impiegati a tempo pieno. Nonostante i tentativi del management di dividere la forza lavoro, le guardie di sicurezza e gli ingegneri del software occupano gli stessi posti di lavoro fisici. Ciò crea opportunità di interazione, scambio e solidarietà. Tech Workers Coalition (TWC), un’organizzazione chiave all’interno del movimento dei lavoratori tecnologici, ha dato priorità alla creazione di relazioni tra diversi tipi di lavoratori tecnologici sin dalla sua fondazione nel 2014. [7] Le azioni di solidarietà con i lavoratori dei servizi (per esempio la lotta per la sindacalizzazione della mensa di Facebook) hanno avuto un profondo effetto sui tech worker a tempo pieno [8], come spiega uno di loro: “Ho letto [il venture capitalist] Paul Graham e altri pensatori della Silicon Valley che si scagliano contro i sindacati. La campagna dei lavoratori della mensa mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che un sindacato è solo un gruppo di lavoratori che fanno rivendicazioni insieme. L’organizzazione non era più una cosa astratta di cui avevo letto sui giornali”. Ma l’esito più radicale di questo incontro è stato anche il più immediato: l’idea che anche gli impiegati a tempo pieno dell’industria tecnologica sono lavoratori. Non professionisti, creativi o imprenditori, ma lavoratori. Il miglior resoconto di questo fenomeno appartiene a Stephanie Parker, una degli organizzatori di sciopero di Google, che ha dichiarato a Nitasha Tiku di Wired nel 2018: “Vedere i lavoratori della mensa e le guardie di sicurezza delle aziende della Silicon Valley pretendere rispetto e accesso ai benefit è stata un’esperienza profondamente stimolante per me e molti altri lavoratori tecnologici lo scorso anno. Mi ha aiutato a vedere le similitudini tra le lotte di questi lavoratori dei servizi e la mia esperienza di donna nera nel campo della tecnologia”. Parker sta descrivendo una dinamica di fondamentale importanza per il movimento dei tech worker. L’osservazione dei lavoratori tecnologici proletari impegnati nella lotta di classe ha fatto sì che un certo numero di lavoratori tecnologici negli strati intermedi acquisisse una diversa comprensione della propria posizione di classe. In particolare, ha messo in rilievo gli elementi proletari della loro esperienza, elementi che erano sempre stati presenti in virtù della loro contraddittoria posizione di classe ma la cui rilevanza era stata in gran parte soppressa. Questi elementi assumono una serie di forme, ma tra i più significativi ci sono quelli radicati nella razza e nel genere. Per prendere in prestito una formulazione da Stuart Hall, razza e genere sono modalità attraverso le quali si vive la classe.Questo può aiutare a spiegare perché la maggior parte dei leader del movimento sono donne e persone di colore. Per Parker, arrivare all’analisi di classe non era effetto di una prospettiva di classe “universale” che spostava la sua identità “particolare” di donna nera. Invece, è arrivata all’analisi di classe attraverso la sua identità: essendo una donna nera nel settore tecnologico è stata in grado di identificarsi meglio con le lotte sindacali dei lavoratori dei servizi subappaltati, la maggior parte dei quali sono neri e latini.

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Il movimento dei lavoratori della tecnologia è difficile da immaginare senza l’arrivo di Trump alla Casa Bianca. C’erano state delle avvisaglie, ovviamente, ma il 2016 ha segnato una svolta. Ha messo in moto nuove dinamiche e ha accelerato quelle esistenti.La vittoria di Trump ha scioccato la Silicon Valley. I leader del settore tecnologico hanno storicamente mantenuto uno stretto rapporto con il Partito Democratico. Dopo le elezioni, tuttavia, l’approccio dei vertici dell’industria è cambiato bruscamente. I maggiori esponenti dell’industria tech, si è scoperto, erano felici di costruire ponti con il costruttore di muri. Il 14 dicembre 2016, un certo numero di dirigenti si è unito al presidente eletto alla Trump Tower per un cosiddetto “vertice tecnologico”. Le foto della stampa hanno mostrato Trump circondato da Tim Cook, Larry Page, Jeff Bezos e Sheryl Sandberg. Per molti dipendenti di queste compagnie, vedere i loro capi adattarsi così rapidamente al presidente eletto dopo averlo condannato durante la campagna è stato motivo di disincanto. Il voltafaccia ha creato un nuovo senso di distanza, suggerendo che i loro interessi e valori non erano così strettamente allineati. Le dinamiche visibili al Tech Summit hanno inoltre incoraggiato il riconoscimento delle conseguenze potenzialmente dannose delle tecnologie che l’industria stava costruendo o potrebbe costruire, e la consapevolezza che i dirigenti avevano pochi incentivi a mitigare tali conseguenze. Durante la campagna elettorale, Trump aveva promesso di costruire un registro di tutti i musulmani negli Stati Uniti e di accelerare le deportazioni delle persone prive di documenti. L’improvvisa vicinanza tra i leader dell’industria tecnologica e Trump ha suggerito che i primi sarebbero stati disposti a fornire il software per aiutarlo a mettere in atto questo programma. [9]La risposta è stata un’ondata di attivismo senza precedenti fra gli impiegati tech. Un nuovo gruppo chiamato Tech Solidarity ha iniziato a incontrarsi regolarmente, prima a San Francisco e poi in altre città. Il primo incontro ha prodotto l’impegno Never Again, una dichiarazione pubblica, sottoscritta da 1300 firmatari nelle prime 48 ore, in cui si rifiutava di costruire un database che identificasse le persone per razza, religione o origine nazionale. Never Again ha anticipato e ispirato elementi chiave del movimento dei lavoratori tecnologici. Ha preso la forma di una lettera aperta, un genere spesso utilizzato anche nelle campagne successive. Il suo testo articolava anche alcune idee che avrebbero guidato molte azioni future, vale a dire il riconoscimento che la tecnologia può danneggiare gli esseri umani e che i dipendenti delle aziende tecnologiche hanno sia la capacità che la responsabilità di fermare tali abusi. [10] Il titolo rifletteva un forte senso di urgenza morale: “mai più” si riferisce al ruolo di IBM nel fornire ai nazisti le macchine a schede perforate che semplificarono la gestione dell’Olocausto. [11] Ma come, precisamente, i firmatari intendevano mantenere la loro promessa di non essere “mai più” complici di tali atrocità? Su questo, l’impegno di Never Again era meno chiaro. Presentava una serie di possibili approcci, dalla distruzione dei set di dati alla denuncia di irregolarità, alle dimissioni. Tech Solidarity si concentrava soprattutto sulla raccolta di donazioni e lavoro volontario in favore di organizzazioni non profit che lavoravano contro l’agenda Trump. Questa ampia gamma di tattiche individua il problema del periodo immediatamente successivo alle elezioni. Un gran numero di impiegati tech voleva agire, ma capire come rimaneva una questione aperta.Forse il percorso più chiaro e peculiare è venuto da TWC. L’organizzazione aveva soprattutto due vantaggi. Innanzitutto, esisteva dal 2014, il che significava che i suoi organizzatori erano più esperti di quasi tutti gli altri. La più grande risorsa del gruppo, tuttavia, era la sua particolare enfasi sul lavoro e sulla classe.Questa prospettiva ha offerto due cose ai lavoratori tecnologici dai colletti bianchi. In primo luogo, ha aiutato a dare un senso alla distanza dai loro capi percepita dopo l’abbraccio di questi ultimi alla nuova amministrazione. Il momento post-elettorale sembrava confermare i fondamenti dell’analisi di classe di TWC: l’industria tecnologica, come ogni industria, era divisa in lavoratori e capi. Gli ingegneri del software, i progettisti di prodotti e altri godevano di condizioni migliori della maggior parte dei lavoratori, ma erano comunque lavoratori esclusi dal processo decisionale reale, vale a dire le decisioni di investimento e produzione come quella di costruire software per l’amministrazione Trump. Il secondo aspetto fornito dalla prospettiva TWC era un metodo per il cambiamento: nella misura in cui i lavoratori della tecnologia erano lavoratori, potevano esercitare un potere sulla direzione aziendale nello stesso modo in cui lo facevano i lavoratori di altri settori: attraverso l’azione collettiva.Fondata originariamente da un sindacalista e da un ingegnere del software, TWC ha sempre avuto stretti legami con il lavoro organizzato. Ma è stato dopo le elezioni che la dimensione delle riunioni di TWC ha iniziato a crescere grazie a un afflusso di impiegati tech anti-Trump alla ricerca di uno sbocco organizzativo. Il 18 gennaio 2017 TWC ha organizzato una protesta davanti alla sede di Palo Alto di Palantir, una società di analisi dei dati co-fondata da Peter Thiel, il cui software stava già aiutando l’ICE a condurre raid e deportazioni. Circa settanta persone si sono unite all’azione, inclusi dipendenti di Facebook, Google, Intel, Cisco e Stripe. Anche se tali manifestazioni sarebbero diventate comuni, lo spettacolo degli impiegati del settore che protestavano contro un’azienda tecnologica era ancora una novità all’inizio del 2017, un fatto che ha aiutato il raduno a ottenere una copertura mediatica significativa. “La Silicon Valley non è estranea alle proteste contro le aziende tecnologiche”, ha scritto Sarah Buhr su TechCrunch. “Ma è insolito quando gli stessi lavoratori della tecnologia protestano contro la tecnologia.”Il 30 gennaio 2017 – quando più di duemila dipendenti di Google in otto uffici in tutto il mondo hanno partecipato a uno sciopero per dimostrare la loro opposizione al “Muslim Ban“, l’ordine esecutivo annunciato da Trump che vietava l’ingresso da sette paesi a maggioranza musulmana – tra gli oratori c’era un custode del SEIU-USWW, per ricordare che gli immigrati erano ben rappresentati anche tra il personale di servizio in subappalto. In effetti, questo era “uno dei maggiori punti di intersezione” tra i due tipi di lavoratori, come mi ha detto il presidente della SEIU-USWW David Huerta all’inizio del 2017.Si è tentati di vedere lo sciopero di Google per il Muslim Ban come il primo grande esempio di impiegati a tempo pieno del settore tecnologico impegnati in azioni collettive. Tuttavia, diversi aspetti ne hanno attenuato l’impatto. In primo luogo, anche se l’idea dello sciopero è nata dai dipendenti, la direzione ha dichiarato il suo sostegno e si è poi mossa per controllarne la narrazione. Inoltre, i lavoratori di Google non facevano rivendicazioni alla direzione. Semmai, entrambe le parti erano allineate sulla questione. L’hashtag per lo sciopero, #GooglersUnite, ha reso la tonalità dell’iniziativa: l’azienda ha presentato un fronte in gran parte unito.Anche così, gli eventi di quel giorno indicavano chiaramente che qualcosa di significativo era cambiato. I contorni del movimento dei lavoratori tecnologici stavano cominciando a comparire, ci sarebbe voluto un altro anno per vederli chiaramente.

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Il 2018 è l’anno in cui il movimento dei tech worker ha preso velocità. L’epicentro del boom è stato Google, che per diverse ragioni era un terreno fertile per l’organizzazione. Il più significativo è stato una cultura aziendale che consentiva discussioni insolitamente aperte tra i dipendenti, anche quando contestavano direttamente le decisioni della direzione. Un altro motivo per cui Google è diventato il cuore pulsante dell’organizzazione è il fatto che i suoi dipendenti tendevano ad avere una visione più utopica, opportunamente riassunta dal vecchio slogan dell’azienda, “Don’t be evil”. I dipendenti si aspettavano che i dirigenti mettessero le considerazioni etiche al di sopra del profitto. Quando questa aspettativa non è stata soddisfatta, ha creato un senso di tradimento che ha alimentato un processo di radicalizzazione. Un simile processo è stato particolarmente evidente nell’organizzazione contro il Progetto Maven. Il progetto Maven, noto anche come Algorithmic Warfare Cross-Functional Team, è un’iniziativa del Pentagono per utilizzare l’apprendimento automatico o machine learning (ML) per analizzare i filmati dei droni. Nel settembre 2017 Google ha firmato un contratto per lavorare al progetto; la direzione ha cercato di mantenere riservato l’accordo, consapevole che qualsiasi notizia relativa all’uso del ML per scopi militari avrebbe causato controversie. Ma i dipendenti hanno saputo del progetto e, poiché le preoccupazioni sollevate attraverso i canali ufficiali non hanno avuto risposta, si sono rivolti ai forum interni dell’azienda per far crescere la consapevolezza. Nel febbraio 2018 una lettera aperta al CEO Sundhar Pichai chiedeva l’annullamento del contratto. Mentre raccoglievano le firme, i dipendenti anti-Maven si sono mobilitati su altri fronti: compilando ricerche relative a Maven, facendo domande mirate nelle riunioni aziendali, persino distribuendo meme anti-Maven. Dopo mesi di crescenti pressioni, la direzione ha ceduto: all’inizio di giugno 2018, Google ha annunciato che non rinnoverà il contratto.Come uno dei principali organizzatori anti-Maven mi ha detto poco dopo l’annullamento del contratto: “La campagna di Project Maven è la promessa di Never Again in azione. Prima della campagna, molti googler non avevano mai considerato il fatto che i loro valori potessero non essere allineati con quelli della direzione. Organizzarsi attorno a Project Maven ha aiutato le persone a rendersi conto che non importa quanto sia buono il loro lavoro. Sono sempre lavoratori, non proprietari… La struttura di ogni luogo di lavoro è la stessa. I lavoratori non hanno voce in capitolo”.In altre parole, i dipendenti di Google sono arrivati a percepire più chiaramente gli elementi proletari della loro posizione di classe contraddittoria scontrandosi con la direzione sul controllo del loro lavoro. Questo li ha aiutati a vedere sé stessi come lavoratori e, a loro volta, a vedere il potere che detenevano collettivamente come lavoratori – un’intuizione alla fine confermata dal successo della campagna.La mobilitazione anti-Maven dimostrava anche quale potrebbe essere concretamente l’azione collettiva degli impiegati a tempo pieno nel settore tecnologico. Tali lavoratori, soprattutto ingegneri del software e altri tecnici, avevano un potere considerevole sul mercato del lavoro. Erano costosi da assumere e costosi da addestrare e di solito potevano trovare un altro lavoro senza troppi problemi. Semplicemente rendendo nota la loro insoddisfazione, quindi, tali lavoratori potrebbero minacciare i profitti senza necessariamente impegnarsi in un’interruzione del lavoro. [12] Potrebbero sollevare lo spettro del malumore, un fenomeno molto temuto dai dirigenti delle migliori aziende tecnologiche. Nelle settimane successive al caso Maven i media riferirono di altre iniziative volte a chiedere l’annullamento di contratti i fornitura governativi fra i lavoratori di Microsoft, Amazon. Tutte queste campagne erano conosciute come #TechWontBuildIt, un’etichetta che è arrivata a comprendere più azioni man mano che lo slancio post-Maven si allargava. Nel frattempo, la mobilitazione all’interno di Google cresceva: nel novembre 2018, centinaia di lavoratori hanno firmato una lettera aperta chiedendo alla società di interrompere i lavori su Project Dragonfly, un motore di ricerca censurato per il mercato cinese.

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Nel 2018, il movimento dei lavoratori tecnologici ha messo le fondamenta. Nel 2019 ha ampliato la sua influenza. In particolare, un nuovo gruppo si è unito alla mischia: gli impiegati in subappalto. Lavoratori di questo tipo sono abbondanti nel settore tecnologico. Secondo l’agenzia di ricerca del personale OnContracting, il lavoro dei consulenti esterni rappresenta dal 40 al 50% della forza lavoro nella maggior parte delle aziende tecnologiche. In Google, la percentuale è particolarmente alta: nel marzo 2019, il New York Times ha riferito di aver ottenuto un documento interno che mostrava che Google impiegava 121.000 dipendenti temporanei, con contratti di fornitura o in appalto (TVC) e 102.000 dipendenti a tempo pieno. (A dicembre 2019, il numero di dipendenti a tempo pieno era salito a 118.899). I colletti blu, come i custodi, sono stati subappaltati sin dai primi passi del settore. Negli ultimi anni, tuttavia, le società tecnologiche si sono affidate anche a un numero crescente di subappaltatori di colletti bianchi. Nel complesso, gli impiegati in subappalto guadagnano una retribuzione inferiore, ricevono meno benefit e hanno condizioni di lavoro peggiori.Sebbene sacche di questi lavoratori abbiano agito in passato, non si sono mai organizzati con successo come i loro colleghi operai. [13] Alla fine del 2018, tuttavia, il vento ha cominciato a cambiare e ciò è avvenuto anche grazie alle coalizioni formate con i dipendenti a tempo pieno. Nel dicembre 2018, gli organizzatori di Google hanno pubblicato una lettera scritta da lavoratori subappaltati che chiedeva un trattamento migliore per la “forza lavoro ombra di Google”; la lettera sottolineava anche il ruolo del razzismo nella strutturazione delle divisioni di classe all’interno dell’azienda: i lavoratori subappaltati, sia operai che colletti bianchi, hanno molte più probabilità di essere persone di colore. [14] Se gli ingegneri del software avevano percepito gli elementi proletari della loro posizione di classe attraverso il loro lavoro di solidarietà con le guardie di sicurezza, ora percepivano qualcos’altro nel loro lavoro di solidarietà con i colletti bianchi subappaltati: la possibilità della loro stessa proletarizzazione. Anche chi occupa piedistalli privilegiati all’interno degli strati intermedi rischia sempre di cadere verso il basso; il capitale è straordinariamente creativo. Meredith Whittaker, una delle principali organizzatrici di Google, ha affermato quanto segue nella sua lettera di addio dopo che le ritorsioni della direzione l’hanno spinta fuori dall’azienda nell’estate 2019: “Google si sta muovendo in una direzione in cui presto tutti tranne i dirigenti saranno [lavoratori subappaltati]”. [15] Un’altra tendenza è la crescita dell’organizzazione interaziendale. Nel settembre 2019, gli impiegati a tempo pieno di Amazon hanno guidato la prima grande mobilitazione di questo tipo: uno sciopero che chiedeva di agire contro il riscaldamento globale. I lavoratori di Google, Facebook, Microsoft e Twitter si sono uniti a loro. Mai prima d’ora gli impiegati a tempo pieno della tecnologia avevano intrapreso un’azione a livello di settore. Conosciuta sui social media come #TechClimateStrike, la mobilitazione ha visto i lavoratori collaborare tra le aziende e coalizzarsi attorno a richieste comuni. La fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno portato anche uno sviluppo meno incoraggiante: una marea crescente di ritorsioni dall’alto. Licenziamenti, azioni antisindacali e smantellamento delle strutture interne usate per l’organizzazione si sono fortemente intensificate.

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È impossibile trarre conclusioni definitive su un movimento che è ancora in corso, tuttavia è possibile discernere l’andamento generale del suo percorso fino a ora.Un aspetto distintivo del movimento è il vedersi come una formazione relativamente coesa. Questo può sembrare strano, data la varietà delle questioni intorno a cui si è organizzato. Come si spiega il senso di vicinanza che gli organizzatori provano in queste distinte mobilitazioni? Un tema che figura in primo piano nelle dichiarazioni e nelle interviste è la richiesta di un maggiore controllo da parte dei lavoratori. Durante le mobilitazioni, i lavoratori hanno rivendicato un maggiore controllo sulle condizioni di lavoro, su come i luoghi di lavoro sono gestiti e organizzati e sul tipo di lavoro che svolgono. Un altro tema è la critica al profitto. Quando i lavoratori di Microsoft vogliono mettere “i bambini e le famiglie al di sopra dei profitti”, o i lavoratori di Amazon condannano l’ossessione per il valore per gli azionisti come “una corsa al ribasso”, stanno articolando la convinzione condivisa che la logica della massimizzazione del profitto può portare a costruire prodotti dannosi. Danni che non sono distribuiti in modo uniforme ma in modi che riflettono le disuguaglianze generate da razza, genere e altre forme di disuguaglianza sociale, inscritte anche nella stessa industria tecnologica. All’interno del luogo di lavoro tecnologico, come in qualsiasi luogo di lavoro, persone diverse sono dominate in modo diverso. Ma è solo riunendosi attorno a ciò che condividono in comune – la loro posizione di lavoratori – che possono comporre una forza abbastanza potente da combattere il sistema che li domina. L’identità e l’organizzazione di classe si ottengono così attraverso i rapporti di razza e genere, non a dispetto di essi.

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L’immagine che ho fornito è lungi dall’essere completa. Esclude importanti luoghi di organizzazione nel settore tecnologico, come il lavoro mediato dalle piattaforme o i magazzini Amazon. Inoltre, si concentra sugli impiegati a tempo pieno. Questo non perché siano più organizzati o più efficienti, ma perché la loro posizione di classe contraddittoria ne rende particolarmente interessante il percorso. Come osserva Adam Przeworski, “le classi non sono date in modo univoco da posizioni oggettive perché costituiscono effetti di lotte e queste lotte non sono determinate in modo univoco dai rapporti di produzione”. Le classi sono create e rifatte dalla lotta. E questa lotta non si svolge solo a livello economico, ma anche a livello politico e ideologico.Nei suoi primi lavori, Erik Olin Wright ha sostenuto che questi ultimi due livelli sono particolarmente significativi per coloro che abitano luoghi di classe contraddittori. Poiché i rapporti di produzione vissuti da tali individui sono contraddittori, l’economia esercita un effetto meno determinante sulla determinazione di classe. “In un certo senso è l’incertezza della determinazione di classe a livello economico che consente alle relazioni politiche e ideologiche di diventare determinanti effettive della posizione di classe”, scrisse Wright nel suo primo pezzo per la New Left Review nel 1976.L’esperienza degli impiegati a tempo pieno all’interno del movimento dei lavoratori tecnologici conferma in gran parte queste intuizioni e ne fornisce alcune proprie. Più in generale, ci permette di affinare la nostra comprensione di come la classe è composta negli strati intermedi e di come le contraddizioni che appartengono a quegli strati possono essere polarizzate in una direzione più proletaria. Wright aveva ragione a sottolineare il ruolo che la lotta politica e ideologica gioca tra coloro che occupano posizioni di classe contraddittorie. Ma l’economico rimane determinante in un senso fondamentale: è il terreno su cui si devono verificare le ipotesi che nascono dalle lotte agli altri livelli. Queste ipotesi devono essere credibili, in altre parole, e la loro credibilità deriva dall’aderenza alle realtà associate a particolari rapporti di produzione.Consideriamo i diversi tipi di lavoratori tecnologici. Non vi è alcuna garanzia che un addetto alle pulizie in subappalto di Google si consideri un lavoratore o qualsiasi altra cosa. Ma l’ipotesi che il custode sia un lavoratore incontrerà probabilmente ampie prove a livello economico. Che dire di un impiegato dell’assistenza clienti in subappalto? Qui il quadro diventa più contraddittorio, sebbene gli elementi proletari – precarietà, autonomia trascurabile, salari relativamente bassi e scarsi benefit che favoriscono una dipendenza radicale dal mercato – probabilmente predomineranno. Ancora una volta, l’ipotesi che siano lavoratori, come avanzata attraverso la lotta politica e ideologica, troverà un facile adattamento a livello economico. Quando arriviamo all’ingegnere del software a tempo pieno, tuttavia, arriviamo alla più contraddittoria delle tre categorie. I rapporti di produzione contengono aspetti sia borghesi che proletari, il che significa che ci sono prove per sostenere ipotesi concorrenti. Per questo gruppo, quindi, la lotta politica e ideologica ha una funzione interpretativa cruciale. Questo quadro teorico aiuta a chiarire come gli impiegati a tempo pieno nel settore tecnologico siano arrivati ad adottare l’identità di lavoratori.La mancanza di controllo sul proprio lavoro è sempre esistita. Ma ha cominciato a essere percepita in modo più acuto nel periodo post-elettorale perché i timori su un registro dei musulmani hanno alimentato un nuovo senso di urgenza morale sui potenziali danni causati dalla tecnologia. Quando i lavoratori hanno iniziato a cercare di ridurre questi danni rivendicando un maggiore controllo su ciò che le loro aziende stavano costruendo, hanno incontrato resistenza da parte della direzione e hanno scoperto di essere, per aspetti significativi, lavoratori. Hanno fatto questa scoperta anche attraverso le loro interazioni con altre categorie di lavoratori tecnologici. Le relazioni di razza e genere hanno funzionato come catalizzatori della formazione di classe. Quali lezioni potrebbero trarre i socialisti da tutto questo? Forse la più ovvia, e con rilevanza ben oltre la tecnologia, è che gli strati intermedi possono essere un buon terreno per l’organizzazione. Il loro carattere di classe intensamente contraddittorio significa che la disposizione esistente è sempre meno stabile di quanto sembri. Nuove ondate di lotta politica e ideologica possono accelerare nuovi processi di formazione di classe.Anche quando riescono, tuttavia, le loro vittorie possono essere facilmente annullate, poiché poggiano su un fondamento così contraddittorio. La militanza di un ingegnere del software è una cosa fragile. Ecco perché l’organizzazione tra gli strati intermedi deve sempre orientarsi verso la leadership proletaria: costruire rapporti con questi lavoratori ed entrare in coalizioni sotto il loro controllo. Il movimento dei lavoratori tecnologici diventerà una forza sociale veramente trasformativa nella misura in cui prenderà la sua direzione dalla guardia di sicurezza di Google, dall’autista di Uber, dal magazziniere di Amazon. Il socialismo ha bisogno di amici nel mezzo, ma deve essere guidato dal basso.

Note

[1] Dopo una ristrutturazione aziendale nel 2015, la società madre di Google si chiama Alphabet e Google è tecnicamente una sussidiaria.
[2] Le cinque richieste dello sciopero di Google erano 1) “la fine dell’arbitrato obbligatorio nei casi di molestie e discriminazione”, 2) “un impegno a porre fine alle iniquità nella retribuzione nelle opportunità”, 3) “una relazione pubblica sulle molestie sessuali” 4)” una procedura chiara, uniforme e globalmente inclusiva per segnalazioni sicure e anonime di comportamenti sessuali scorretti “, 5)” l’impegno a prevedere che il Chief Diversity Officer risponda direttamente al CEO e formuli raccomandazioni direttamente al Consiglio di amministrazione “, e a “nominare un rappresentante dei dipendenti nel consiglio di amministrazione”. All’indomani dello sciopero, la direzione di Google ha accettato di porre fine all’arbitrato obbligatorio in caso di molestie o aggressioni sessuali. Sotto ulteriore pressione dei dipendenti, la direzione ha successivamente escluso l’arbitrato obbligatorio in tutte le controversie dei dipendenti.
[3] Questo schema esclude due importanti categorie di lavoratori tecnologici che stanno intraprendendo azioni collettive: i magazzinieri di Amazon e i gig worker. Le mobilitazioni di questi lavoratori sono centrali per il movimento dei lavoratori tecnologici. Tuttavia, non ne discuto in questo articolo.
[4] Sebbene le società tecnologiche in genere non rilascino analisi dettagliate, Microsoft ha rivelato a dicembre 2019 che il 41,2% del proprio organico è dedicato all'”ingegneria”, di gran lunga la categoria più grande.
[5] Il 1992 ha visto anche scioperare un gruppo di addetti alla produzione all’interno della Silicon Valley. Circa cinquantacinque lavoratrici, per lo più donne latine, hanno scioperato contro Versatronex, un produttore di circuiti stampati. Tuttavia, non si sono mai formalmente sindacalizzati.
[6] Gli affitti nella Bay Area sono saliti alle stelle negli ultimi decenni con la crescita dell’industria tecnologica, la stessa crescita che ha notevolmente aumentato la domanda di lavoratori dei servizi in subappalto negli uffici tecnologici. Dal 1990 al 2014, l’occupazione presso le società appaltatrici di servizi di ristorazione nelle contee di Santa Clara e San Mateo è cresciuta del 246%, rispetto al solo 18% in tutta l’industria privata.
[7] Disclaimer: sebbene TWC non abbia membri formali, sono stato coinvolto nell’organizzazione dal 2016.
[8] Nel luglio 2017, oltre 500 addetti ai servizi di ristorazione di Facebook hanno votato per unirsi al sindacato UNITE HERE.
[9] In alcuni casi, lo erano già. Anche se il “registro dei musulmani” non si è mai concretizzato le aziende tecnologiche stavano già facilitando le deportazioni di massa sotto Obama, che ha deportato circa 3 milioni di persone, un record. Il Tech Summit è stato mediato da Peter Thiel, co-fondatore della società di analisi dei dati Palantir. Già nel 2014, Palantir ha iniziato a costruire un sistema di documenti digitali chiamato ICM for Immigration and Customs Enforcement (ICE), uno strumento che aiuta l’agenzia a individuare le persone prive di documenti per l’espulsione. ICM viene eseguito sul servizio cloud di Amazon, Amazon Web Services (AWS). Al momento del Tech Summit, AWS ha ospitato anche altri software relativi all’immigrazione per il Dipartimento agli Interni, che sovrintende a ICE.
[10] Le azioni motivate dalle preoccupazioni per i danni causati dalle tecnologie non erano del tutto inedite. Nel 2011, un certo numero di dipendenti di Google ha spinto la direzione ad abbandonare una politica che imponeva agli utenti di Google Plus di utilizzare i loro veri nomi, sostenendo che ciò avrebbe messo in pericolo alcuni di loro.
[11] Questa storia rende ancora più agghiacciante il fatto che, pochi giorni dopo le elezioni, il CEO di IBM Ginni Rometty abbia scritto una lettera di congratulazioni al presidente eletto offrendo personalmente i servizi della sua azienda alla sua amministrazione.
[12] Anche quando i lavoratori si sono impegnati in un’interruzione del lavoro, come con il successivo sciopero di Google, si trattava più di registrare il malcontento che di interrompere la produzione, poiché le interruzioni non sono durate abbastanza a lungo da causare un danno apprezzabile.
[13] Nel 1992, migliaia di “permatemps” di Microsoft hanno intentato una causa accusando la società di classificarli erroneamente, ottenendo un importante accordo otto anni dopo. I lavoratori temporanei di Microsoft hanno anche formato due organizzazioni, WashTech e Temporary Workers of America, di cui si discute più a lungo in una nota precedente.
[14] In un rapporto del 2016, Working Partnerships USA ha stimato che i lavoratori neri o Latinx rappresentassero il 10% della forza lavoro diretta della Silicon Valley, ma il 26% della forza lavoro fra i colletti bianchi e il 58% fra i colletti blu.
[15] Nell’aprile 2019, Meredith Whittaker e Claire Stapleton, due dei principali organizzatori dello sciopero del novembre 2018 a Google, hanno pubblicato una lettera a una mailing list interna che descrive i casi di ritorsione da parte della direzione. Stapleton ha lasciato l’azienda a giugno 2019, seguita da Whittaker a luglio.