Tecnopolitica per il comune

Red-Stack vs. Automa capitalistico

img by IA dominio pubblico

di V. Pellegrino

  <Di certo cè che stiamo entrando in delle società
 di controllo che non sono più esattamente
 disciplinari, [...] che non funzionano più sul
 principio dinternamento, bensì su quello del
 controllo continuo e della comunicazione istantanea.[...] 
In un regime di controllo non la si fa finita mai con nulla.>

 Gilles Deleuze

In precedenti interventi, ho tentato di elaborare un’analisi “all’altezza dei tempi” del frangente storico che stiamo attraversando. Ciò sotto diverse prospettive: quella della crisi della rappresentanza e delle forme della Politica in genere, intesa questa sia in termini di attività istituzionale che di azione di movimento (Cfr. Per una Politica rizomatica – Verso un nuovo paradigma politico, quella della trasformazione della soggettività legata all’avvento dell’era informatica (Cfr. Dare parola al General Intellect – Dall’individuo sociale alla persona multidimensionale), quella della profonda metamorfosi che sta attraversando il capitalismo proprio in relazione alla disponibilità delle ICT (Information and Comunication Tecnology – Cfr. Se le macchine di Marx siamo noi – Siamo alla fine del capitalismo o ad una sua ennesima trasformazione?), quella delle innovazioni, intervenute e potenziali, della teoria e delle prassi politiche connesse alle tecnologie informatiche (Cfr. Tecnopolitica e partiti digitaliVicolo cieco del populismo plebiscitario o via obbligata a un’autentica democrazia?). Continua a leggere

Disertare l’utopia – intervista a Giuliano Spagnul

Intervista della redazione di Rizomatica a Giuliano Spagnul nel decennale della morte di Antonio Caronia.

Giuliano Spagnul è un artista visuale, con un curriculum che spazia dalla fotografia al fumetto e che annovera numerosissime collaborazioni con importanti giornali e riviste di livello nazionale e internazionalei. In occasione del decennale della morte di Antonio Caronia, abbiamo pensato di coinvolgerlo in un dibattito, in forma di intervista, sul pensiero e l’opera di quello che che è stato un suo carissimo amico e il compagno di straordinarie esplorazioni intellettuali. Sicuramente da ricordare, a tale proposito, la partecipazione di entrambi al collettivo di “Un’ambigua utopia”, storica rivista di critica della fantascienza, dal cui lavoro è maturato, tra l’altro, l’indimenticabile “Nei labirinti della fantascienza” (1979)ii. Nel 2009, Spagnul e Caronia hanno ripubblicato, in formato libro (due volumi), tutti i numeri della storica rivistaiii. Nel 2012 Spagnul ha curato, per Mimesis, sempre insieme ad Antonio Caronia, una nuova edizione di “Nei labirinti della fantascienza”iv. Continua a leggere

Il cybertariato nella globalizzazione

img – AI generated dominio pubblico

Recensione ragionata del libro di Ursula Huws, Il lavoro nell’economia digitale globale. Il cybertariato diventa maggiorenne, Punto Rosso, 2021.

 di F. Barbetta

Il cybertariato è una realtà nella società contemporanea. Mentre si discute della fine del lavoro, una massa di lavoratori legati alla produzione di elettronica è occupata in fabbriche di chip, microprocessori e display in Cina, in condizioni precarie. Operatori di telemarketing rispondono alle telefonate da tutto il mondo in India per risolvere i problemi con la carta VISA. Parliamo di un esercito di lavoratori on-demand sparsi in tutto il mondo. Cyberproletari in outsourcing, che non compaiono nemmeno nelle statistiche ufficiali. I call center sono diffusi in tutto il mondo, generando milioni di posti di lavoro altamente degradanti. In questo ambiente, i soggetti sono esposti alle pressioni del flusso informativo, che sono caratterizzate dalla disumanità degli algoritmi, che potenziano la logica del controllo. A causa dell’estrema supervisione e sorveglianza di questi lavoratori, si è iniziato a parlare da qualche anno di taylorismo digitale (1). Continua a leggere

Rizomatica 2202-2022

Infosfera, 22/02/2022

Per questa quinta uscita sul blog rizomatica, a distanza di un anno dall’ultima, abbiamo scelto di riflettere sui temi del lavoro e della crisi del capitalismo, intervenuta per la diffusione dell’automazione, dell’informatica e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, oltre che, probabilmente, per la dimensione globale ormai assunta dal mercato.

Qui di seguito il link da cui scaricare il documento completo in PDF e EPUB.

https://rizomatica.org/rizomatica22022022.pdf

 

https://rizomatica.org/rizomatica22022022.epub

 

Indice:

Le tre anime del lavoro  di M. Minetti

La Transizione digitale come biforcazione storica  di S. Bellucci

15 risposte sul lavoro   di M. Parretti e T. Cumbo

Piattaforme di lavoro e algoritmi di sfruttamento   di T. Numerico

Big-data, reti semantiche e IA in una prospettiva politica   intervista a G. Vetere

Affinità e divergenze fra i gig-workers e noi   di F. Sganga

Ripartire dalle basi: la riduzione dell’orario di lavoro    recensione di F. Barbetta

Cronache della mutazione   di P. Carvalho

 

Copertina di M.Kep e diorama

https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/

 

 

Gli stessi articoli saranno pubblicati sul blog in date consecutive e rilanciati sul fediverso dall’apposito robottino @rizomatica

contatto:  rizoma (at) tuta (dot) io

La Transizione digitale come biforcazione storica

di S. Bellucci

La fase storica che stiamo vivendo non è inquadrabile nel concetto di crisi ma in quello di transizione. La rivoluzione tecnologica è anche una rivoluzione sociale e politica e sta producendo i suoi esiti in conflitto con i vecchi assetti del mondo industriale e finanziario. Il lavoro salariato perde la sua centralità pur mantenendo la sua forma di sfruttamento ma ad esso si affiancano nuove forme di estrazione del valore basate sulla logica della gestione dei dati. La lotta si configura tra i modelli centralizzati e quelli decentralizzati e l’abilitazione di produzione diretta di valore d’uso. Continua a leggere

Lo spazio necessario (appunti su social media e dis‑individuazione)

di M. Alfano

Ho fisso in mente il momento in cui si diffuse Facebook tra le mie conoscenze. Meglio ancora, ricordo quando nel 2008 si diffuse nella mia città proprio come si diffonde una pandemia, un virus incontrollabile. Mi viene in mente la scena del film sui dieci comandamenti (1), quando la terribile piaga biblica colpisce le case degli egiziani bussando silenziosamente e infettando a morte i primogeniti. Ero a casa di un mio amico, mi affacciai al balcone e immaginai in quante abitazioni e in quanti dispositivi fosse entrata la piaga di Zuckerberg. Dopo un poco di tempo e un po’ di tira e molla, ne sono uscito: sono tra i pochi che non hanno Facebook, che nei successivi tredici anni avrebbe raggiunto l’inimmaginabile cifra di due miliardi e mezzo di utenti. Continua a leggere

Villaggio globale o Megamacchina? McLuhan vs. Mumford, alle origini del conflitto tra tecno-ottimisti e tecno-scettici.

di S. Simoncini

1.

Sarebbe interessante fare ricerca sull’attuale “semiosfera” politica per verificare se e come il divenire linguistico (delle sue strutture lessicali e semantiche) stenti ad aderire alla realtà delle trasformazioni socioeconomiche trainate dalle nuove tecnologie. L’ipotesi è che siano troppo rapide le trasformazioni, e troppo segmentata la sfera pubblica perché l’evoluzione linguistica, in quanto “evento sociale” e relazionale (Bachtin, 2003), garantisca la sua dinamica funzione referenziale. Una fatica sicuramente attestata dalle variegate terminologie adottate per denotare i nuovi concetti che potremmo definire “tecnopolitici” (come le attuali infrastrutture centralizzate della comunicazione e dell’economia digitale). Stefano Rodotà dedicò un libro (1997) e una voce Treccani (2009) al neologismo “Tecnopolitica”, sostenendo in apertura della voce che «Il rapporto tra la politica e la tecnica non può essere descritto solo in termini strumentali, come se la tecnica si limitasse a mettere a disposizione della politica dei mezzi di cui questa si serve senza per ciò veder modificate le proprie caratteristiche». Continua a leggere

Self-branding. La retorica del successo contemporaneo

G. D’Alia

Ogni politica di emancipazione deve puntare a distruggere l’apparenza dell’ordine naturale, deve rivelare che quello che ci viene presentato come necessario e inevitabile altro non è che una contingenza.
[…]
L’unica maniera per mettere in discussione il realismo capitalista è mostrare in qualche modo quanto sia inconsistente e indifendibile: insomma, ribadire che di ‘realista’ il capitalismo non ha nulla.       Mark Fisher, Realismo Capitalista

Abstract

A partire dall’analisi retorica delle strategie di self-branding digitale, il modello di successo contemporaneo verrà qui messo in relazione con le strutture socio-economiche del tardo capitalismo. Una volta storicizzata, la pratica del self-branding non apparirà più una semplice deriva narcisistica causata dalla cultura dei social network, ma si renderà evidente come essa sia piuttosto una conseguenza, sul piano culturale, dell’economia del lavoro precario. L’intento è quello di portare alla luce i messaggi impliciti nel flusso di comunicazione nel quale siamo immersi e del quale siamo parte, leggendoli alla luce della sociologia del lavoro. L’obiettivo generale è di comprendere la natura, a prescindere dal modo in cui rispondiamo personalmente, dell’invito che il contesto mediatico ansiosamente ci rinnova: sfoggiare contenuti personali, aggiornare con dedizione le numerose bacheche e sorvegliare la nostra footprint digitale, affinché rispecchi alla perfezione l’immagine ideale di noi stessi o, piuttosto, l’ologramma del lavoratore neoliberista perfetto, cioè iper-qualificato, efficiente, flessibile e, soprattutto, sempre motivato. Continua a leggere

Il Techbro Prodigo

di M. Farrell 

traduzione di diorama

pubblicato in origine il 5 marzo 2020  su: https://conversationalist.org/2020/03/05/the-prodigal-techbro/

I dirigenti tecnici diventati “data justice warrior” sono celebrati come paladini della verità, ma qualcosa va un po’ troppo liscio in questa narrazione.

Qualche mese fa sono stata contattata da un direttore tecnico che stava per lasciare una società di marketing. Mi ha contattato perché ho lavorato a lungo sul lato no-profit della tecnologia, con un sacco di volontariato sui diritti umani e digitali. Lui voleva “restituire” [“give back”]. Potevo metterlo in contatto con gli attivisti dei diritti digitali? Certo. Abbiamo preso un caffè insieme e ho fatto alcune presentazioni. È stata un’interazione perfettamente piacevole con un uomo perfettamente piacevole. Forse farà del bene, condividendo la sua competenza con le persone che lavorano per salvare la democrazia e le nostre vite private dalla macchina del capitalismo di sorveglianza dei suoi vecchi datori di lavoro. Così intendevo aiutarlo: prima di tutto, è piacevole essere piacevoli; e secondariamente, i movimenti sono fatti di persone che partono da punti molto lontani ma convergono verso una destinazione. E non è questo un bene inestimabile quando un insider decide di fare la cosa giusta, pur tardiva? Continua a leggere

La Federazione contro i signori dei dati

di F. Sganga

The centralization of the Internet began with its commercialization”  Vince Tabora, Hackermoon.com

Re-Decentralizzare, ossia fare in modo che il sistema non abbia più bisogno di trattenere i nostri dati per fornire servizi”

Edward Snowden, intervista a Repubblica 13 settembre 2019

La Rete che non è più una rete

Da qualche anno è comune leggere analisi in cui si sostiene che il potenziale liberatorio di Internet si è esaurito e che ora abbiamo di fronte una rete colonizzata dalle grandi piattaforme commerciali e divisa in “giardini recintati” che offrono servizi per qualsiasi esigenza al prezzo però di profilazione e standardizzazione dei comportamenti permessi ai nostri avatar digitali. Quello che fino a non molto tempo fa era un dibattito confinato a siti specializzati o alla sezione “Scienza&Tecnologia” dei grandi quotidiani è ormai arrivato nei telegiornali della sera e nelle prime pagine dei giornali. Come spesso succede, l’esplosione di un tema non sempre porta a un approfondimento ed ecco allora i pensosi editoriali sugli adolescenti che non si staccano da Instagram, l’indignazione per le fake news diffuse sui social e le stentoree richieste di un maggiore controllo in generale.

In mezzo a tutto questo rumore, è comunque possibile distinguere le voci di chi ragiona sulle reti in modo non superficiale e cerca di capire quali sono le dinamiche di potere (economico, politico, simbolico) che costituiscono l’Internet reale. E traspare un certo sconforto: se negli anni ‘90 si parlava di un cyberspazio attraversabile dai movimenti sociali e in cui delle competenze raffinate potevano sostituire i grandi mezzi caratteristici delle economie di scala fordiste, ormai abbiamo di fronte un mondo di venture-capitalism, estrazione di valore dallo sviluppo Open Source e aziende specializzate nella propaganda su misura; un mondo in cui rimangono ben poche alternative a chi voglia abolire lo stato di cose eccetera: le prospettive sembrano oscillare fra il romanticismo offline (felice espressione di Geert Lovink) e l’uso politico delle piattaforme esistenti, con alcuni autori che teorizzano anche una loro nazionalizzazione. La matrice sembra aver definitivamente preso il posto del rizoma. Continua a leggere