Spunti attuali e inattuali sul ruolo del comportamentismo nell’evoluzione del capitalismo digitale

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Articolo pubblicato in origine il 26/11/2025 su Transform Italia.

di P. Nicolosi (Rattus)

Negli ultimi dieci anni, quell’area di pensiero critico che si occupa, in modo più o meno sistematico, di tecnologie digitali, ha iniziato a prendere sul serio il ruolo del comportamentismo nella struttura e nei funzionamenti di quello che spesso viene definito capitalismo cognitivo. I riferimenti polemici al comportamentismo sono partiti  in sordina, con una battuta di Eugeny Morozov  che, in un suo libro di alcuni anni fa 1, faceva il verso a Richard Barbrook e Andy Cameron: i due massmediologi inglesi, nel celebre articolo intitolato L’ideologia Californiana, avevano definito Marshall McLuhan il “santo protettore” di Internet 2.  Morozov, tra il serio e il faceto, replicava che il vero santo protettore della rete non era McLuhan, bensì Burrhus F. Skinner, il celebre teorico del comportamentismo radicale. Continua a leggere

La nostalgia del corpo sonoro: isolamento sociale e comunicazioni di massa

la sagoma di un umano da solo camminando in uno scenario 3d virtuale e geometrico

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Pubblicato in origine su Transform Italia il 30 Luglio 2025

di P. Nicolosi

In un libro uscito nel 1977 e intitolato Per una storia dei bisogni l’eclettico, imprevedibile e geniale teologo austriaco Ivan Illich scriveva:

«Cinquant’anni fa, quasi tutte le parole che uno udiva erano rivolte personalmente a lui come individuo o a qualcun altro che gli stava vicino. Solo in certe circostanze lo toccavano in quanto membro indifferenziato di una massa – a scuola o in chiesa, a un comizio o al circo. Le parole erano per lo più come lettere scritte a mano e sigillate, non come il ciarpame che inquina le nostre poste.» 1

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Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto.

Panorama SolarPunk – di ImperialBoy

di S. Robutti


Letture propedeutiche:

The Californian Ideology

Contro l’hackerismo


Questo articolo presenterà un’analisi utile a comprendere la nuova ondata di organizzazioni, scioperi e proteste che attraversa il settore dell’Information Technology(IT), in particolare in USA e Nord Europa, scritta dal punto di vista di un Tech Worker. La speranza è quella di dare trasparenza a questi fenomeni e permettere di comprenderne più a fondo le peculiarità, le similarità con strutture e processi passati e presenti ma anche le profonde differenze sia sul piano della prassi che sul piano dell’identità. Continua a leggere

Contro l’hackerismo, pt. 1

di S. Robutti

Pubblicato in origine il 19-07-2020 su:  https://write.as/chobeat/quaderni-di-lavoro-contro-lhackerismo-pt

Questo articolo è parte di una serie che sperabilmente porterà alla creazione di un articolo aperto sul tema della disseminazione tecnologica e la narrativa su come è compresa e svolta in occidente. Gli articoli saranno leggibili indipendentemente uno dall’altro o come un corpo unico.  Traduzione dell’articolo in lingua inglese


Letture propedeutiche:

Richard Barbrook – L’Ideologia Californiana (1995)

Il termine “hacker” è stato utilizzato da così tanti individui e movimenti che oramai è totalmente priva di significato. Sebbene all’origine il termine indicasse un ristretto gruppo di appassionati di tecnologia, lentamente prese ad evolversi per indicaure un’intera sottocultura, successivamente frammentatasi in una costellazione di movimenti tecno-politici. Negli anni, il termine venne pienamente assorbito dalla startup-culture. Diventò un termine utilizzato sia dai lavoratori tecnici che dai manager per identificarsi in un’idea di successo come definito dall’Ideologia Californiana. Lo sforzo imprenditoriale venne quindi rappresentato come un attacco allo status quo, al buon senso e ai vincoli che limitano i concorrenti (pensare out of the box). L’hackerismo diventò quindi un elemento di auto-promozione, personale e aziendale.

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Il neuropotere macchinico. Stiegler contro la data-economy

Anticipazione di un’intervista realizzata da S. Simoncini

Bernard Stiegler è probabilmente il filosofo contemporaneo che ha spinto più a fondo la riflessione sul rapporto sempre più complesso e controverso tra tecnologie, individuo e organizzazione sociale, a partire da un ripensamento radicale della tradizione filosofica occidentale da Platone a Deleuze, passando per Kant e Marx. La sua idea è che non esista una essenza dell’umano che trascenda il rapporto con la tecnica, in quanto questa fin dall’alba dell’umanità costituisce un fattore originario di individuazione psichica e collettiva. Per questo motivo le recenti accelerazioni tecnologiche sono da interpretare come fattori di mutamenti strutturali dal punto di vista psico-cognitivo, sociale e politico, di cui Stiegler sta tentando di ricostruire una fenomenologia. La sua visione sulle forme attuali del rapporto uomo-macchina è profondamente negativa, incentrata sulla visione di un accentramento senza precedenti di “neuropotere” macchinico, ma non è deterministica. Sta all’uomo, e soprattutto al politico, riprogrammare le valenze possibili, cognitive e sociali, di questo rapporto. La domanda che resta in sospeso è: quale soggetto politico, e con quale processualità?

Abbiamo conversato a lungo con Stiegler su questi temi decisivi e stiamo predisponendo il testo dell’intervista per pubblicarlo nel prossimo numero di “Rizomatica”. Pubblichiamo ora una piccola anticipazione sul senso del “neuropotere”.

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