Fuori dal capitalocene.

Dall’uomo indebitato all’uomo frugale

img- generata da IA dominio pubblico

di V. Pellegrino

Noi non difendiamo la natura,
noi siamo la natura che si difende”

Youna Marette – Ecoattivista

Questa frase, pronunciata da un’attivista per l’ambiente di 17 anni nel corso di un convegno organizzato da Women 4 climate”, non è un gioco di parole né un semplice slogan. Essa indica invece l’indispensabile, radicale cambio di prospettiva con cui guardare in avanti. Essa ci rammenta come l’umanità sia parte integrante dell’ecosistema planetario che chiamiamo natura, che ci comprende e dal quale dipende la nostra stessa esistenza così come quella di tutte le altre forme di vita. E come parte della natura, una porzione sempre più cospicua dell’umanità, in particolare le nuove generazioni, reagisce in forma difensiva – autodifensiva alle devastazioni che il Capitalismo predatorio che domina il nostro tempo sta producendo. In questa svolta, in questo cambio di prospettiva, emerge in tutta la sua paradossalità il nucleo dell’ideologia liberista che vede il Capitalismo come uno stato-di-natura, una dimensione naturale (non costruita) in cui l’uomo, l’homo oeconomicus per la precisione, può muoversi con spontaneità seguendo la propria connaturata propensione all’utile individuale, senza alcuna necessità di costituire istituzioni di espressione e attuazione della volontà collettiva. In questa ottica, lo Stato stesso diviene pressoché superfluo: la sua utilità si riduce all’organizzazione della macchina repressiva (polizia, tribunali e carceri) e all’imposizione e alla gestione, per conto del grande capitale tecno-finanziario, delle continue emergenze attraverso le quali si producono rendite e profitti senza nessun beneficio per la società, anzi a suo danno, ad iniziare dalle guerre dilaganti. Questa visione “naturalistica” del Capitalismo (alla cui magistrale confutazione è dedicata l’intera opera dello storico dell’economia, sociologo e antropologo Karl Polanyi) si rovescia, attraverso il cambio di prospettiva prospettato dalla citazione, nella presa d’atto che ci troviamo a sopravvivere tra le spire soffocanti e in fine mortali del Capitalocene0. Continua a leggere

Stretti tra Popper e Voltaire: il vicolo cieco del liberalismo

di V. Siracusano Raffa

I sostenitori del ban a Trump saranno in qualche modo consapevoli del paradosso della tolleranza: teorizzata da Karl Popper, tale situazione apparentemente senza via d’uscita è data dal fatto che una società tollerante è destinata ad essere travolta dagli intolleranti al suo interno, per cui è necessario che si dimostri intollerante nei loro riguardi. Una posizione un po’ più complessa è forse quella del filosofo Rawls, per il quale la società giusta deve tollerare gli intolleranti e limitarli solo nella misura in cui i tolleranti temono per la sicurezza loro e del sistema nel suo complesso. Continua a leggere

Lo spazio necessario (appunti su social media e dis‑individuazione)

di M. Alfano

Ho fisso in mente il momento in cui si diffuse Facebook tra le mie conoscenze. Meglio ancora, ricordo quando nel 2008 si diffuse nella mia città proprio come si diffonde una pandemia, un virus incontrollabile. Mi viene in mente la scena del film sui dieci comandamenti (1), quando la terribile piaga biblica colpisce le case degli egiziani bussando silenziosamente e infettando a morte i primogeniti. Ero a casa di un mio amico, mi affacciai al balcone e immaginai in quante abitazioni e in quanti dispositivi fosse entrata la piaga di Zuckerberg. Dopo un poco di tempo e un po’ di tira e molla, ne sono uscito: sono tra i pochi che non hanno Facebook, che nei successivi tredici anni avrebbe raggiunto l’inimmaginabile cifra di due miliardi e mezzo di utenti. Continua a leggere

Neoliberalismo digitale. Una lettura di Psicopolitica di Byung-Chul Han.

di M. Sommella

L’argomento che tenterò di esporre in questo articolo é il neoliberalismo digitale.

Potrebbe sembrare una definizione cervellotica e complessa ma il termine appare in un libro che ritengo molto interessante, scritto dal filosofo coreano Byung-Chul Han, nato a Seul ma che insegna in Germania, a Berlino, docente di filosofia e studi culturali.

Questo filosofo ha scritto vari libri fra cui uno, dal titolo Psicopolitica, che a mio avviso pone delle questioni molto interessanti. Il sottotitolo di questo libro, è ”Il neoliberalismo e le nuove tecniche del potere”. Quindi è uno studio che unisce dei riferimenti, delle tematiche, che riguardano la filosofia, la storia, la politica, la tecnologia e in alcuni passaggi anche la religione, in sintesi i problemi più gravosi dell‘attuale società digitale. Continua a leggere