di A. Marin
Tra gli anni sessanta e settanta del ‘900, la dimensione del desiderio, comincia a diventare sempre più centrale tanto per il meccanismo di riproduzione del Capitale, quanto per le strategie da mettere in campo per opporsi ad esso. La nuova configurazione che il capitalismo sta assumendo nella sua fase post-industriale, infatti, lo porta in misura sempre maggiore a esercitare il suo potere non più in modo disciplinare e repressivo, come nella precedente fase industriale, ma piuttosto, seduttivo. Sedurre, sollecitare e blandire il desiderio, mettendolo al lavoro, per intensificare ed espandere il ciclo di produzione e consumo, diventano gli strumenti più efficaci a disposizione del capitalismo per perpetuare se stesso. Viceversa, sul fronte antagonista, il desiderio sembra poter assumere il ruolo di una forza in grado di portare avanti quel programma politico rivoluzionario, che il movimento del Sessantotto aveva avviato. Continua a leggere