L’immaginazione collettiva oltre l’invenzione e l’innovazione. L’Epimeteo di Stiegler, il Leopardi di Negri.

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di G. Allegri

Abstract: Mi è capitato di rileggere la recente traduzione del primo volume de La tecnica e il tempo di Bernard Stiegler nei tempi in cui Antonio, Toni, Negri lasciava questo mondo e io riaprivo il suo Lenta ginestra. Alcuni passaggi sull’emergenza dell’immaginazione come potenza collettiva permettono forse di tessere un filo che dalla colpa di Epimeteo giunge al Leopardi eversivo, nel solco trasformativo di un pensiero materialistico che è uno dei lasciti principali di questi due pensatori del/al futuro anteriore.

La recente traduzione italiana del primo volume della ricerca di Bernarnd Stiegler (1952-2020) su La tecnica e il tempo. Vol. 1. La colpa di Epimeteo (Luiss University Press, 2023, ed. or. 2018), per la cura e con una fondamentale e splendida prefazione di Paolo Vignola, è un evento che merita ben altri approfondimenti e occasioni di discussioni e confronti, per tornare a rilanciare il lascito del pensiero stiegleriano.

In questa occasione vorrei limitarmi a un passaggio cursorio, che mi permette di recuperare un’altra classica lettura, costante e solidale compagnia nei tempi che precipitano nella permanenza del pensiero materialistico di Antonio Negri (1933-2023), a partire da uno dei suoi capolavori, con alcune pagine di Lenta ginestra. Saggio sull’ontologia di Giacomo Leopardi (Sugarco, 1987).

Lo smemorato uomo senza qualità.

Allora, ecco Epimeteo, colui che riflette, pensa, in ritardo, uno dei fratelli di Prometeo, colui che riflette, pensa, prima. Il pensiero ritardato e la riflessione anticipatrice. Il ritardo che permette un’anticipazione. Il mito vuole che ambedue fossero incaricati di distribuire le facoltà naturali a tutti gli esseri animati che abitavano la terra, l’animale razionale uomo e gli altri esseri animati. Epimeteo si impose sul fratello per provvedere lui a distribuire queste doti e la sua colpa fu, è, quella di aver dimenticato di donarle all’essere umano, l’unico essere animato dotato di ragione e rimasto nudo, scalzo e debole, dopo aver attribuito tutte le qualità agli altri esseri non umani (la velocità, il volo, la stazza, la forza, etc.). Epimeteo, o della dimenticanza dello smemorato, del distratto, del ritardato.

Prometeo proverà a supplire a questa dimenticanza del fratello e alla connessa mancanza di doti e qualità dell’essere umano, rubando a Efesto e Atena il fuoco, la perizia tecnica, la sapienza.

Ma Stiegler evidenzia come, nella versione del Protagora, il ruolo di Epimeteo, la sua dimenticanza, che è una colpa, ma anche un ritardo, di fatto anticipa quello di Prometeo, che rimediando al difetto con il furto del fuoco, ossia l’invenzione della tecnica, si rende a sua volta colpevole, mentre l’uomo scopre la finitudine, la mortalità” (P. Vignola, Prefazione. Il ritardo dell’anticipazione, p. 32).

L’essenza dell’essere umano è la (sua) mancanza di facoltà naturali: non averle ricevute in dono porta alla nascita di un umano che è sempre difetto, mancanza, assenza, privazione, l’essere uomo senza qualità.

E proprio per questo “l’uomo inventa, scopre, trova (eurisko), ‘immagina’ (mechané) e realizza ciò che immagina: protesi, espedienti. La pro-tesi è ciò che è posto di fronte, cioè ciò che è fuori, [… ] ma se ciò che è fuori costituisce l’essere stesso di ciò che si trova fuori, allora questo essere è fuori di sé. L’essere dell’uomo è (essere) fuori di sé” (p. 233). Così l’uomo realizza ciò che immagina, continua Stiegler, grazie tanto al logos, alla ragione, al linguaggio che alla téchne, la perizia del saper fare: “è la techne che procede dal logos, o l’inverso? O forse logos e techne sono entrambi solo modalità dell’essere fuori di sé?” (p. 233). L’essenza dell’essere umano è quella di immaginare artifici, inventare qualità che non gli appartengono, tramite la perizia tecnica.

Per questo Stiegler impegna il primo capitolo del suo lavoro sulle teorie dell’evoluzione tecnica, soffermandosi sullo scarto tra invenzione e innovazione. Esortandoci a riflettere sul fatto che la stessa invenzione è frutto di limiti e limitazioni. “La scelta delle possibilità in cui consiste l’invenzione avviene in un certo spazio e in un certo tempo, secondo il gioco di questi vincoli, a sua volta soggetto a vincoli esterni” (p. 83).

Per questo, “la logica dell’invenzione non è quella dell’inventore” (ivi). E sarà l’innovazione a produrre gli effetti di socializzazione dell’invenzione, realizzando una trasformazione del sistema tecnico che produce conseguenze per gli altri sistemi: sociali, economici, politico-istituzionali.

Si potrebbe dire che la logica dell’innovazione è costituita dalle regole di adattamento tra il sistema tecnico e gli alti sistemi”. Sistema tecnico che nei suoi limiti, vincoli e mancanze permette l’invenzione e condiziona l’innovazione, nelle “possibilità di adattamento” tra i diversi sistemi dipendenti da quello tecnico (p. 84).

Ecco che la libertà dell’inventore è fortemente limitata, condizionata, circoscritta dal contesto del progresso scientifico, dei costi, degli strumenti; dal contesto della società, dell’economia, delle istituzioni esistenti.

L’immaginazione collettiva di infiniti mondi a venire

Ma la postura dell’inventore non è solitaria, poiché l’inventore immagina bruniani infiniti mondi a venire e non li immagina mai da solo. L’immaginazione è una potenza collettiva, sostiene Antonio Negri, rileggendo Giacomo Leopardi, che dapprima “ci presenta solo nuovamente la dignità e la tragedia del genere umano – ‘naturalmente nudo’ – dentro l’immensità dell’ordine/disordine della natura, al centro di ogni possibile direzione” (A. Negri, Lenta ginestra, p. 137). Eppure un essere umano spesso vittima della sua solitudine, del suo vuoto e delle sue mancanze, dei suoi difetti, che possono essere superati solo da quell’immaginazione che è potenza capace di costruire e organizzare materialisticamente un mondo concettuale e una capacità etica – linguaggio e perizia, poetica e poietica – di stare al mondo, stare nel mondo: “l’immaginare è potenza di costituzione del mondo, di innumerabili mondi” (p. 126).

Ed è una potenza che può darsi solo tra i molti, nella comunanza, nella condivisione, attraversata e promossa da quella collettività di essere umani che trasforma l’universo degli uomini e, con esso, l’intimità e l’essenza degli esseri umani:

ne trasforma le terribili passioni che i singoli vivono – il senso della morte e quello del dolore fisico, il senso del pericolo e la sensazione e il sentimento dell’odio – proiezione collettiva, redenzione collettiva, liberazione: il timore s’articola così alla speranza e l’immaginazione regge il senso del futuro, il desiderio si equilibra collettivamente fra le immensità che vive” (pp. 139-140).

Reggere il tempo tramite l’immaginazione condivisa, al futuro anteriore, verrebbe da dire, come la formidabile rivista cui Toni Negri contribuirà a dare i natali, di lì a pochissimi anni (al principio dei Novanta), probabilmente sempre inseguendo “l’immaginazione [che] è la grande rottura in avanti dell’universo sensibile” (p. 139).

Ma non c’è un’immaginazione progressiva, tanto quanto non c’è un progressivismo di Leopardi, perché si tratta di stare dentro l’essere dell’umano “non per dominarlo, ma per seguire il suo inquieto movimento, la sua forza di sovversione continua dell’esistente. Solo in questo modo la trasformazione è pensabile – e il suo senso lo dà il soggetto che soffre e si ribella [… e] in verità poco sta a dimostrarci che Leopardi abbia a che fare con il progresso. Ha bensì a che fare con l’inquietudine dell’essere – è eversivo e non progressivo” (p. 146).

Così Leopardi è (finalmente) riconosciuto come eversivo, (forse) anche perché Epimeteo è sempre stato distratto, e ambedue ci esortano a immaginare collettivamente i pensieri e le tecniche da inventare per trasformare il mondo.

Mentre sono sicuro che Bernard e Toni (che grazia, fortuna e potenza averli incontrati!), staranno ora ridendo di queste mie dimenticabili note, da eversori e anticipatori dell’immaginazione e delle pratiche passate e a venire quali sono, per l’eternità.

Bibliografia

Negri, A., Lenta ginestra. Saggio sull’ontologia di Giacomo Leopardi, Sugarco, 1987
Stiegler, B., La tecnica e il tempo. Vol. 1. La colpa di Epimeteo, Luiss University Press, 2023 (ed. or. 2018)