di M. Minetti
Alcuni punti da cui partire.
Di cosa abbiamo bisogno.
“In un suo vecchio romanzo Isole nella Rete Bruce Sterling ipotizzava varie possibili vie di fuga dalla dittatura della Capitale Globale, della Babilonia multinazionale e multilaterale. Se vi è capitato di perdervi quel magnifico libro: una era quella delle isole della rete, spazi autonomi, illegali, nascosti. Utopie pirata. Unaltra era quella della Rizome incorporated. Una multinazionale. Una gigantesca impresa, globale ma reticolare, unitaria ma decentrata, etica ma redditizia. Il principio informatore era la “democrazia economica”, non vi erano lavori ma attività, capi ma soci, fratelli, non c’era gerarchia ma senso comunitario.
La prima delle due è quella spesso utilizzata dal movimento: centri sociali, collettivi, case occupate, addirittura un sito web (ecn.org). L’altra è rimasta un libro incomprensibile dei soliti Deleuze&Guattari.“ (Binotto 2002)
In Inventare il futuro, di Srnicek e Williams, viene descritto il concetto di «ecosistema di organizzazioni» per definire il soggetto politico possibile per innescare la trasformazione sociale da loro, come da molti, atteso. Superando l’idea che la rigenerazione politica, in un mondo globalizzato e frammentato, possa essere innescata da una sola organizzazione (il partito novecentesco o il sindacato, come più recenti movimenti di democrazia diretta, tutti identificati come folk politics, ovvero politiche dell’immediatezza, senza un orizzonte comune di lungo respiro), gli autori ipotizzano che si possa formare una aggregazione plurale e non organica dei molteplici soggetti del cambiamento che uniscano una comune idea di futuro. Da qui il titolo del loro libro.
Ma dove può avvenire questo incontro?
Abbiamo assistito negli ultimi anni, almeno in Italia, a vari tentativi di ricomposizione delle forze politiche di sinstra in intergruppi o coalizioni, oppure in soggetti che si ponevano come nuovi e inclusivi, finendo immancabilmente per definire un ulteriore gruppo chiuso e autoreferenziale in competizione con tutti gli altri, aumentando la frammentazione e la marginalità dell’insieme. Le scissioni che si susseguono mostrano la tendenza delle personalità carismatiche a presentarsi come individui, non riuscendo a convivere in organizzazioni che danno visibilità soltanto al capo.
C’è chi si adegua al segno dei tempi e teorizza il populismo e l’iperleader a sinistra, adottando una retorica che funzionò nel passato e proposte politiche in voga quaranta anni fa, perdendo di vista la distinzione tra destra e sinistra, fra progressisti e conservatori, insomma risultando difficilmente distinguibile dal rossobrunismo di marca leninista, nostalgico del capitalismo degli anni ’60.
A mio parere, una nuova aggregazione politica trasformativa e di sinistra può mutuare la sua possibile forma dal mercato digitale data-driven, la forma più avanzata della riproduzione sociale e della accumulazione di valore, evolvendola nel suo superamento.
Per mercato digitale intendo tutte quelle infrastrutture informatiche, che mettono in contatto domanda e offerta, attraverso algoritmi di matching guidati dall’analisi dei comportamenti degli utenti (Facebook, Amazon, Google, Ebay, Youtube e migliaia di minori come Uber, Blabla Car, AirBnB, Twitter, Tripadvisor, Expedia, Booking…).
Trattandosi di politica, cioè di relazioni sociali, questo aggregatore politico assumerebbe la forma di un social network, mettendo le organizzazioni politiche in “concorrenza” fra di loro, unendo le “nicchie” ecologiche in una molto più ampia, con effetto di rete. Ma questo ecosistema di organizzazioni unite dal comune anche se non chiaro obiettivo della trasformazione sociale verso il superamento comunitario dei rapporti sociali di sfruttamento capitalisti e post-capitalisti, non può formarsi e svilupparsi se chi gestisce quelle piattaforme prende parte al gioco dalla parte opposta. Essendo aziende quotate in borsa, che vivono di profitti, sostengono gli interessi dei loro azionisti e i governi che possono garantirgli privilegi fiscali e normativi. Non si può fare la rivoluzione con Facebook come non si può superare la mercificazione della nostra vita come clienti di un supermercato, anzi, come prodotti in vendita in un supermercato.
Facebook, con l’acquisizione di WhatsApp e Instagram, ha assunto una posizione dominante difficilmente scalzabile che rappresenta la forma della riproduzione sociale attualmente più avanzata, in grado di trasformare e uniformare le strutture stesse del pensiero, dopo aver già stravolto le leggi del mercato.
Abbiamo quindi bisogno di un social network per la politica, separato dal mercato, in cui le regole le faccia chi ci entra, negoziandole in modo politico, perchè ha contribuito alla costruzione di quello spazio. Insomma la proprietà di questo spazio, anzi di questi spazi, deve essere comune e distribuita e siccome hanno un costo, questo costo deve essere sostenuto da tutti coloro che ne sentono il bisogno e vi partecipano, oppure in grado di generare reddito.
L’ecosistema umano.
La politica nasce nelle piazze come il mercato e similmente si sviluppa. La politica come il mercato è un insieme di relazioni costruite in precise condizioni storiche. Si dice che la democrazia sia nata nella Grecia classica proprio perchè i Greci erano mercanti, aperti alle differenze e abituati a contrattare, ricchi ma non aristocratici legati alla proprietà della terra.
Eppure il mercato e l’assemblea, anche sulla stessa piazza, si svolgono in orari e con modalità e regole differenti.
La democrazia è la forma politica basata idealmente sui patti fra soggetti liberi, nell’antica Grecia come nella modernità borghese. Così come la democrazia non è affatto sostanziale, neppure il mercato è davvero perfetto, nel senso di un equilibrio fluido e non coercitivo fra domanda e offerta. Nel momento in cui il capitale (l’offerta) riesce ad orientare la spesa (la domanda) grazie al lobbying, al controllo dei mezzi di informazione, al marketing, e all’egemonia culturale in genere, che permette di orientare i governi e le elezioni, di libero nel mercato rimane ben poco, così come nella democrazia. Questa è stata la parabola della società borghese, attraverso le crisi espansive e recessive del sistema industriale che dal 1800 alla fine del ‘900 abbiamo chiamato modernità e che i seguaci di Marx hanno definito capitalismo. Proprio oggi che la globalizzazione porta a compimento la conquista di ogni nicchia di sopravvivenza di relazioni comunitarie pre-moderne e il rapporto di denaro si dispiega come indiscusso tramite della riproduzione sociale, ll capitalismo entra in una crisi irreversibile che lo snatura e gli impedisce di riprodursi attraverso la riproduzione del lavoro salariato.
Anche, e forse soprattutto, a causa della innovazione tecnologica e delle trasformazioni sociali e antropologiche ad essa connesse, questa modernità sta tramontando introducendo quella che è stata definita da J.F.Lyotard la postmodernità. Alla società del valore si sostituisce gradualmente la società dell’informazione.
Non possiamo oggi sapere se questa evoluzione porterà ad una concentrazione del potere e del controllo, reso possibile dalle nuove tecnologie, oppure se queste stesse tecnologie potranno essere lo strumento della diffusione del potere verso la base della piramide sociale. Questo dipenderà dalle forze della trasformazione sociale e dall’ambiente in cui queste si svilupperanno.
Il progetto, che assieme ad altri vorremmo realizzare, è costruire un ambiente in cui le forze sociali più progressiste, quindi orientate ad una maggiore diffusione del potere, possano svilupparsi, evolversi e affermarsi.
Una nuova forma di corpo intermedio che, in modo inclusivo, possa anche comprendere quelli già presenti, nella formula dell’ecosistema di organizzazioni.
Quello che si vuole costruire non è uno dei soggetti che si incontrano sulla piazza, geografica o telematica, ma la piazza stessa, con le sue caratteristiche di sicurezza e accoglienza molteplice. E non una sola ma molte in comunicazione fra loro. La suggestione cyberpunk delle Isole nella rete e della Rizome Inc., inventate da Sterling, trovano oggi la loro effettiva possibilità di attuazione.
Nella prima parte di questo articolo avevo illustrato come quell’ ”ecosistema di organizzazioni” potrebbe, a mio parere, prendere la forma di un social network (FLOSS
I social network federati e open source.
Perchè un ecosistema (ambiente) possa essere popolato deve avere delle caratteristiche che lo rendono attraente.
Queste caratteristiche devono rispondere alla cultura egemonica storicamente determinata, devono quindi riflettere le aspettative già soddisfatte dagli ambienti esistenti, superandone alcuni limiti oppure offrendo ulteriori possibilità. Gli attuali social network open source e federati sono spesso riservati a comunità identitarie di hacker, sex worker, alt-right, gamer, LGTQB, Manga, fetish, che comunicano in modo criptico, spesso automatico (bot), rigorosamente anonimo, informazioni pratiche, emozioni private o disagio vario in una comunità separata. Questo è soprattutto Mastodon, il social più diffuso con circa due milioni di utenti, una piattaforma di microblogging simile a Twitter senza filtri di priorità, il flusso scorre in tempo reale ed è molto disagevole seguire delle conversazioni o riprenderle.
Le caratteristiche di affinità ai social network commerciali.
Il modello è la piazza, tutto quello che un tempo si svolgeva in piazza e che oggi si svolge sulle piazze virtuali.
-L’accesso deve essere gratuito e libero, privato e, volendo, anonimo. *
-Il narcisismo, l’aspetto agonistico e «social». Sulla piazza si va per pavoneggiarsi, per sedurre, per coltivare relazioni, il cui scopo può essere il più antico del mondo (accoppiarsi), materiale come lavorare o i più vari e astratti. Quello che a noi interessa è l’aspetto politico ma gli altri aspetti non possono essere eliminati. *
– Curiosità. Deve poter mostrare gallerie di foto e i contenuti prodotti dall’utente che costruiscono la sua «fama». *
-La molteplicità. Non vi devono essere elementi di filtro identitari. Sulla piazza si va ad incontrare «anche» i differenti fra i simili. Non deve essere una piazza privata o troppo caratterizzata. Certo può avere un carattere, lo scopo per cui esiste è diffondere la partecipazione, ma deve tutelare le minoranze e il dissenso: chi vuole solo divertirsi, chi non vuole prendere posizione. *
-Socialità. Permettere la formazione spontanea di gruppi, di scopo o semplicemente di opinione. * Attribuzione delle funzioni di amministrazione dei gruppi in modo partecipativo (punteggio, sorteggio, rotazione, votazione). +
– Comunicazione. Funzione messenger. Strumento di chat criptate anche per gruppi, scambio files, chiamate vocali e video anche di gruppo. Possibilità di associare le chat ai gruppi social. +
Le caratteristiche di discontinuità con i social network comerciali.
Questi aspetti possono essere fondamentalmente ridotti a due, la proprietà (il potere) e il governo (la decisionalità). Proprietà comune e partecipazione alla decisionalità (accesso alle informazioni, ai dati elaborati, alle decisioni, alla conoscenza e al valore prodotto) da parte degli «utenti».
-Sviluppo come protocollo federato, su software libero e licenza GNU o similare. I server (chiamati istanze o POD o semi), possono essere mantenuti da soggetti giuridici differenti: enti pubblici, associazioni, collettivi, privati. *
-Può accogliere anche le strutture organizzate con pagine istituzionali ma non deve dare a queste un eccessivo vantaggio strategico. *
-Impossibilità di sponsorizzare contenuti. *
-Consenso informato sull’uso dei dati e sul funzionamento degli algoritmi. *
-Consultabilità e spiegazione degli algoritmi usati, con possibilità di modificarli (preferenze dell’utente). +
-Aspetti di gamification con valore sociale. Valutazioni da parte degli utenti con cui si interagisce-collabora, che guidino gli algoritmi di matching. +
-Implementazione di strumenti decisionali (sondaggi, LQFB) associati ai gruppi di scopo o di interesse. +
-Implementazione di strumenti di market (shop personale o dei gruppi, a pagamento), scambio di merci e servizi di una economia comunitaria. +
-Proprietà comune dei Big Data prodotti e consultabilità (anonima) aperta. +
-Possibilità di importare i contenuti da altri profili social facilitando la migrazione (es.Facebook, Instagram) +
La funzione di aggregatore.
A mio parere il software potrebbe fornire vari indici per ogni aderente (pubblici se l’utente lo desidera). Uno è il posizionamento su un grafico bidimensionale Destra-sinistra / autoritaria-libertaria tipico dei sondaggi politici, in base alle scelte dell’utente più che alle sue dichiarazioni. +
Potrebbe raccogliere inoltre, tramite frequenti e brevi sondaggi, come attraverso l’analisi dei comportamenti, le preferenze dell’utente su varie tematiche politiche, civili, ambientali con lo scopo di suggerire amicizie, collaborazioni e gruppi che concordano con queste preferenze. +
La possibilità di ricercare attraverso filtri (come su e-bay) amicizie o gruppi (lontananza, età, campi di interesse, competenze, disponibilità). *
-L’adesione a gruppi, come alle istanze, potrebbe configurarsi da una semplice gruppo di affinità alla costituzione di una associazione, partito o sindacato con statuto proprio. +
-Come servizio di base dovrebbe comprendere automaticamente un blog,* una chat con tutti gli appartenenti al gruppo + e la possibilità di fare votazioni o sondaggi con tutti gli appartenenti al gruppo. +
-Possibilità di richiedere il pagamento di una quota per l’iscrizione a dei gruppi che offrono determinati servizi. (Server e Data Base proprio, software decisionale articolato in sezioni, sedi fisiche, attività connesse allo scopo del gruppo come beneficenza, servizi mutualistici, servizi di comunicazione, riviste…). +
-Possibilità per associazioni di agire e affiliare persone attraverso l’iscrizione ad un gruppo pagando una tariffa (tesseramento, iscrizione, sostegno economico all’associazione) accettando un protocollo di trasparenza. +
Lo scopo è far incontrare domanda politica con offerta politica. Opportunità di partecipazione con bisogno di partecipazione. Persone fra loro. Gruppi fra loro. Idee con consenso e energie per attuarleal di fuori dei dispositivi del capitalismo estrattivo.