di M. Minetti
Pubblicato in origine il 29-1-2019 su https://write.as/stts/dispensa-riassunto-jean-francois-lyotard-la-condizione-postmoderna
Introduzione
La condizione del sapere nelle società più sviluppate: ” possiamo considerare postmoderna l’incredulità nei confronti delle metanarrazioni.”
La nostra vita è così votata all’accrescimento della potenza, che la sua legittimazione in materia di giustizia sociale e di verità scientifica consisterebbe nella ottimizzazione delle prestazioni del sistema, nell’efficacia.
Questa logica della miglior prestazione è indubbiamente inconsistente da molti punti di vista, in particolare da quella della contraddizione in campo socio economico, in due punti: essa esige ad un tempo meno lavoro (per abbassare i costi di produzione ) e più lavoro (per alleggerire il peso sociale della popolazione inattiva, i disoccupati).
1) Il sapere nella società informatizzate
Il sapere può circolare nei nuovi canali, e diventare operativo, solo se si tratta di conoscenza traducibile in quantità di informazione.
Da ciò è possibile aspettarsi una radicale esteriorizzazione del sapere rispetto al sapiente.
Questo rapporto fra la conoscenza ed i suoi fornitori e/o utenti, tende e tenderà a rivestire la forma di quello che intercorre fra la merce ed i suoi produttori e consumatori, vale a dire la forma valore.
Il sapere viene e verrà prodotto per essere venduto, e viene e verrà consumato per essere valorizzato in un nuovo tipo di produzione: in entrambi i casi per essere scambiato. Cessa di essere fine a se stesso, perde il proprio “valore d’uso”.
2) Il problema: la legittimazione
Si parte dall’ipotesi della informatizzazione della società. Si tende ad ammettere come evidente il carattere cumulativo del sapere tecnico e scientifico. Il sapere tecnico non è tutto il sapere contro il sapere narrativo.
Legittimazione – problema dell’autorità
Consideriamo un enunciato scientifico, esso è sottoposto alla seguente regola: un enunciato deve soddisfare un certo insieme di condizioni per essere percepito come scientifico. In questo caso, la legittimazione è il processo che autorizza un legislatore, che interviene nel discorso scientifico, a prescrivere le suddette condizioni (in generale, si tratta di condizioni di consistenza interna e di verificabilità sperimentale) che garantiscono che l’enunciato appartenga al discorso scientifico, e possa essere preso in considerazione dalla comunità scientifica.
Esiste un rapporto di gemellaggio tra il tipo di linguaggio che chiamiamo scienza e l’altro che chiamiamo etica e politica: derivano entrambi da una stessa prospettiva o, se si preferisce, da una stessa “scelta” che si chiama “Occidente”.
La questione del sapere, nell’era dell’informatica, è più che mai la questione del governo.
3) Il metodo: i giochi linguistici
Enunciati denotativi: sapiente (destinatore) > discente (destinatario)
enunciati performativi: è un atto. Il destinatore deve avere autorità.
Prescrizioni: derivano da una posizione di autorità.
Giochi linguistici:
1) Le regole non contengono la loro legittimazione.
2) Non esiste gioco senza regole.
3) Ogni enunciato deve essere considerato una “mossa” nel gioco.
4) La natura del legame sociale: l’alternativa moderna.
Nel corso del Novecento le società si sono rappresentate grossomodo in due modelli:
A ) la società come insieme funzionale
B) la società divisa in due.
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A) Comte, Talcott Parsons, Luhmann
Il modello teorico: non è più l’organismo vivente ma la cibernetica.
In Parsons: stabilizzazione delle economie di crescita e delle società affluenti con welfare state temperato.
Nei teorici tedeschi. Lyndt, Schelsky la teoria del sistema è tecnocratica e cinica. L’armonizzazione dei bisogni e delle speranze individuali o di gruppo con le funzioni assicurate dal sistema sono ormai ridotte a elementi impliciti nel funzionamento del sistema. La vera finalità è la sua performatività.
Horkheimer (paranoia della ragione) non è possibile giudicare paranoico il realismo dell’autoregolazione sistemica, se non si dispone di un punto di osservazione che, per principio, si sottrae alla sua attrazione. Tale è la funzione del principio della lotta di classe introdotto da Marx nella teoria della società. La teoria sociologica è costantemente minacciata di essere incorporata alla programmazione della totalità sociale.
B) Marx e Marxisti:
modello che nasce dalle lotte con un’altra idea della funzione del sapere, che può in essa prodursi e che di essa è possibile acquisire. Il bilancio che se ne può trarre oggi é la trasformazione delle lotte e dei loro organismi in regolatori del sistema nei paesi a gestione liberale avanzata. La repressione delle lotte nei paesi comunisti come modello totalizzante. Ovunque la critica dell’economia politica e la critica della società alienata che ne era il correlato vengono utilizzate come elementi nella programmazione del sistema.
L’alternativa sembra tra la chiara omogeneità o la dualità intrinseca del sociale, funzionalismo o criticismo del sapere.
Ma la decisione appare difficile o arbitraria:
– O il ruolo principale del sapere è quello di essere un elemento indispensabile del funzionamento della società > vale solo se la società è una grande macchina.
– oppure abbiamo una funzione critica del sapere > se la società resta assillata da un principio di contestazione.
Tentazione a distruggere il sapere. Il sapere positivista che si presta a diventare una forza produttiva indispensabile al sistema. Il sapere critico, riflessivo o ermeneutico che, interrogandosi sui valori o sui fini, si oppone a qualsiasi recupero.
5) la natura del legame sociale: la prospettiva postmoderna.
Non accettiamo questa suddivisione. Il “raddoppiamento” economico nella fase attuale del capitalismo, favorito dalla mutazione delle tecniche e delle tecnologie, si accompagna ad un mutamento funzionale degli Stati: a partire da questa sindrome si forma una immagine della società che impone una seria revisione degli approcci che abbiamo presentato come reciprocamente alternativi.
Le funzioni di regolazione (riproduzione) vengono e verranno sempre più sottratti agli amministratori e affidati agli automi.
La questione di fondo diviene e diverrà quella di disporre di informazioni che questi ultimi dovranno registrare in memoria perché siano prese le giuste decisioni. Disporre delle informazioni è e sarà l’interesse degli esperti di ogni tipo. La classe dirigente è e sarà quella dei decisori. Già adesso è essa non è più costituita dalla classe politica tradizionale, bensì da uno strato eterogeneo formato da capi d’impresa, da alti funzionari, da dirigenti di grandi organizzazioni professionali, sindacali, politiche, confessionali.
In tale contesto i vecchi poli di attrazione costituiti dagli Stati-nazione, dai partiti, dalle professioni, dalle istituzioni e dalle tradizioni storiche, perdono il loro potere di centralizzazione. Ne sembra che debbano essere sostituiti, almeno al livello che a loro caratteristico.
Decomposizione delle grandi narrazioni. Per alcuni è dissoluzione del rapporto sociale e passaggio allo stato di una massa composta di atomi individuali lanciati in un assurdo movimento browniano. Ciò non ha senso! Si tratta di una visione obnubilata dalla visione paradisiaca di una perduta società “organica”.
Il sè è poco, ma non è isolato, è coinvolto in un tessuto di relazioni più complesse e mobili che mai. Giovane o vecchio, uomo o donna, ricco o povero esso è sempre situato ai “nodi” dei circuiti di comunicazione, per quanto infimi questi siano. Ecco perché la scienza del metodo generale d’approccio dei giochi linguistici.
La versione cibernetica triviale della teoria dell’informazione trascura un aspetto decisivo, l’aspetto agonistico.
Non tutto il rapporto sociale rientra nei giochi linguistici, ma questi sono il minimo di relazione necessaria perché si dia società.
Superficiale ridurre questa relazione alla tradizionale alternativa tra la parola manipolatrice come trasmissione unilaterale del messaggio e la libera espressione del dialogo.
Una istituzione differisce sempre da una discussione per il fatto che richiede delle condizioni supplementari perché gli enunciati siano dichiarati ammissibili al proprio interno. Tali condizioni agiscono come filtri sulle potenze del discorso, interrompono delle possibili connessioni sulle reti di comunicazione: ci sono cose che non si devono dire.
I limiti della vecchia istituzione possono essere spostati. Diremo che i limiti si stabilizzano solo quando cessano di essere una posta in gioco (agonismo).
6) Pragmatica del sapere narrativo.
Alla concezione strumentale del sapere semplicistica si oppongono a due obiezioni
a) il sapere non si identifica con la scienza (enunciati denotativi) e nemmeno con la conoscenza.
b) La scienza è ben lontana dal poter nascondere il problema della sua legittimità.
Il sapere non è fatto solo di enunciati denotativi ma di un sapere tecnico procedurale, medico legale, estetico, logico che permette i migliori prestazioni nel conoscere, decidere, valutare, trasformare. Coincide con una “formazione” estesa di competenze (cultura).
Nella formulazione della sapere tradizionale la forma narrativa è preminente rispetto alla forma scientifica (enunciati denotativi). miti, leggende, Favole contengono una formula di legittimazione (cornice sulle fonti, uso della terza persona). Il sapere narrativo di queste narrazioni Identifica il sapere tradizionale con le 3 competenze: saper dire, saper intendere, saper fare. Con i racconti viene trasmesso il gruppo di regole pragmatiche che costituisce il legame sociale. Il sapere tradizionale ha un ritmo: metro e accento ripetitivi che in una lettura ne favoriscono l’abbandono all’oblio. La pragmatica narrativa popolare si legittima nella stessa narrazione. Questa è incommensurabile con il gioco linguistico dell’Occidente ovvero il problema della legittimità.
7) Pragmatica del sapere scientifico.
Si distingue il gioco della ricerca da quello dell’insegnamento.
Ricerca:
– dica il vero sul referente (oggetto della ricerca).
– enunciati scientifici rivolti ai pari (ad altri scienziati in grado di capire e confutare le prove) il referente contesto degli enunciati sia espresso in modo conforme (scientifico): referente è ciò che può costituire oggetto di prova. Lo stesso referente non può fornire prove contraddittorie, “Dio non inganna”.
Insegnamento:
– verità dell’enunciato e competenza dell’ enunciatore sono sottomessi al consenso della collettività dei pari grado incompetenza. E quindi necessario formare degli eguali. La didattica garantisce questa riproduzione. Il destinatario non sa ciò che sa il destinatore. Il referente della ricerca diventa verità.
Questo sapere scientifico viene a trovarsi isolato dagli altri giochi linguistici che concorrono a formare il legame sociale. Non è più una componente immediata e condivisa di quest’ultimo come il sapere narrativo. È una componente in diretta, perché diviene una professione e dà origine a delle istituzioni, è perché nelle società moderne i giochi linguistici Si organizzano in forme istituzionali animate da soci qualificati, i professionisti. Il rapporto tra sapere e società si esteriorizza. Nasce un nuovo problema, quello del rapporto dell’istituzione Scientifica con la società. È possibile risolverlo con la didattica, per esempio in base al presupposto che ogni individuo sociale o acquisire la competenza scientifica.
Il gioco scientifico implica una diacronia ovvero una memoria è un progetto. Si suppone che il destinatore attuale conosca tutti gli enunciati precedenti (bibliografia) e che proponga un nuovo enunciato solo perché esso è differente dai precedenti. Il progetto è invece la ricerca del nuovo sapere.
Incognienze:
lamentarsi della “perdita di senso” nella post-modernità significa lasciarsi prendere dalla nostalgia per il fatto che il sapere ha perso il suo carattere principalmente narrativo.
Pretendere di far nascere attraverso operatori (come lo sviluppo..) il sapere scientifico dal sapere narrativo, come se il secondo contenesse il primo allo stato embrionale.
Sapere scientifico e sapere narrativo convivono in contrasto.
Il sapere narrativo è tollerante nei confronti del sapere scientifico considerato un genere narrativo specifico. Per il sapere scientifico, invece, il sapere narrativo manca di argomentazioni legittimanti: sono enunciati prodotti da una mentalità selvaggia, primitiva, fondata su opinioni, sull’autorità, sui pregiudizi, su l’ignoranza e ideologie. I racconti sono favole, miti e leggende buoni per le donne ed i bambini. Questa è la storia dell’imperialismo culturale dell’occidente.
8) La funzione narrativa e la legittimazione del sapere.
Oggi il sapere scientifico si legittima da sè (positivismo) Ma precedentemente (o nella divulgazione) cercava di legittimarsi mediante il sapere narrativo. Esempio sono gli scienziati in televisione con la narrazione epica dell’epopea della scoperta (la conquista dello Spazio, la cura di malattie). Lo Stato spende molto perché la scienza possa rappresentarsi come una epopea. Forse il ricorso al sapere narrativo è indispensabile (bisogno di storia). Platone: nei dialoghi enunciazione per la legittimazione del sapere: unicità del referente, parità della comunità scientifica, riconoscimento del gioco, esclude Rozzi e stupidi. Repubblica libro sesto settimo mito della caverna: gli uomini vogliono racconti e non riconoscono il sapere. Il dialogo platonico che vuole fondare il sapere scientifico lo fa con una narrazione non scientifica.
In ambito scientifico moderno i criteri della verificazione, sono per Wittgenstein le condizioni del vero. Le regole del gioco scientifico sono immanenti al gioco stesso e non esiste prova della bontà delle regole che non sia l’essere oggetto del consenso degli esperti (forma di vita).
Dall’illuminismo, Il segno della legittimità è il consenso popolare, il modo della produzione normativa è la deliberazione. Ne deriva l’idea di progresso (accumulazioni del sapere e delle leggi). Questo popolo è del tutto diverso dal soggetto delle narrazioni popolari, Anzi sono proprio i nemici, il nome della scienza, di quelle narrazioni.
9) Narrazione e legittimazione del potere
Le due grandi narrazioni legittimanti:
– Umanità come eroe della libertà. Politica educativa della terza repubblica, obbligo scolastico di base. Se il soggetto sociale non è anche soggetto del sapere scientifico, ciò avviene perché i preti e tiranni gliel’hanno impedito. Lo Stato forma il “popolo” come nazione nella marcia verso il progresso.
– “Cercare la scienza per se stessa” ( Von Humboldt) intento speculativo della fondazione della Università tedesca per una Bildung (scientifica, morale, politica) il cui soggetto non è il popolo, bensì lo “spirito speculativo”. Non si incarna in uno Stato ma in un Sistema (Hegel dell’enciclopedia). Speculazione è qui il nome che sfonda il discorso sulla legittimazione del discorso scientifico. Le scuole superiori sono funzionali, l’università è speculativa, cioè filosofica. Il sistema è la narrazione della “storia” di questo Soggetto-Vita ciò che ne nasce è un metà racconto. Il metà soggetto a dimora nella università speculativa.
Tutti i discorsi conoscitivi, su qualsiasi possibile referente, non fanno parte del dispositivo speculativo con il loro valore di verità immediato, ma con il valore che assumono perché occupano una certa posizione nel percorso dello Spirito o della Vita (o dell’Enciclopedia). Il vero sapere è sempre un sapere indiretto, riferito, inserito in una metanarrazione. Il discorso ermeneutico contemporaneo nasce da tale presupposto (Ricoeur,Gadamer).
10) La delegittimazione
Nella società post industriale e nella cultura postmoderna contemporanee, il problema della legittimazione si pone diversamente. La grande narrazione, sia speculativa, sia emancipativa ha perso credibilità.
I germi della delegittimazione erano già presenti nelle grandi narrazioni del XIX secolo. Nel dispositivo speculativo, il discorso denotativo, la scienza positiva non è vero sapere. Una scienza che non ha trovato la sua legittimità non è vera scienza, essa cade al più basso dei ranghi, quello di ideologia o di strumento di potenza. Su un piano diverso, Nietzsche, dimostra che il “nichilismo europeo” discende dall’auto-applicazione dell’esigenza scientifica di verità all’esigenza stessa.
La gerarchia speculativa delle conoscenze lascia il campo ad una rete immanente e per così dire “piatta” di investigazioni le cui rispettive frontiere, sono in continuo movimento. Spogliate dalla responsabilità della ricerca, affossata dal racconto speculativo, e se si limitano a trasmettere i saperi, giudicati come acquisiti, e garantiscono, attraverso la didattica, la riproduzione dei professori piuttosto che degli scienziati. È in questo stato che Nietzsche le trova, e le condanna.
Quanto all’altra procedura di legittimazione, il dispositivo emancipativo che nasce dall’illuminismo, la sua potenza di erosione è evidente: fonda la legittimità della scienza, la verità, sull’autonomia degli interlocutori impegnati Nella prassi etica, sociale, politica. La contraddizione risiede in questa fondazione: si unisce un enunciato denotativo di valore cognitivo [ La scienza è vera] con uno prescrittivo di valore pratico [ quando i suoi soggetti sono autonomi nella società]. Questo tipo di delegittimazione, come la perseguono al loro modo Wittgenstein, Martin Buber e Emmanuel Levinas, spiana la strada ad una corrente importante della postmodernità: La scienza gioca il suo gioco, Non può legittimare altri giochi linguistici. Per esempio gli sfugge il gioco prescrittivoma, soprattutto, essa non può auto-legittimarsi, contrariamente a quanto supponeva l’ipotesi speculativa.
E’ con tale prospettiva che il mondo postmoderno ha a che fare. La nostalgia della narrazione perduta è anch’essa perduta per la maggior parte della gente. Ciò non significa in alcun modo che essa sia votata alla barbarie. Ne è tenuta lontana dal fatto che sa che la legittimazione può avvenire esclusivamente attraverso la pratica linguistica e la interazione comunicativa. Contro ogni altra illusione, la scienza “che sorride sotto i baffi” gli ha insegnato la rude sobrietà del realismo.
11) Ricerca, legittimazione, performatività
La rierca definisce un linguaggio e una assiomatica che non possono essere dimostrati, solo condivisi dagli esperti.
Dal XVII secolo con Cartesio, la verificazione esige prove di laboratorio. Il problema è posto: gli strumenti che ottimizzano le prestazioni del corpo umano ai fini dell’amministrazione della prova esigono un investimento supplementare. quindi, Niente prove e niente verificazione degli enunciati, e niente verità, senza soldi. I giochi linguistici della Scienza diventano giochi dei ricchi, in cui il più ricco ha più probabilità di aver ragione. Si delinea un’equazione fra ricchezza, efficienza, verità. E’ in questo momento che la scienza diviene forza produttiva.
Il capitalismo offre la sua soluzione al problema scientifico del credito alla ricerca: direttamente, finanziando i dipartimenti di ricerca nelle imprese, dove gli imperativi di produttività e di commercializzazione orientano gli studi verso priorità “applicative”; indirettamente, creando le fondazioni di ricerca privata, statale o mista, che accordano credito ai programmi dei dipartimenti universitari, dei laboratori di ricerca o dei gruppi di ricercatori indipendenti, Ma stabilendo che occorre finanziare la ricerca a fondo perduto per un certo periodo per aumentare la probabilità di ottenere una innovazione decisiva, quindi altamente redditizia.
Gli stati nazione durante il periodo keynesiano, si sono attenuti alla stessa regola: ricerca applicata, ricerca di base. Le norme di organizzazione del lavoro che prevalgono nelle imprese penetrano Nei laboratori di ricerca applicata:gerarchia, decisioni, formazioni di equipe, valutazione dei rendimenti individuali e collettivi, programmi commercializzabili, ricerca del cliente. I centri di ricerca”pura” ne soffrono meno, ma beneficiano anche di crediti minori.
L’amministrazione della prova ricade sotto il controllo di un altro gioco linguistico, la cui porta non è la verità, Ma la performatività, Vale a dire il miglior rapporto input/output.
Lo Stato e/o l’impresa abbandonano la narrazione legittimante idealista o umanista per giustificare il nuovo gioco: per il discorso dei finanziatori contemporanei, esiste un solo gioco credibile, quello della potenza.
Il problema sta nello scoprire In cosa possa consistere il discorso della potenza, e se esso possa produrre legittimazione. Ciò che sembrerebbe a prima vista impedirlo è la distinzione operata dalla tradizione tra forza e diritto, fra ciò che è forte, ciò che è giusto, ciò che è vero. Anche nei giochi linguistici il gioco denotativo per tiene all’opposizione vero/falso. Il gioco prescrittivo che compete del giusto/ingiusto. Il gioco tecnico il criterio è efficiente/inefficiente. La “forza” sembrava riguardare esclusivamente quest’ultimo. Ma è vero che la performatività, aumentando la capacità di amministrazione della prova, aumenta anche la capacità di aver ragione. Altrettanto dicasi del rapporto fra giustizia e performatività: Le probabilità che un ordine sia considerato giusto aumenteranno assieme a quelle che so ha di essere attuato. Tale è il motivo per cui Luhmann ritieni di constatare la sostituzione della normatività delle leggi con la performatività delle procedure nelle società post-industriali.
Il “controllo dell’ambiente”, vale a dire il miglioramento delle prestazioni ottenuto contro gli interlocutori di cui l’ambiente è costituito (che si tratti di “natura” o di uomini) potrebbe valere come una specie di legittimazione. Si tratterebbe di una legittimazione di fatto.
Rinforzando le tecniche, si “rinforza” la realtà, dunque le probabilità di essere giusti e di aver ragione. inversamente, È tanto più agevole rinforzare le tecniche quanto più si dispone del sapere scientifico e dell’autorità decisionale.
Prende così forma la legittimazione attraverso la potenza.
Essa legittima la scienza e il diritto attraverso la loro efficienza, è la seconda attraverso i primi. Sì auto legittima apparentemente allo stesso modo di un sistema regolato sull’ottimizzazione delle proprie prestazioni.
Il rapporto tra scienza e tecnica si inverte. Il criterio di performatività viene esplicitamente invocato dalle amministrazioni per giustificare il rifiuto di abilitare determinati centri di ricerca.
12) Insegnamento, legittimazione, performatività
Una volta ammessa l’idea di conoscenza stabilita, il problema della sua trasmissione si articola pragmaticamente in una serie di domande: chi trasmette? Che cosa? A chi? Sfruttando quali rapporti? In quale forma? Con quale effetto? Una politica universitaria è formata da un insieme coerente di risposte a tali domande.
Nel momento in cui il criterio di pertinenza diviene la performatività del sistema sociale presupposto, nel momento Cioè in cui si adotta la prospettiva della teoria dei sistemi, l’insegnamento superiore si presenta come un sotto-sistema del sistema sociale, e tutti i suoi problemi vengono risolti applicando il medesimo criterio di performatività. L’effetto che ci si propone di ottenere è il contributo ottimale dell’insegnamento superiore ad una migliore performatività del sistema sociale.
Due tipi di competenze saranno indispensabili:
a) quelle necessarie alla competizione mondiale negli ambiti di sviluppo di Stati-nazione o istituzioni private di ricerca: informatica, cibernetica, linguistica, matematica, logica, nel campo delle Scienze dell’informazione.
b) quelle necessarie alla riproduzione del sistema: tot medici, tot ingegneri, tot professori, tot avvocati, amministratori…
Se i fini dell’insegnamento superiore sono funzionali, che ne è dei suoi destinatari? Il principio di performatività [..] produce l’effetto globale di subordinare le istituzioni di insegnamento superiore al potere. Non esistono quasi situazioni in cui i consigli dei docenti detengono il potere di decidere l’entità del bilancio destinato alle loro istituzioni; dispongono solo del potere [..] di distribuire ciò che viene loro attribuito.
Che cosa si trasmette oggi negli insegnamenti superiori? Se si tratta di professionalizzazione è, dal punto di vista funzionale, uno stock organizzato di conoscenze. Queste possono essere trasferite a supporti di memoria (biblioteche, banche dati, corsi). La pedagogia si libera della trasmissione dei contenuti e si rivolge all’ uso dei terminali e al raffinato gioco linguistico interrogativo: dove indirizzare la domanda, vale a dire, quale è la memoria pertinente per ciò che si vuole sapere? Come formularla per evitare errori? In questa prospettiva una formazione informatica, e ancor più telematica, elementari, dovranno necessariamente far parte di una propedeutica superiore.
La domanda più o meno esplicita che si pongono lo studente aspirante professionista, lo Stato o l’istituzione di insegnamento superiore, non è più: è vero? Ma: a che serve? Nel contesto della mercificazione del sapere, tale domanda significa nella maggior parte dei casi: si può vendere? E, nel contesto dell’incremento di potenza: è efficace? Si apre la prospettiva di un vasto mercato per le competenze operative.
Ora possiamo rappresentarci il mondo della sapere postmoderno come diretto da un gioco ad informazione completa, nel senso che per principio i dati vi sono accessibili a tutti gli esperti: non esiste segreto scientifico. Il sovrappiù di performatività, a parità di competenza, nella produzione, e non più nella acquisizione, del sapere, dipende dunque finalmente da questa “immaginazione”, che consente sia di effettuare una nuova mossa, sia di cambiare le regole del gioco.
L’idea di Interdisciplinarità appartiene propriamente all’epoca della delegittimazione e al suo empirismo spinto. La valorizzazione del lavoro di equipe e propria di questo prevalere del criterio performativo nel sapere, in quanto il gruppo ha più probabilità di successo del singolo nella esecuzione di un compito (soprattutto nella ricerca).
L’era del professore è morta: Costui non è più competente delle reti di memoria per la trasmissione del sapere stabilito, ne è il più competente delle equipe interdisciplinari per inventare nuove mosse o giochi.
13) La scienza postmoderna come ricerca delle instabilità
Del sapere scientifico potremmo affermare parodisticamente che è alla ricerca delle ” vie d’uscita dalla crisi”, crisi che è quella del determinismo.
Il determinismo è l’ipotesi su cui riposa la legittimazione attraverso la performatività: dato che questa si definisce attraverso un rapporto input/output, il sistema in cui si introduce l’input deve essere supposto allo stato stabile; esso segue una “traiettoria” regolare di cui è possibile definire la funzione continua e derivabile che consentirà di anticipare correttamente l’output. Tale è la “filosofia” positivista dell’efficienza.
Si tratta qui di dimostrare che la pragmatica della sapere scientifico postmoderno ha scarsa affinità con l’obiettivo della performatività. L’espansione della scienza non si produce grazie al positivismo dell’efficienza. Al contrario: lavorare alla prova, significa ricercare ed “inventare” il contro-esempio, Vale a dire ciò che è in inintellegibile; lavorare alla argomentazione, significa ricercare il “paradosso” e legittimarlo attraverso nuove regole del gioco del ragionamento.
Anacronistico non è domandarsi ciò che è vero e ciò che è giusto, ma rappresentarsi la scienza come positivista, condannata alla conoscenza illegittima, al mezzo-sapere, con cui la identificano gli idealisti tedeschi. Nel sapere scientifico postmoderno c’è un discorso adesso immanente, ma esplicito, sulle regole che lo convalidano. Paradigma di questo mutamento è la ricerca matematica che fa capo al teorema di Gödel.
Ammettendo che la società sia un sistema, il suo controllo, che implica la definizione precisa del suo stato iniziale, non può essere effettivo, dato che una simile definizione Non può essere effettuata.
Per Mandelbrot ” le funzioni derivabili sono le più semplici le più facili da elaborare, rappresentano Tuttavia l’eccezione: o se si preferisce un linguaggio geometrico, le curve che non hanno tangenti sono la regola, mentre le curve regolari, come in cerchio sono casi interessanti, ma molto particolari”.
René Thom, interrogando direttamente la nozione di sistema stabile, che è presupposto nel determinismo laplaciano come in quello probabilistico, stabilisce il linguaggio matematico che consente di descrivere come in determinati fenomeni possano prodursi delle discontinuita dando luogo a forme inaspettate: tale linguaggio costituisce quella che si definisce la teoria delle catastrofi. ” il modello delle catastrofi riduce tutti i processi causali ad un unico modello, la cui giustificazione intuitiva non pone problemi: il conflitto, padre, secondo Eraclito, di ogni cosa.”
14) La legittimazione per paralogia [ragionamento incoerente o illogico, schizofrenico]
Bisogna distinguere la paralogia dall’innovazione, anche se possono trasformarsi l’una nell’altra. La paralogia è una mossa, spesso misconosciuta sul campo, effettuata nella pragmatica dei saperi. L’innovazione è utilizzata dal sistema per migliorare la propria efficienza.
Se ripartiamo dalla descrizione della pragmatica scientifica (vedi sezione 7) dobbiamo ormai mettere l’accento sul dissenso. Il consenso è un orizzonte, non è mai acquisito. Si è colpiti dal fatto che arriva sempre qualcuno che scompiglia l’ordine della “ragione”. Bisogna supporre che esista una potenza che destabilizza le capacità di spiegazione e che si manifesta attraverso la promulgazione di nuove norme di intelligenza.
La teoria dei sistemi ed il tipo di legittimazione da essa proposto non hanno nessuna base scientifica: né la scienza stessa funziona praticamente secondo il paradigma sistemico ha messo da tale teoria, né tale paradigma consente di descrivere la società nei termini della scienza contemporanea. Nel quadro di un criterio di potenza, alcuni aspetti risultano delle conquiste: L’abolizione della metafisica e delle illusioni, il riportare all’autocoscienza tutti i giochi linguistici, la metacognizione.
Nel quadro di un criterio di potenza, una domanda (una forma di prescrizione) non riceve alcuna legittimità per il fatto di nascere dalla sofferenza di un bisogno inappagato. Il diritto non viene dalla sofferenza, bensì dal fatto che affrontandola, il sistema diviene più performativo. La sola controindicazione è che la mancata soddisfazione può destabilizzare tutto insieme. Regolarsi sulla debolezza è contrario alla natura della forza.
Anche la permissività, in rapporto ai diversi giochi, è subordinata alla condizione di performatività. La ridefinizione delle norme di vita consiste nel miglioramento della competenza del sistema in materia di potenza.
In quanto differenziante, la pratica scientifica offre l’anti modello di un sistema stabile. Qualsiasi enunciato deve essere conservato nel momento in cui comporti una differenza rispetto a ciò che è noto, e sia argomentabile è probabile. Essa rappresenta un modello di “sistema-aperto”, in cui la pertinenza dell’enunciato consiste nel fatto che esso ” fa nascere delle idee”, vale a dire altri enunciati e altre regole del gioco.
Le regole non sono enunciati denotativi, ma prescrittivi, che meglio sarebbe chiamare meta-prescrittivi per evitare confusioni (e si prescrivono come debbano essere le mosse dei giochi linguistici perché siano ammissibili). L’attività differenziante, o immaginativa o paralogica nell’attuale pratica scientifica, ha la funzione di far emergere queste meta prescrizioni (i ” presupposti”) e di farne accettare altre agli interlocutori.
La pragmatica sociale non ha la ” semplicità” di quella scientifica.
Quanto all’informatizzazione della società: può diventare lo strumento ” sognato” del controllo e della regolazione del sistema di mercato, esteso fino al sapere stesso, eretto esclusivamente dal principio di performatività. Essa comporta inevitabilmente il terrore.
Essa può anche servire i gruppi di discussione sulle meta-prescrizioni dando loro le informazioni, di cui perlopiù difettano, per decidere con cognizione di causa.
La linea da seguire Perché la biforcazione si risolva nella seconda opzione è: il pubblico deve avere libero accesso alle memorie ed alle banche di dati.
I giochi linguistici saranno allora dei giochi ad informazione completa in un dato momento, ma giochi a risultato non nullo. Infatti le poste saranno costituite dalle conoscenze (o dalle informazioni, se si vuole) e la riserva di conoscenze è inesauribile.
Si delinea una politica in cui saranno ugualmente rispettati il desiderio di giustizia è quello di ignoto.