Covid-19, capitalismo di piattaforma e reti di mutualismo conflittuale

di S. Simoncini

1. Le fratture del Covid-19

Al di là della terribile conta delle vittime, non abbiamo ancora cognizione esatta dell’entità della catastrofe che ci ha investito. Perché Covid-19 non è un ciclone tropicale, non ha devastato con impeto le strutture fisiche e visibili dei nostri territori. Ha piuttosto profondamente investito le già fragili strutture invisibili di molti sistemi sociali ed economici, mettendoli a nudo e colpendo le fasce di popolazione più esposta, e forse anche minando in molti paesi i fondamentali istituti democratici (Harvey, 2020; Han, 2020)[1].Ma Covid-19 non è solo e semplicemente una fatalità devastante e priva di senso. Avendo palesato a scala planetaria l’insostenibilità del modello di sviluppo dominante, potrebbe aver predisposto le nostre coscienze a promuovere o ad accogliere un radicale cambiamento di paradigma. Covid-19 è quindi in un certo senso un’immagine[2], qualcosa di assimilabile alle prime immagini della terra vista dallo spazio, fotografie dirompenti che hanno generato in molti una nuova coscienza della relazione tra uomo e natura. Dal macro al micro, dal fuori al dentro, se Blue Marble è la veduta d’insieme mozzafiato sulla bellezza e fragilità di un pianeta organicamente uno e senza confini, il minuscolo globo del Covid-19 è diventato il simbolo universale di un fatale bug di sistema presente nel cuore del capitalismo del XXI secolo, un medium che ha sviluppato la radiografia di questo sistema segmentato e diseguale, delle sue viscere fortemente compromesse[3] (Roy, 2020). Da un lato infatti ha portato alla luce, “isolandole” e accentuandole, le profonde diseguaglianze sociali esistenti, e messo a nudo nel contempo l’esile e ancora fondamentale ossatura riproduttiva dei sistemi, dall’altro ha messo in risalto la divaricazione tra civiltà e natura. Perché Covid-19, scaturito dal “cuore di tenebra” della wildness a causa della crescente pressione antropica (Wallace et alii, 2020), s’insedia nei gangli vitali del sistema capitalistico, dove è maggiore la densità dei flussi e degli insediamenti, nonché il distacco dal mondo naturale, per poi tornare alle frontiere del capitale, imponendo così un arresto forzato senza precedenti a un “sistema-mondo” (Wallerstein, Hopkins, 1997; Azzolini, 2015), che si fonda per lo più sullo sfruttamento sistematico dei lavoratori e delle risorse naturali, sulla crescita illimitata della produzione e dei consumi.Ma insieme al conflitto Civiltà vs. Natura, la gamma delle “fratture” fondamentali (Rokkan, 2002) “illustrate” e approfondite dalla pandemia è ampia: il ruolo chiave del welfare e del lavoro di cura (strutture e personale sanitario, mutualismo sociale, servizi di manutenzione e cura ecc.) in contrasto con il cinismo della produzione e del profitto a tutti i costi (Riproduzione vs. Produzione); la marea montante di lavoratori invisibili e disoccupati a fronte di un mercato del lavoro sempre più strozzato e segmentato (Reddito vs. Salario); la preminenza del ruolo dello Stato a fronte della manifesta fragilità di un sistema fondato sulla egemonia dei mercati e del privato (Stato vs. Mercato); la centralità del territorio e delle sue reti solidali e produttive, di contro alla irrazionalità e rapacità delle filiere lunghe del capitale globale e finanziario (Locale vs. Globale); la spinta dal basso alla condivisione di conoscenza e alla collaborazione in rete in risposta alle tendenze autoritarie fondate su tecnologie centralizzate e controllo sociale (Tecnocrazia vs. Democrazia).Queste nuove e vecchie faglie “pandemiche” derivano in realtà da un processo di lungo periodo dispiegatosi soprattutto nell’ultimo decennio – quello durissimo della grande crisi – con un doppio movimento: da un lato si è ulteriormente indebolito il ruolo degli Stati nazione sotto il peso dei debiti sovrani e delle successive politiche di Austerity, con tutte le conseguenze del caso sulla coesione sociale e sulla tenuta dei sistemi democratici (Brenner, 2004); dall’altro si è determinata l’ascesa delle grandi piattaforme digitali come apparati pervasivi di controllo socio-economico, con i loro monopoli di dati e la capacità di estrazione di valore con effetti mercificanti sui territori e disgreganti su sociale e lavoro (Simoncini, 2019).Non si può non tenere presente questo quadro se si vuole ragionare di prospettive sul piano locale, e in particolare in relazione a un contesto come quello romano, già fortemente scosso dalla crisi prima dell’irruzione sulla scena di Covid-19.

2. Esposizione al rischio: Roma dalla “policrisi” all’emergenza

Covid-19 in che condizioni ha trovato la capitale il 9 marzo 2020? E come ce la riconsegna dopo l’emergenza?Il potenziale distruttivo di una catastrofe è dato da una serie di fattori che richiedono un approccio che si definisce “multi-rischio” (Pagliacci, Russo, 2019). Questi fattori sono soprattutto la potenza stessa dell’evento, l’esposizione al rischio di un dato contesto territoriale e socio-economico, e la resilienza della popolazione agli effetti della catastrofe – e vanno necessariamente combinati per valutare l’impatto della pandemia[4], nonché per provare a costruire delle risposte proporzionali all’impatto. In questo senso, si può anzitutto affermare che la capitale da un lato è molto esposta agli impatti del Covid-19 in ragione del suo inadeguato modello di sviluppo, dall’altro è molto resiliente per la capacità di risposta e adattamento della sua popolazione. Una economia fondata prevalentemente su turismo e terziario ha reso il “lockdown”, una volta introdotto, molto efficace dal punto di vista del contenimento del contagio, in quanto le interazioni (interne e verso l’esterno) si sono ridotte al minimo. Purtroppo però, se si considerano dal punto di vista degli effetti economici del lockdown, queste caratteristiche si convertono in enormi criticità.Città sub-globale a bassa attrattività finanziaria e ad alta attrattività turistica (Ciccarelli, Gemmiti, Salvati, 2012), Roma esce da un decennio di profonda “policrisi” (Simoncini, 2018) che ha investito simultaneamente le dimensioni politico-amministrativa e socio-economica, generando una città divisa e segmentata, “characterized by acute forms of social exclusion and polarization” (Lelo, Monni, Tomassi, 2019).Dal 2009 in avanti, dalle dimissioni di Marrazzo e Polverini in Regione Lazio (2009 e 2012), alla Parentopoli di Alemanno (2010), a Mafia Capitale e alle dimissioni di Marino al Comune (2015), ai casi Scarpellini-Marra (2016) e Parnasi-Lanzalone (2018) della sindacatura Raggi, è stato un susseguirsi di scandali che hanno totalmente screditato istituzioni e partiti, determinando una drammatica discontinuità amministrativa. A questa si somma l’instabilità economico-finanziaria del Comune dovuta a un debito monstre alimentato nel tempo soprattutto dall’inefficienza e dalla mala gestione delle società partecipate e del patrimonio immobiliare, nonché una pesantissima crisi sociale con un incremento della polarizzazione territoriale ed economica derivate da una disoccupazione strutturale e dalla contrazione della spesa pubblica e del welfare territoriale (Tocci, 2019). A fronte della crisi ormai decennale dell’industria delle costruzioni, che insieme alle industrie creative aveva costituito il volano del Modello Roma nel quindicennio del governo di centro-sinistra (1993-2007), e del prosciugarsi della vena di trasferimenti dal governo centrale, l’unico settore veramente anticiclico che, insieme alle attività legate alle grandi funzioni pubbliche della capitale, ha contribuito a puntellare economia e occupazione è l’industria del turismo (Causi, 2018). Infatti, a parte la crescita di limitati comparti industriali ad alta specializzazione (chimico, farmaceutico, aerospaziale e ICT) e una tenuta del terziario avanzato, i settori che nel decennio 2008-2018 hanno registrato gli incrementi occupazionali più forti, sia in termini assoluti che relativi, sono le attività di “servizi personali e collettivi” (mobilità, assistenza, abitazione) e gli “alberghi e ristoranti”, cresciuti rispettivamente del +46,2% e del +44,8%. Si tratta di settori molto legati al turismo, con manodopera a bassa qualificazione e attività a bassa intensità tecnologica e innovatività[5]. A Roma si parla ormai di un fenomeno di “overtourism” che pesa sulle infrastrutture e servizi della città con 1 milione di abitanti aggiuntivi ogni giorno, generando molti profitti per pochi privati (spesso grandi tour operator con sedi all’estero), scarsa redistribuzione attraverso lavoro dequalificato, e pesanti costi sociali ed economici per gli abitanti, tra concentrazione dei flussi, sovraccarico di servizi, erosione dei servizi e tessuti commerciali di prossimità, gentrificazione.In questo quadro Covid-19 sta scalzando, non sappiamo per quanto tempo, un puntello che da un lato sostiene l’economia della città, dall’altro contribuisce a determinarne profondi squilibri e disagi. Se si sommano commercio, alberghi e ristoranti e servizi collettivi e alla persona, che sono i settori più esposti al collasso circolatorio dei flussi turistici, parliamo di una base occupazionale di più di mezzo milione di lavoratori potenzialmente minacciati, cioè quasi un terzo dell’intera popolazione romana occupata. E’ perciò chiaro che si rischia veramente il disastro, e che tuttavia non si può non considerare che si rischia il disastro proprio perché il modello di sviluppo è costitutivamente esposto al rischio.Chiaramente queste circostanze implicano anche una contrazione della economia di piattaforma legata ai servizi turistici, come Airbnb o Booking, ma c’è da ritenere che non si produrrà una controtendenza rispetto agli impatti già prodotti, tra cui mercificazione e desertificazione dei centri storici (Celata, 2018; Celata, Capineri, Romano, 2020). Se le piattaforme con i loro limitatissimi costi fissi e marginali e con le loro enormi economie di scala possono reggere la caduta massiccia dei flussi, non altrettanto si può dire per i piccoli proprietari, imprenditori e lavoratori legati alle piattaforme, che saranno costretti a cedere beni e attività a favore di grandi concentrazioni proprietarie e finanziarie.Valutata nel suo complesso tuttavia, l’economia di piattaforma è stata enormemente avvantaggiata da Covid-19 (Klein, 2020), che secondo Evgeny Morozov “sta allo stato soluzionista come l’11 settembre sta allo stato di sorveglianza” (Morozov, 2020). Con il distanziamento forzato si è infatti prodotta una smisurata dilatazione delle interazioni digitali, proporzionale alla contrazione delle interazioni territoriali. È un fenomeno dalle molteplici valenze, ancora in larga parte da studiare e valutare, ma è evidente che ha comportato un travaso massiccio di flussi comunicativi, attività lavorative e scambi commerciali nei “silos” delle grandi piattaforme di servizi digitali. Ed è altrettanto evidente che questo travaso, poiché non rifluirà automaticamente e integralmente nello spazio fisico quando l’emergenza sarà rientrata, andrà ad aggravare gli impatti che la mediazione digitale ha già generato sui territori, tra cui una progressiva erosione dello spazio pubblico, del capitale sociale e del tessuto commerciale di prossimità (Simoncini, 2019; Van Dijck, Poell, De Waal, 2019).Non si tratta però di un processo univoco. Non tutta la mediazione digitale produce questi effetti, se si guarda alle possibilità che essa supporta su altri piani, come ad esempio quello della cooperazione territoriale e delle azioni dal basso (Simoncini, 2020; Di Bella 2012). E proprio su questo piano a Roma, insieme alla estrema vulnerabilità del modello di sviluppo, si è manifestata una resilienza sociale molto significativa, dalla quale sarà necessario ripartire nella fase di ricostruzione del tessuto socio-economico romano.

3. Resilienza: le reti di mutualismo conflittuale

Per una valutazione preliminare dell’entità della crisi in cui la città è sprofondata può essere utile considerare i numeri delle domande pervenute al Comune per i diversi sussidi attivati nell’emergenza, da incrociare con i dati recenti, altrettanto indicativi, sul reddito di cittadinanza[6]. Quanto al cosiddetto “Buono spesa”, una misura attivata dal Comune di Roma a supporto delle famiglie in difficoltà economica per l’acquisto di beni di prima necessità (farmaci e generi alimentari) su fondi erogati da governo centrale e dalla Regione, le domande pervenute al Comune per buoni una tantum che vanno dai 300 ai 400 euro sono 167 mila, di cui ne sono state accolte 97 mila. Sono invece 49 mila le domande pervenute al Comune di Roma per il bonus di sostegno all’affitto, che prevede la copertura del 40% del canone per tre mensilità ed è rivolto ad un’ampia platea (sotto i 28 mila euro di reddito) ma a condizione di poter dimostrare una riduzione di reddito causata dal Covid-19 superiore al 30%. Vi è una evidente inadeguatezza delle misure se si considerano l’entità dei fondi erogati, – sia perché non sono neanche sufficienti a evadere le domande pervenute, sia perché si tratta di provvedimenti straordinari e non strutturali –, così come le modalità di erogazione, che scontano gravi ritardi e inefficienze. In questo quadro la situazione di crisi è ricaduta in larga parte sulle spalle del volontariato, che si è massicciamente attivato fin dall’inizio dell’emergenza, e si prevede che sarà sempre più importante anche dopo l’emergenza.Nel periodo dell’emergenza abbiamo assistito in Italia e nel mondo a una sorprendente attivazione civica e di movimento, con un susseguirsi di iniziative che sono state obbligate nel lockdown generalizzato a fare un ricorso massiccio a strumenti e media digitali. Il confinamento, ben lungi dall’indebolire l’attivismo, ha esercitato una spinta a costituire e allargare reti, nonché ad affinare all’interno di queste reti la collaborazione attraverso gli strumenti digitali. Assemblee e reti si sono costituite anche in Italia a tutela e sostegno di diverse categorie e vertenze, tra cui il movimento transnazionale del RentStrike, o quello per il Reddito di quarantena, o le reti dei Lavoratori dello spettacolo, delle Sex workers e dei riders, così come la grande assemblea “#ilmondocheverrà”.Ancora più consistente però è stata l’attivazione di reti di mutualismo che hanno combinato in modo innovativo attivismo offline e attivismo online. Si tratta di un fenomeno globale che è nato dal basso in una dimensione iperlocale, spesso a partire da gruppi Whatsapp, Telegram e Facebook, ma si è rapidamente sviluppato in reti a scala urbana a partire dall’esperienza delle realtà storiche di movimento, ma con una successiva forte diversificazione. I casi inglese e spagnolo sono molto significativi[7], mentre in Italia Milano, Bologna, Roma e Napoli al momento sembrano essere le città in cui è stata più forte l’attivazione[8].Esistono diverse risorse per fare ricerca sulle iniziative e reti mutualistiche che si sono attivate nell’emergenza Covid-19. Una mappa collaborativa a scala nazionale realizzata dal collettivo emergenzeHack – lo stesso che si è attivato in occasione del terremoto dell’Aquila con una piattaforma collaborativa per il supporto alle comunità colpite –, ha raccolto segnalazioni su vari tematismi, tra cui “donazioni di beni e offerte di servizi”[9]. In questa categoria le iniziative segnalate, tra le quali 17 a Roma e 25 a Milano, sono numerose ma molto inferiori ai numeri reali. La mappatura locale più completa e articolata, per quanto di non facile consultazione, è quella realizzata dalla Casa dei diritti sociali e partecipata attraverso segnalazioni via email [10], con circa 200 record e tematismi che vanno dai “Centri di raccolta alimentare e spesa sospesa”, a “Mense e distribuzione pasti”, “Tutela delle donne vittima di violenza” ecc. A queste si sono aggiunte altre tre mappe. La mappa realizzata dall’associazione Be pop (“La Roma buona – risorse e strumenti durante l’emergenza Coronavirus”) segnala quasi 40 iniziative alle voci “spesa solidale” e “sportelli informativi”[11]. Quella realizzata dal CSV Lazio (Centro di Servizio per il Volontariato) segnala per il Comune di Roma ben 145 servizi attivati o garantiti dalle organizzazioni di volontariato, di cui 54 dedicati a “Spesa e farmaci a domicilio”, “Distribuzione viveri in strada” e “Spesa sospesa”, mentre 63 sono di “Ascolto, sostegno e animazione a distanza”[12]. E infine quella realizzata da “Dinamo Press”, in cui le iniziative segnalate, in numero minore rispetto alle altre mappe, sono associate tramite link agli approfondimenti giornalistici già realizzati dalla testata[13]. Altri strumenti utili a differenziare le diverse tipologie di attori e modalità operative, ma soprattutto per rilevare quali realtà di volontariato, tra associazionismo e terzo settore, stiano operando in stretto collegamento con gli enti locali, o con il loro supporto finanziario, esistono elenchi pubblicati dalla Regione Lazio in funzione di servizi e avvisi, tra cui l’elenco di referenti della “Spesa facile” (servizio gratuito di consegna a domicilio per persone obbligate a restare in casa, in quanto non autosufficienti o immunodepresse ecc.) che coinvolge “le organizzazioni del Terzo settore, i Comuni o i soggetti da questi incaricati, ovvero associazioni, comitati di quartiere, parrocchie”[14], e la graduatoria dell’“Avviso pubblico per misure straordinarie di sostegno alle attività degli Enti del Terzo settore” attivi nell’assistenza alla cittadinanza durante l’emergenza Covid-19[15]. Nel primo caso sono registrate più di 80 realtà attive nel territorio a supporto del servizio di spesa facile attivato dalla Regione, tra cui centri sociali come Cortocircuito che paradossalmente, come tanti altri spazi sociali di Roma, è sotto minaccia di sgombero da parte del Comune di Roma per i problemi formali legati ai titoli di concessione dell’immobile. Nel secondo caso, ma il dato è per tutta la Regione, su 290 domande pervenute, 70 sono quelle ammesse a finanziamento per importi che vanno da poche centinaia di euro al massimale di 200 mila (Caritas e Sant’Egidio).Ma al di là della ricognizione puntuale dei servizi e dei dati quantitativi, gli elementi di novità del processo si colgono soltanto a partire da una valutazione degli aspetti qualitativi e relazionali della attivazione dal basso che si è prodotta durante l’emergenza Covid-19, cioè quella più legata alle realtà territoriali dell’autogesione che, sospese tra dimensione informale e formale, si caratterizzano per progettualità autonome in rete che combinano conflitto e dialogo nel rapporto con le istituzioni, legittimando la definizione di “mutualismo conflittuale” (Cannavò, 2018). Va detto che Roma non è un’eccezione per quanto attiene la crescente importanza della componente di movimento nella costruzione dal basso del welfare territoriale. Validi studi recenti (Zamponi, 2019; Bosi, Zamponi, 2019), prendendo a riferimento la scala nazionale italiana, hanno evidenziato come nell’ultimo decennio il declino della partecipazione ai movimenti di protesta ha da un lato implicato la “latenza” dell’azione collettiva in un’area di movimento “immersa” nella vita di tutti i giorni e costituita da reti di laboratori culturali, dall’altro ha prodotto, su quel terreno, una transizione dalla protesta all’azione sociale diretta intesa come processo politico, fino a imporsi come componente sociale più significativa, al pari di terzo settore e volontariato, nel fornire risposta ai bisogni primari. Un successo che tuttavia è rimasto intrappolato in una contraddizione, quella di legittimare involontariamente i tagli al welfare assumendo un ruolo di supplenza rispetto ai servizi pubblici, a cui si cerca di sottrarsi politicizzando l’efficacia dell’azione sociale.Assumendo un altro angolo di visuale, lo stesso processo può essere interpretato nell’ottica delle trasformazioni generali del capitale sociale dettate dai cambiamenti di sistema avvenuti nell’ultimo decennio, sia sul piano strutturale che sovrastrutturale, in stretta connessione con la cosiddetta “rivoluzione digitale”. In tal senso, “Nel quadro di una complessiva individualizzazione del capitale sociale e sfaldamento dei corpi intermedi […] molte analisi rilevano la concomitante tendenza espansiva di un complesso di pratiche socio-spaziali interpretate come fenomeni di riembeddedness ascrivibili alle elusive categorie dell’‘innovazione sociale’ o del commoning” (Simoncini, 2020: 228). In questo doppio movimento gioca infine un ruolo fondamentale la cosiddetta CMC (Computer Mediated Comunication), la quale, a partire dal “nuovo spazio sociale” dell’interazione ibrida, digitale e territoriale, ha facilitato il costituirsi, sul terreno delle pratiche di commoning, di nuove formazioni sociali definibili come reti sociali interorganizzative e trasformative. Reti territoriali di cooperazione e mutualismo attraverso cui, su diversi piani, dalla riproduzione alla produzione, i movimenti tentano di operare salti di scala verso forme di autogoverno urbano. Per quanto la storia della relazione tra digitale e attivismo nell’ultimo ventennio sia stata letta come un ripiegamento dalla dimensione globale a quella iperlocale (Lim, 2018), o come un processo di individualizzazione della partecipazione (Gerbaudo, 2017), sembra di intravedere ora, in queste nuove formazioni locali, una controtendenza.A seguito di una analisi delle attività svolte nel periodo dell’emergenza a Roma, possiamo affermare che gli aspetti qualitativi più significativi e innovativi delle iniziative di welfare dal basso sono principalmente tre, che riguardano forme organizzative, relazioni esterne e strutture relazionali. Il primo è senz’altro il tentativo di collegarsi, sia a scala locale che a scala nazionale e, in alcuni casi, internazionale (RentStrike), in reti sociali finalizzate a rendere più sistematiche, incisive ed estese le iniziative mutualistiche, o a partire da reti già esistenti (che in genere vengono rafforzate, estese e ibridate con la cooptazione di tipologie molto diversificate di attori), o costituendo reti del tutto nuove. Per quanto riguarda le iniziative solidali, esse vanno dal sostegno alimentare con spese e pasti a domicilio, al sostegno psicologico e formativo rivolto alle famiglie, all’assistenza legale (a immigrati, rifugiati, lavoratori, affittuari), ai libri sospesi, al contrasto del digital divide.Il secondo aspetto da rilevare è la capacità di queste reti di alternare e modulare interlocuzione, collaborazione e conflitto nel rapporto con le istituzioni. Il terzo aspetto riguarda invece un ricorso più sistematico a tool e media digitali, in parte obbligato dal lockdown, per rendere più efficaci le proprie iniziative in termini di condivisione di conoscenza, organizzazione e comunicazione.Volendo analizzare questi processi a partire dall’azione e progettualità di singoli attori, tra le esperienze più esemplificative si segnala senz’altro quella di Nonna Roma, l’associazione nata per iniziativa del circolo Arci e centro socio-culturale Sparwasser (legato all’associazione nazionale Link – Coordinamento univesitario[16]) che è stata correttamente definita un “hub della solidarietà della capitale” [17]. Nonna Roma da un lato ha lavorato in rete con Croce rossa e Protezione civile e in stretta collaborazione con diversi municipi, tra cui il I, II, III e V, e raggiungendo moltissime famiglie con la spesa a domicilio (5500 nuclei complessivi per circa 900 pacchi a settimana nell’arco di due mesi) ma anche con aiuto compiti e baby sitting online (realizzati da Sparwasser), sportello legale e raccolta fondi, dall’altro si è integrata in tre delle reti mutualistiche più attive, cioè “Terzo a domicilio”, “Libera Assemblea di Centocelle” e “Quarantena solidale”.Ma vediamo più da vicino queste reti. “Terzo a domicilio” è la “coalizione per la solidarietà” costruita da Csa Astra, Lab Puzzle – Bene Comune, Grande come una città, Brancaleone e Nonna Roma, e offre spesa a domicilio per anziani e immunodepressi, sostegno psicologico (colloqui gratuiti con professionisti volontari) e sportello “tuteliamoci” (informazioni su diritti e tutele “per dipendenti, partite iva, precari, disoccupati”)[18]. Il GAM, Gruppo di Appoggio Mutuo si è costituito nell’ambito della Libera Assemblea di Centocelle[19], il coordinamento nato a Centocelle dopo le vicende dei roghi ai locali e spazi culturali del quartiere – tra cui la Pecora elettrica –, di cui fanno parte molte realtà locali come il Forte prenestino, il Laboratorio sociale autogestito, 100celle aperte, Anpi, Casale Garibaldi; tra le loro azioni vi sono consegne a domicilio di farmaci e beni di prima necessità, Sportello legale solidale, Sostegno psicologico solidale e Genuino Solidale, “spesa sospesa” di prodotti a filiera corta. “Resistenze contagiose”[20] è costituita da Csoa Spartaco, Cinecittà Bene Comune, Casa delle donne Lucha y Siesta, Open Arms Italia, Circolo Arci Stonehead, Scup – Sport e cultura popolare, A buon diritto, Civico 33, Via Libera, ed è attiva nel municipio VII con banco alimentare e sportello di assistenza legale. “Municipio solidale”[21] è una iniziativa del Municipio VIII che mette in rete società civile organizzata, professionisti e piccola imprenditoria locale (ha coinvolto nei due mesi di lockdown 120 volontari) per offrire moltissimi servizi gratuiti, tra cui didattica online per bambini e ragazzi, fornitura di device elettronici (50 abbonamenti Tim e 100 tablet consegnati a bambini e ragazzi), spesa a domicilio (con 1.900 pacchi donati a settimana e 21 mila euro raccolti e spesi dalla sola Casetta Rossa), sportelli di sostegno e consulenza (per anziani, donne, Lgbtq), e soprattutto un servizio di distribuzione di pasti a domicilio i cui numeri sono: “100 pasti caldi distribuiti, oltre 200 destinatari in ogni quartiere del municipio, 30 volontari/e attivati/e tra organizzazione, preparazione e consegna, diversi esercenti, sempre in aumento, che hanno donato cibi pronti e da cucinare”, il tutto organizzato per Municipio solidale da Nessun Dorma, Casetta rossa Spa, La Strada Csoa, LOA Acrobax e Rete Roma Sud[22]. “Quarantena solidale” è un’iniziativa promossa con il patrocinio del II municipio da Libera Repubblica di San Lorenzo, Atletico San Lorenzo, Anpi San Lorenzo, Communia, Esc Atelier, Il Grande Cocomero, La GRU – Germogli di Rinascita Urbana, Nuovo Cinema Palazzo, che offre insieme a Nonna Roma la spesa sospesa, ma anche libri sospesi e uno sportello di supporto telefonico[23]. La Rete di Economia Sociale e Solidale (RESS) ha invece lanciato con la collaborazione del “Punto comune” di Scup – Sport e cultura popolare e Communia, l’iniziativa dei Condomini solidali, gruppi di acquisto riferiti ai luoghi di residenza durante il lockdown, a cui si collega il servizio della “Cassetta sospesa”, cioè la distribuzione gratuita per famiglie e persone in difficoltà di generi alimentari a chilometro zero e sfruttamento zero finanziata dai Gruppi di acquisto solidale[24]. Negli sviluppi successivi al primo “lockdown” si è osservata una tendenza duplice, da un lato molte iniziative, al venir meno dell’emergenza più pressante, si sono indebolite se non proprio interrotte, dall’altro invece alcune reti hanno tentato di rafforzarsi e strutturarsi. Non è forse un caso in tal senso il nome assunto dalla rete “Solid”, di recentissima formazione a partire dall’iniziativa dell’occupazione abitativa Spintime Lab. La descriviamo brevemente. SOLID Roma nasce con l’obiettivo di unire le esperienze solidali in una rete di mutuo scambio, supporto e progettazione. L’orizzonte a cui guarda è quello di un welfare comunitario che vada oltre l’approccio riparativo, riconoscendo ai cittadini, ai territori, alle comunità locali e alla società civile la funzione pubblica che già hanno dimostrato di avere. Una rete diffusa in tutti i municipi e a cui ci si può rivolgere tanto per problematiche relative ai servizi di prima necessità quanto per diritti e bisogni legati all’abitare, alla salute, alle prestazioni sociali, alle discriminazioni di genere e ai diritti di cittadinanza. Una “comunità di comunità” che si riconosce nella necessità di disegnare collettivamente un orizzonte politico comune, dotandosi di strumenti e metodologie condivise per mettere in relazione i saperi con la città che resiste, in modo che i propri sforzi sui territori non siano solo operativi, ma anche progettuali e politici.Altro aspetto fondamentale di queste reti è la capacità di modulare dialogo e conflitto in relazione alle istituzioni, con una prevalenza del dialogo rispetto ai municipi e una maggiore conflittualità verso il Comune. Chiaramente ciò dipende anche dalle compatibilità politiche delle reti sociali con le diverse giunte, che tuttavia sembrano sempre subordinate a un pragmatismo di fondo funzionale agli obiettivi delle pratiche. Gli obiettivi più strettamente politici rispondono in molti casi alla esigenza di trascendere la funzione sussidiaria per suscitare cambiamenti radicali e strutturali a partire da una politicizzazione dell’azione sociale. In questo frangente l’elemento conflittuale si è espresso soprattutto sulle carenze delle misure istituzionali in tema di bonus affitti e bonus spesa. Dopo l’iniziativa della consegna delle cassette vuote presso la sede del V Municipio organizzata da Red Lab Quarticciolo l’8 maggio[25], il testimone è stato raccolto dapprima dalle realtà legate alla rete del “Municipio solidale” di Garbatella, che ha consegnato cassette vuote presso la Casa della città il 15 maggio[26], quindi dalla rete “Terzo a domicilio” al Tufello il 16 maggio, con un corteo che ha dimostrato di voler uscire dalla contraddizione dell’azione sociale sussidiaria per reclamare con forza servizi pubblici e welfare universale. Queste le rivendicazioni della manifestazione: trasparenza ed efficacia per le misure di sostegno, misure di welfare universale, reddito di base, mobilità e investimenti su manutenzione e servizi[27]. L’insieme di queste realtà ha infine organizzato una manifestazione unitaria in Campidoglio il 23 maggio, la prima significativa mobilitazione dopo il lockdown[28].L’ultima peculiarità riguarda l’uso sempre più avanzato degli strumenti digitali in chiave di condivisione di conoscenza – con un sempre più forte ricorso a strumenti di scrittura collaborativa o cloud storage –, in chiave organizzativa con il web conferencing e instant messaging, nonché in chiave di rinnovato mediattivismo con il fenomeno delle Web radio nate durante il lockdown. Significativa dal punto di vista delle assemblee online l’iniziativa nazionale della rete FuoriMercato[29], che ha lanciato una Cassa nazionale di solidarietà in cui Roma è rimasta un po’ marginale rispetto a Milano, Napoli e Bari, ma anche la grande assemblea nazionale di movimento #ilmondocheverrà, nella quale invece confluiscono diversi nodi delle reti mutualistiche romane[30]. Uno di questi nodi romani, Esc, si sta rendendo protagonista anche di una mobilitazione per il “reddito di quarantena” universalistico che combina assemblee online e azioni dirette territoriali come la manifestazione indetta il 29 maggio davanti al MEF[31]. Il ricorso ai gruppi di instant messaging, soprattutto Whatsapp e Telegram, è fondamentale per il coordinamento di tutte le reti di mutualismo, e in particolare per l’“hub” di Nonna Roma che ha costituito circa 15 gruppi durante l’emergenza[32].Tra i progetti più significativi della rete SOLID vi è lo sviluppo di un’App gestionale condivisa[33], che, secondo quanto si afferma nel sito consentirà “di avere tutti i dati raccolti in un database ordinato” con l’obiettivo di “monitorare e studiare soluzioni per affrontare le esigenze del territorio” a partire “dai dati raccolti tramite la scheda unica di accoglienza”. La SolidAPP e il suo database saranno “un fondamentale strumento a disposizione dei laboratori di progettualità territoriali, che grazie alla elaborazione dei dati potranno immaginare soluzioni basate sulle reali necessità del territorio”.E infine risultano fondamentali le “narrazioni” delle web radio, come l’autonarrazione tramite podcast “Realtà e spazi sociali al tempo del Covid” promossa da Radiosonar[34]. Ma vanno segnalate anche le radio nate in emergenza Covid-19, come Radio Anticorpi promossa da Casetta rossa[35] o radio DSNTZ (Distanza)[36], legata a La Strada, o l’iniziativa Artisti per il GAM della Libera Assemblea di Centocelle, che tramite un album Facebook ha messo all’asta opere di artisti e fumettisti più o meno noti, tra cui Zerocalcare, per finanziare le proprie iniziative solidaristiche[37].

4. Prospettive di ricostruzione

Il paradosso romano è perciò anche questo. A fronte di misure di sostegno del tutto insufficienti e temporanee sgocciolate dai decreti governativi (“Cura Italia” del 17 marzo e “Rilancio” del 19 maggio) alle Regioni e ai Comuni, su tutti i fronti – sanità, reddito, affitti e bisogni primari –, si è costituita una infrastruttura sociale che a differenza delle iniziative pubbliche, con l’unica eccezione del SSN, ha di fatto costituito l’unico presidio permanente nei territori, di sostegno immediato e orientamento. A prescindere dall’entità e dagli impatti del fenomeno, che andrà certo studiato anche da un punto di vista quantitativo per valutarne i possibili sviluppi, da un punto di vista qualitativo occorre prendere atto del fatto che queste reti si sono rese protagoniste di un processo costituente di nuove istituzioni territoriali. E il paradosso sta nel fatto che questa infrastruttura risulta minacciata dalle logiche appropriative e normalizzanti di una coalizione di poteri e interessi trasversali, nel contempo pubblici e privati. Spesso cresciuti nell’informalità e talvolta anche nell’illegalità delle occupazioni, molti degli spazi sociali che animano queste reti di “mutualismo conflittuale” sono stretti in una morsa tra l’azione legalista e repressiva delle istituzioni – con le sanzioni e minacce di sgombero derivate dai piani e interventi coordinati di Prefettura, Corte dei conti, Tar e Comune –, e il processo espansivo di un mercato e un’economia finanziarizzata che tendono a privatizzare ogni spazio pubblico e ad assorbire nei propri circuiti ogni forma di creatività sociale, spesso in tandem con economie criminali sempre più aggressive nei territori economicamente appetibili. E nel caso romano questa manovra a tenaglia, di repressione e privatizzazione (Simoncini, 2019b), appare persino consapevolmente predisposta dal Comune attraverso l’unica vera iniziativa di pianificazione urbanistica messa in campo nell’arco di un decennio, ReinvenTIAMO Roma, che secondo il claim della comunicazione comunale avrebbe “lo scopo di selezionare aree e immobili pubblici da rigenerare per migliorare la qualità della vita degli abitanti e contribuire così a una reale innovazione urbana sostenibile”. Tra gli ambiti e immobili selezionati vi sono però un’ex scuola che fino a un anno fa era occupata da una comunità di circa 300 persone di nazionalità marocchina, rumena e italiana (tra cui 80 bambini), e nel luglio del 2019 è stata sgomberata per fare spazio alla valorizzazione, e lo spazio sociale Scup!, che sempre un anno fa, dopo un primo periodo di occupazione, aveva ottenuto il comodato gratuito dalla proprietà, Rfi (Rete Ferroviaria Italiana), e ora dopo tanti sforzi e investimenti per convertire in bene comune un immobile pubblico abbandonato, gli viene sottratto questo bene in nome di una valorizzazione immobiliare calata dall’alto.In questo stato di cose, l’avvento di Covid-19 ha prefigurato perciò diversi futuri possibili. Da un lato c’è l’affermazione del “paradigma del distanziamento” (Han, 2020) sociale favorito dal virus, tramite un travaso della vita sociale e dell’economia dallo spazio fisico urbano e territoriale allo spazio centralizzato e sempre più controllato delle piattaforme digitali (siano esse corporative all’americana o statali alla cinese), che sottraggono sovranità ai territori riducendoli a mero e passivo supporto mercificato di flussi altrettanto centralizzati e concentrati, siano essi di merci o persone. Dall’altro c’è una prospettiva di costituzione, anche tramite una riappropriazione dal basso dell’ICT e la costruzione di infrastrutture indipendenti, di reti territoriali che al momento si espandono sul piano della riproduzione e della cura, e un domani potrebbero estendersi a quello della produzione, in un fenomeno di re-shoring regionale che in parte già si sta avviando nel settore primario, che è anche quello più legato ai valori e identità del territorio. L’obiettivo principale di queste reti dovrebbe essere appunto riprendere il controllo dei flussi. Di persone, merci, denaro, informazioni ecc. Un controllo dal basso finalizzato perciò al decentramento dei flussi tramite nuove infrastrutture che marginalizzino le filiere lunghe estrattive. Ciò vale anche per il turismo, perché è un errore se si pensa di poter regolare il sistema turistico infrastrutturato dall’economia di piattaforma. Ogni restrizione crea concentrazione altrove come nei vasi comunicanti. O in alternativa un rialzo dei prezzi che rende iniqua la salvaguardia del territorio e del patrimonio locale. Covid-19 ha incoraggiato anche questa prospettiva, sospingendo le reti verso un avvio di questo processo di riappropriazione dal basso dell’ICT, e innescando un processo di straordinario apprendimento sociale collettivo riferito alle tecnologie. Covid-19 ha anche, come si è detto in apertura, messo in evidenza le fratture fondamentali dell’attuale sistema, e nel contempo ha evidenziato come in queste fratture si possano inserire nuove formazioni sociali organizzate per costituire nuove istituzioni e nuove infrastrutture su base locale e translocale. Alla scala territoriale, sono tre i fattori che hanno determinato l’attivazione, l’espansione e il salto di scala delle reti mutualistiche a Roma: (1) la gravità dell’emergenza sotto il profilo socio-economico, (2) l’assenza delle istituzioni nel fornire risposte ai bisogni e il ricorso forzato alla mediazione digitale. Nel vuoto dell’iniziativa istituzionale, e sospinte in uno spazio di relazione che tende ad accorciare distanze al tempo stesso fisiche e identitarie tra gruppi, le reti “latenti” e potenziali dell’area di movimento si sono pensate e hanno agito come organiche soggettività capaci di aggregare e distribuire risorse significative, aprendosi in molti casi anche a una ibridazione che ha prodotto inediti assemblaggi a cavallo tra formalità e informalità, tra area di movimento, terzo settore e istituzioni. E tutto questo senza perdere l’anima di movimento tesa a politicizzare l’azione sociale all’interno di una visione di cambiamento radicale di sistema.Come è stato giustamente considerato nell’ambito dell’assemblea #ilmondocheverrà, “senza cadere nella tentazione del tecno-soluzionismo (che fa delle applicazioni e dell’innovazione la panacea a tutti i mali), ma nemmeno nella tecnofobia, è stato evidenziato il potenziale contro-organizzativo della rete: dalle assemblee digitali alla contro-logistica metropolitana è evidente il tentativo di costruire un’infrastruttura collettiva e tecnologica del comune”[38].La domanda da porsi ora è perciò come favorire questi processi, avendo come visione di futuro possibile la prospettiva di costruire nuove istituzioni territoriali molto vicine a quanto ha già indicato Carlo Cellamare con la definizione di “piattaforme del cambiamento” (Cellamare, 2019: 162-165): “piattaforme che mettono in relazione soggetti attivi del cambiamento, che sviluppano e sostengono progettualità, che valorizzano e diffondono pratiche innovative”. Una chiave decisiva da cui dovrebbero partire i governi locali è quella spaziale: del nuovo spazio sociale costituito dalla ibridazione di spazio digitale e spazio fisico. Servono alle nuove formazioni infrastrutture materiali e immateriali per dispiegare in autonomia conoscenza, azione collettiva, partecipazione e creatività. E queste infrastrutture possono essere di tre tipi.

  1. Strumenti e piattaforme indipendenti per la condivisione, la cooperazione e la partecipazione.
  2. Conoscenza e dati aperti da condividere e riusare, soprattutto in processi di cartografia critica e partecipativa.
  3. Spazi del patrimonio immobiliare pubblico da destinare a relazioni, produzione culturale e attività sociali e produttive.

Agendo su queste leve, a Roma e altrove, e approfittando dell’orizzonte di senso e dello spazio politico aperti dalla pandemia, il governo locale potrebbe creare i presupposti per una radicale trasformazione verso una riterritorializzazione in chiave partecipativa dei flussi e dei sistemi di riproduzione e produzione, costruendo ecosistemi locali di cooperazione che, in quanto sostenibili socialmente ed ecologicamente, siano in grado di sanare le fratture evidenziate dalla pandemia.

Note

[1] Secondo David Harvey (2020), le conseguenze economiche della pandemia, che dipenderanno dalla durata dei lockdown dei paesi investiti, saranno in ogni caso disastrose (“Unemployment levels will almost certainly rise to levels comparable to the 1930s”), ma non saranno necessariamente tutte negative, avendo imposto uno stop a quello che già Marx aveva definito come “over-consumption and insane consumption”. Byung-Chul Han (2020), contestando le posizioni di Slavoj Žižek, secondo il quale Covid-19 avrebbe potuto mettere definitivamente in ginocchio l’intero sistema capitalistico, ha affermato che l’epidemia al contrario potrebbe rafforzare il modello di capitalismo autoritario dei regimi asiatici, in quanto “China podrá vender ahora su Estado policial digital como un modelo de éxito contra la pandemia”.[2] Si potrebbe pensare al Covid-19 come al rovescio dell’“immagine-mondo” (Weltbild) teorizzata da Martin Heidegger: il mondo concepito nel suo insieme come un’immagine coerente scaturita dalla capacità tecnica di calcolo della scienza moderna. Covid-19 sarebbe così una immagine che, per così dire, rende inimmaginabile il mondo, cioè rimanderebbe a una percezione di imprevedibilità e incalcolabilità della realtà naturale e umana, così come alla inadeguatezza di un sistema socio-economico fondato sulla riduzione del mondo a rappresentazione calcolabile e strumentale.[3] Arundhati Roy efficacemente equipara il virus a un reagente chimico che rende visibili le disuguaglianze nascoste della società indiana: “The lockdown worked like a chemical experiment that suddenly illuminated hidden things. As shops, restaurants, factories and the construction industry shut down, as the wealthy and the middle classes enclosed themselves in gated colonies, our towns and megacities began to extrude their working-class citizens — their migrant workers — like so much unwanted accrual”.[4] Per una valutazione degli impatti socio-economici a livello globale, si vedano i seguenti report dell’Onu: United Nations (2020), “Shared Responsibility, Global Solidarity: Responding to the Socio-Economic Impacts of COVID-19”, marzo. Consultabile a: https://www.un.org/sites/un2.un.org/files/sg_report_socio-economic_impact_of_covid19.pdf; United Nations (2020), “COVID-19 and Human Development: Assessing the Crisis, Envisioning the Recovery”. Consultabile a: http://hdr.undp.org/sites/default/files/covid-19_and_human_development_0.pdf.[5] “Rapporto statistico sull’area metropolitana romana. Il Mercato del lavoro nell’area metropolitana romana”, 2019. Consultabile a: https://www.comune.roma.it/web-resources/cms/documents/RappLavoro_2019_volume.pdf[6] 59.930 sono le domande presentate e 37.562 le accolte nel Comune di Roma, mentre se si considera l’area metropolitana le domande presentate sono 97.698 e 62.025 le accolte. Si veda Keti Lelo, Salvatore Monni, Federico Tomassi (2019), “#mapparoma28 – Reddito di cittadinanza e disuguaglianze: a Tor Bella Monaca 9 volte le domande dei Parioli”, pubblicato il 6 dicembre, consultabile a: https://www.mapparoma.info/mapparoma28-reddito-di-cittadinanza-e-disuguaglianze-a-tor-bella-monaca-9-volte-le-domande-dei-parioli.[7] Martínez I., Redacción El Salto, “Mapa: una ola de iniciativas de apoyo mutuo desde los barrios desborda la inacción institucional”, in El Salto, 20 maggio. Consultabile a: https://www.elsaltodiario.com/coronavirus/mapa-ola-iniciativas-apoyo-cuidado-mutuo-barrios-autogestion-desborda-inaccion-institucional ; Georgiou M. (2020), “Solidarity at the time of COVID-19: An(other) digital revolution?”, 30 marzo, in Media@LSE blog. Consultabile a: https://blogs.lse.ac.uk/medialse/2020/03/30/solidarity-at-the-time-of-covid-19-another-digital-revolution/ . Per una mappa dei digital networks mutualisticii in Uk, si veda https://covidmutualaid.org/local-groups/.[8] Ad esempio, si veda su Napoli Musella A., “Covid-19: senza centri sociali, coop e volontari, il welfare a Napoli non reggerebbe”, in Fanpage, 27 aprile, consultabile a: https://napoli.fanpage.it/https://napoli.fanpage.it/covid19-volontari-napoli/ , e su Bologna Di Meo G., Forni S., “Anticorpi Bolognesi. Mutualismo dal basso durante la pandemia”, in Dinamo Press, 26 maggio, consultabile a: https://www.dinamopress.it/news/anticorpi-bolognesi-mutualismo-dal-basso-la-pandemia/.[9] https://www.covid19italia.help/donazioni-beni-e-offerte-servizi/ ; https://terremotocentroitalia.info[10] https://www.dirittisociali.org/attualita/mappatura-delle-iniziative-solidali.aspx ; https://uploads.knightlab.com/storymapjs/03f3845fb241a1f9decd7004db50e1e5/mappatura-roma-iniziative-e-buone-pratiche-covid-19/index.html[11] https://www.bepopgroup.it/appuntamenti/la-roma-buona-risorse-e-strumenti-per-lemergenza-covid ; https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=1bQwnm_atOfr6hCGWtz9uOQU5vUZhBiW5. Ma si vedano anche le segnalazioni di Comune.info e terzobinario: https://comune-info.net/lazio/ ; https://www.terzobinario.it/roma-news/?refresh=3&edlocale=roma.[12] http://www.volontariato.lazio.it/covid19/covid.asp?prov=6&tipo=0[13] https://www.dinamopress.it/news/la-mappa-della-solidarieta-roma[14] http://www.regione.lazio.it/rl/coronavirus/wp-content/uploads/sites/72/Elenco-Terzo-Settore-per-sito_PDF_20-aprile.pdfhttp://www.regione.lazio.it/rl/coronavirus/spesafacile/[15] http://www.regione.lazio.it/rl_politichesociali/?vw=documentazioneDettaglio&id=52677http://www.regione.lazio.it/rl_politichesociali/?vw=documentazioneDettaglio&id=52930http://www.regione.lazio.it/binary/rl_main/tbl_documenti/POS_DD_G04629_22_04_2020_Allegato2.pdf[16] https://it.wikipedia.org/wiki/Link_-_Coordinamento_Universitario[17] https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/05/12/news/roma_nonna_roma_l_hub_della_solidarieta_della_capitale-256425624/[18] https://www.facebook.com/search/top/?q=terzo%20a%20domicilio&epa=SEARCH_BOX[19] https://www.facebook.com/liberaassembleacentocelle/[20] https://www.facebook.com/cinecittabenecomune.ilmunicipiodegliacquedotti/[21] https://www.municipio-solidale.it[22] https://www.facebook.com/search/top/?q=municipio%20solidale%20casetta%20rossa%20csoa%20la%20strada&epa=SEARCH_BOX[23] https://www.facebook.com/LiberaRepubblicaDiSanLo/photos/a.296490690525210/1587158341458432[24] https://ressroma.it/ ; https://ressroma.it/2020/05/03/scup-e-barikama-lanciano-le-cassette-sospese/[25] https://www.facebook.com/quarticciolo.antifa/posts/1557399337740868[26] http://garbatella.romatoday.it/garbatella/coronavirus-buoni-spesa-cassette-vuote-garbatella.html[27] https://archive.vn/Q7ZCU Vedi anche: https://www.dinamopress.it/news/corteo-assemblea-al-tufello-buoni-spesa-non-bastano/[28] https://www.facebook.com/events/662616567618200/. L’evento FB è organizzato da Nonna Roma insieme ad altre 15 associazioni, reti e spazi sociali, tra cui Libera Repubblica di San Lorenzo, Red Lab Quarticciolo, Grande come una città, La Strada, Blocchi precari metropolitani. https://www.dinamopress.it/news/54241/[29] https://www.facebook.com/events/642688572963564/?active_tab=about[30] https://www.facebook.com/assembleailmondocheverra/[31] https://www.facebook.com/events/244475869978667/[32] Testimonianza di Filippo Riniolo, militante di Sparwasser.[33] https://www.solidroma.it/solid-app/[34] https://radiosonar.net/realta-e-spazi-sociali-al-tempo-del-covid/ Hanno partecipato Nuovo cinema Palazzo, la Libera Repubblica di San Lorenzo, Communia, Borgata Gordiani, Forte Prenestino, GAM di Libera Assemblea di Centocelle, La Torre, la rete “Terzo a domicilio”, La Strada, Casetta Rossa, Collettivo Galeano e Spartaco.[35] https://www.facebook.com/pg/RadioAnticorpi[36] https://www.facebook.com/radiodistanza/[37] https://www.facebook.com/pg/liberaassembleacentocelle/photos/?tab=album&album_id=166778148122041&__tn__=-UC-R[38] “Costruiamo il mondo che verrà”, il manifesto, 12 maggio 2020, consultabile a: https://ilmanifesto.it/costruiamo-il-mondo-che-verra.

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